La senatrice dem: "Mettere le persone trans nella condizione di potere usare il Green Pass come tutte e tutti coloro che lo possiedono". Il tema era già stato sollevato da Gay Center e dalle associazioni Lgbt. Il problema si pone per chi ha cambiato genere e non ha ancora ottenuto la rettifica dei dati anagrafici
“La questione non é quella di esonerare alcune categorie di persone dall’uso del Green Pass. Tutto il contrario: si tratta di mettere le persone trans nella condizione di potere usare il Green Pass come tutte e tutti coloro che lo possiedono. E per fare questo è necessario almeno intervenire sulle modalità di controllo delle generalità, per garantire che il rispetto della riservatezza sia effettivo”. Con questo post su Facebook la senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà torna a esprimersi sulla questione Green pass e persone trans.
Il nodo è questo: l’app di verifica della validità del certificato rende visibile il nome e il cognome della persona a chiunque scannerizzi il suo codice, il che potrebbe causare problemi di identificazione e di privacy a chi ha scelto di cambiare genere e non ha ancora ottenuto la rettifica dei dati anagrafici. Si rischia di incorrere così in casi di misgendering e deadnaming, cioè quelle circostanze in cui la persona trans non viene riconosciuta nel modo conforme al suo sentire.
La senatrice ha ribadito la sua preoccupazione nel corso di un’intervista all’Huffington Post, in cui ha sottolineato che questa difficoltà deriva “dall’inadeguatezza delle leggi vigenti a riconoscere la complessità dell’esperienza di vita delle persone transgender, ma anche dall’insufficiente formazione che si fa, su questi temi, nelle pubbliche amministrazioni, a tutti i livelli”. Ha inoltre ribadito l’importanza del concetto di identità di genere inserita nel ddl Zan, il cui percorso parlamentare è stato ostacolato invece dalla maggioranza delle forze politiche. Una soluzione praticabile in merito alla certificazione, secondo la senatrice – si legge nell’intervista rilasciata alla testata diretta da Mattia Feltri – sarebbe rendere visibile solo il QR Code. Resterebbe, tuttavia, il problema dell’esibizione del documento, in merito al quale prosegue il dibattito.
Il tema era già stato sollevato nei giorni scorsi da Gay Center, che con una nota aveva chiesto l’omissione almeno del nome di battesimo dal Green Pass: “Dati incongruenti rispetto all’aspetto fisico e all’identità potranno esporli ad atti discriminatori e bullismo, oltre che alla sofferenza di un coming out forzato e irrispettoso della privacy. L’effetto di questa situazione”, prosegue l’associazione, “sarà aumentare l’isolamento e l’esclusione delle persone trans e con varianza di genere, che dovranno scegliere se privarsi della loro privacy e della sicurezza che ne deriva o di servizi essenziali per la salute o la socialità. Pensiamo poi ai servizi erogati a persone per cui è un diritto mantenere la privacy sul proprio stato di salute, come le persone sieropositive: saranno molte le persone che rinunceranno ai servizi di testing delle infezioni sessualmente trasmissibili perché non sarà possibile farlo in anonimato. Questo in difformità rispetto alla legge 135 del 1990 che sancisce l’obbligo del consenso al trattamento dei dati e la garanzia di riservatezza”.
“Cosa c’è di così difficile da capire?”, conclude Cirinnà su Facebook. “Le persone trans si sono vaccinate, come tante e tanti altri: hanno il diritto di poter usare il Green Pass, strumento utile e necessario per proteggere noi stesse/i e la comunità, come tutte e tutti, senza subire però inutili violazioni della riservatezza e della loro stessa dignità“.
Intanto, nella giornata del 10 agosto, il ministero dell’Interno ha diffuso una circolare nella quale si legge che “La verifica di cui trattasi dovrà in ogni caso essere svolta con modalità che
tutelino anche la riservatezza della persona nei confronti dì terzi”.