La ripresa dei flussi commerciali trova impreparate le aziende dell'autotrasporto che si trovano a corto di personale. Servono 5mila camionisti subito, il triplo entro due anni. I sindacati ricordano come peggioramento della sicurezza e riduzione delle buste paga siano alla base dello scarso interesse verso questa professione. Il Sole 24 Ore ci avverte che le aziende faticano a trovare tutti i tipi di professionalità Eppure ogni anno ci sono 30mila laureati che decidono di lasciare il paese
“Sempre meno giovani italiani vogliono mettersi al volante di un Tir”, esordisce così il Sole 24 Ore raccogliendo, in prima pagina, l’allarme di Anita, l’associazione degli autotrasportatori che fa capo a Confindustria (proprietaria del 61% dello stesso quotidiano). L’Associazione lamenta la carenza di organici, a fronte della ripresa della movimentazione merci innescata dalla risalita del Pil. Nel prossimo biennio mancano 17mila conducenti, nell’immediato 5mila. Nella preoccupata denuncia dell’Associazione delle ditte imprese di autotrasporto non c’è alcun riferimento all’aspetto salariale. Tanto meno alla possibilità di rimpinguare le buste paga per far fronte alla carenza di organici. I manuali insegnano che anche nel mercato del lavoro, seppur con alcuni specifici “attriti”, domanda e offerta di lavoro tendono ad incontrarsi laddove il prezzo soddisfa entrambi. Ma il rapporto con le leggi dell’economia da parte delle associazioni imprenditoriali è da sempre curioso: valgono solo quando vanno a loro favore.
Che non ci sia la fila per fare un lavoro pericoloso, usurante, con tempi di consegna serratissimi (al punto che le cronache riportano di autisti costretti a ricorrere a sostanze chimiche per “reggere”), a fronte di retribuzioni non certo faraoniche, non dovrebbe poi sorprendere. Delle due l’una. O gli imprenditori dell’autotrasporto non possono sopportare economicamente di pagare stipendi più alti (e allora i lavoratori fanno bene a non essere interessati) oppure non vogliono riconoscere il reale valore dei profili che cercano. Per fortuna Anita ha già pronta la soluzione: “Allarghiamo i flussi migratori per questa categorie di lavoratori”, più autisti dall’estero insomma, disposti a lavorare per le cifre che i giovani italiani non accettano più. Di mettere mano alle buste paga invece proprio non se ne parla.
Neppure il Sole 24 Ore accenna all’aspetto retributivo, né compare un riferimento al pericolo della professione. Nel mirino finisce invece la formazione, troppo pochi e trascurati gli Istituti tecnici. Scopriamo, sempre da Anita, che oggi guidare un Tir è un po’ come pilotare un F16 (ma allora come top gun dovrebbero essere pagati….): “I veicoli di nuova generazione richiedono la conoscenza di tecnologie più alla portata delle nuove generazioni”. “Il problema della carenza di autisti, denunciato da alcune associazioni datoriali del settore, per noi è riconducibile al peggioramento della qualità e della sicurezza sul lavoro e alle retribuzioni che sono diminuite“, ci fa però sapere il segretario nazionale della Filt Cgil Michele De Rose.
Nell’allarme di Anita c’è poi il convitato di pietra: il reddito di cittadinanza, che incatena al divano la nostra gioventù impedendogli di lanciarsi sulle autostrade. Di oggi la rivelazione di Matteo Salvini: “Sono in contatto con imprenditori e non trovano personale perché si sentono dire per me è più comodo stare a casa senza fare nulla. Uno strumento che doveva creare lavoro crea invece problemi e lavoro nero. Stare a casa per tre anni con 500 euro al mese è un insulto a chi si sveglia tutte le mattine andando a lavorare per la stessa cifra”. La realtà è un po’ diversa come ilFattoquotidiano ha documentato in una serie di inchieste tra i lavoratori stagionali.
Sempre il Sole 24 Ore ci informa che “Dall’edilizia all’informatica vanno a vuoto il 30% delle ricerche di lavoro“. Si racconta di industrie meccaniche che organizzano colloqui per un “apprendistato da ingegneri” a cui non si presenta nessuno, di compagnie assicurative che non trovano giovani “attuari” da formare. Anche questa volta di cifre sulle retribuzioni offerte non ce ne sono, però l’assicuratore ci spiega che le prospettive salariali sono “molto interessanti”. Chissà. E chissà cosa spinge ogni anno 30mila laureati italiani a fare le valigie e spostarsi all’estero. La retribuzione di un neo laureato in Germania è doppia rispetto all’Italia. L’Italia non è la Germania, certo. Ciò non toglie che negli ultimi decenni la quota di reddito nazionale che finisce ai lavoratori sia in costante diminuzione.