Gli incendi infuriano da settimane persino in Siberia, con un milione e mezzo di ettari consumati da un unico rogo. Per Greenpeace Russia, nemmeno sommando tutti gli incendi attivi nel mondo – in Calabria, Sicilia, Algeria, Grecia e tanti altri Paesi – si riuscirebbe a pareggiare le dimensioni di quello che sta divorando le zone più fredde del nostro pianeta. “Potrebbe diventare il più grande della storia” afferma il portavoce di Greenpeace Russia Alexey Yaroshenko al Moscow Times. Le fiamme sono fuori controllo e secondo Yaroshenko ormai nessuno sforzo umano è in grado di contenere il fuoco: “I vigili del fuoco”, dispiegati a centinaia per cercare di fronteggiare l’emergenza, “dovrebbero spegnere le fiamme su una linea lunga 2mila chilometri”, spiega.
Solo la pioggia potrebbe fermare o rallentare l’incendio, ma – secondo l’attivista – le precipitazioni che cadono sulla zona sono troppo deboli per farlo. Intanto, il fumo dell’incendio ha raggiunto il Polo Nord: non era mai successo prima. La densa colonna grigia ha viaggiato per oltre 3 mila chilometri e ha raggiunto la Jacuzia, la regione più grande e più fredda della Russia, dove una coltre scura e acre copre da giorni centinaia di villaggi. “Nel migliore delle ipotesi potremmo salvare gli insediamenti e le infrastrutture che si trovano sul percorso dell’incendio” ha concluso Yaroshenko.
Gli esperti puntano il dito contro il rapido riscaldamento climatico che ha investito la Siberia: in passato era zona più fredda della Terra, ora si registrano temperature record, intorno ai 40 gradi. Dall’inizio del ventesimo secolo la temperatura media annuale siberiana è aumentata di 3 gradi centigradi, trasformando l’habitat polare in una zona soggetta a siccità: e proprio la siccità, insieme ai venti forti che soffiano sulla taiga, ha trasformato il Polo Nord in una vera e propria polveriera. Ma le cause dell’enorme incendio non sono solo atmosferiche: per l’esperta di Greenpeace Yulia Davydova, anche il disboscamento “è un fattore chiave della diffusione senza precedente degli incendi”. A tutto questo si aggiunge anche il vuoto amministrativo creato dallo smantellamento della rete di aviazione federale per il controllo dei roghi, avvenuto nel 2007, e dal fatto che le autorità regionali delegate non sono obbligate a spegnere gli incendi nelle aree lontane alle zone abitate.