di Sara Gandini (epidemiologa/biostatistica), Maria Luisa Iannuzzo (medico legale), Maurizio Matteoli (pediatra), Francesca Capelli (sociologa)
Una buona notizia: tra gli indicatori da prendere in considerazione per l’applicazione di azioni di contenimento della pandemia da Sars-Cov-2 prevale il tasso di ospedalizzazione (numero degli ospedalizzati causa malattia Covid-19) rispetto al numero dei soggetti contagiati. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha infatti dichiarato che: “In una fase caratterizzata da un livello importante di vaccinazione è ragionevole che nei cambi di colore e nelle conseguenti misure di contenimento pesi di più il tasso di ospedalizzazione rispetto agli altri indicatori”.
Vale a dire: il numero dei contagi diventa un indicatore meno importante, rispetto a quanto avvenuto fino a oggi, nella valutazione della gravità o meno della situazione. Ben diverso è l’impatto che può avere la percentuale di occupazione dei posti letto sia in reparto ordinario che in terapia intensiva da parte di pazienti affetti da malattia Covid-19.
Ciò non toglie però che anche il numero delle ospedalizzazioni deve derivare dall’applicazione di un valido criterio di conteggio che fino ad ora pare non esserci stato, determinando così degli scenari fuorvianti. Conteggiare con precisione il numero dei pazienti ospedalizzati per malattia Covid-19 prevede che la diagnosi di ingresso sia per patologia Covid-19 correlata (o sospetta tale) così come la diagnosi di dimissione deve avere un codice nosologico congruo e compatibile.
È fuorviante (con conseguente importante sovrastima) includere nel numero dei pazienti ospedalizzati per malattia Covid-19 i soggetti positivi a Sars-Cov-2 che necessitano di ricovero per altra causa (esempio classico paziente positivo a Sars-Cov-2 che si frattura il femore, giunge in Pronto Soccorso e viene ricoverato in ortopedia) o pazienti ricoverati per altra causa che risultano positivi al tampone di screening in ingresso o che si positivizzano durante il ricovero. (A proposito dei tamponi di screening, si rammenta che in caso di alcune malattie infettive come ad esempio la bronchiolite da Virus Respiratorio Sinciziale, che provoca 50mila decessi ogni anno in bambini al di sotto dei 5 anni, vengono sottoposti a test al loro ingresso in ospedale solo i bambini con sintomatologia respiratoria).
Il problema del conteggio, all’apparenza di natura esclusivamente sanitaria, ha invece risvolti sociologici e politici e ha a che vedere con ciò che il filosofo francese Pierre Bourdieu chiama “mercato linguistico”. Secondo Bourdieu le parole non si producono nel vuoto, ma in una trama di rapporti sociali che sono prima di tutto rapporti di potere: gli scienziati hanno la facoltà di stabilire i criteri per discriminare i malati dai sani e questo è un potere enorme, perché di fatto costruisce il mondo.
Le querelle eterne sui morti “per Covid” e “con Covid”, sulla distinzione tra sani, positivi e malati, sui cicli di Pcr per la ricerca del materiale genetico del virus, non sono dunque discussioni oziose, ma dispute finalizzate al controllo sociale; durante la pandemia sono cambiati gli attori sociali in grado di imporre le idee dominanti. In questo senso va interpretata la contrazione dei diritti a cui stiamo assistendo giorno dopo giorno, allibiti per i dietrofront di tanti costituzionalisti e giuristi illustri che, dopo mesi di battaglie per affermare che “non esistono diritti tiranni”, sembrano non essere più in grado di imporre le idee dominanti nella società.
Per questo ribadiamo con ancora più forza la necessità di un ulteriore cambio di rotta, la necessità di costruire un nuovo immaginario, non più basato sul panico. Un immaginario eretico che, in tempi pre-pandemici, sarebbe stato considerato semplicemente buon senso.