Osservare gli incendi che devastano vaste zone del meridione e parte del centro del nostro paese, come anche in Grecia, in Africa, in Turchia e in altri luoghi analoghi in tutto il mondo, stringe il cuore, provoca angoscia, per la distruzione della natura, dei luoghi in cui si svolgevano attività che vengono inceneriti e trasformati in lande spettrali e annerite.
Ancora più sconvolgente è assistere alla situazione di totale impotenza dello Stato, incapace di evitare anche solo in parte che si sviluppino, il più delle volte per atto doloso, incendi ovunque ma soprattutto in zone boschive, dedite all’agricoltura, alla pastorizia, al turismo. Sembra di trovarsi in un incubo: ho ascoltato una signora disperata per aver perso tutto gridare tra le lacrime: “perché nessuno protegge questa nostra terra? ci avete abbandonati”. Una frase che da sola rappresenta la più netta denuncia di un’assenza, di una diserzione dello Stato, nell’opera che più di ogni altra ne caratterizza la ragione di esistere: la protezione dei luoghi e dei cittadini.
Eppure sappiamo, lo ripetiamo ormai ogni volta, di fronte a queste e a tante altre disgrazie, che non sono casuali né immotivate, che lo Stato semplicemente non c’è, è assente, ha abdicato al compito di controllare il territorio. Ho ascoltato sempre in radio un’autorità, mi sembra il vice prefetto di Reggio Calabria (potrei aver capito male), abbozzare un’analisi del perché di tutta questa distruzione, parole che sembrano uscite da un romanzo di Verga: “qui si brucia anche per dispetto o per vendetta contro la pubblica amministrazione”.
Cavolo, allora lo sapete che c’è un clima di conflitto, di rabbia, di ritorsione! Allora perché non intervenite, perché non indagate, perché non prevenite? Il prefetto rappresenta il Governo in un territorio, non è un passante qualsiasi. Ogni estate arrivano questi incendi, ma cosa si fa per prevenire che ciò accada? La realtà è che non gliene fotte niente a nessuno, perché quelle zone sono abbandonate a loro stesse, sono la parte minore di un Paese che non è una nazione, è ancora un agglomerato di municipi, in cui contano solo le zone dove corre il denaro, lì gli incendi non accadono e se succedono si spengono subito, il Sud può anche bruciare tutto.
Dovete spendere nel Sud i miliardi del Pnrr? Volete porvi il problema di farci stare e funzionare uno Stato degno del nome in questo disgraziato Sud o pensate di cavarvela ancora con mance al sottobosco politico?
È amaro constatare che le cose stanno proprio così, i piromani nella loro allucinazione incendiaria è come se volessero paradossalmente e ostentatamente evidenziare che in Calabria, in Sicilia, in Sardegna, semplicemente comandano loro, fanno quel che vogliono e nessuno li può fermare, sono dei Nerone a cui è consentito distruggere quel che gli pare, perché non c’è proprio nessuno che vi si può opporre.
Nello stesso tempo in cui ciò avviene, fronteggiamo un cambiamento climatico, che è un’altra fondamentale concausa di tutte queste distruzioni, che non sono solo incendi ma anche fenomeni atmosferici del tutto anomali: diluvi, esondazioni, allagamenti, frane, smottamenti. Qui la colpa dell’uomo è nella sua stessa “orma ecologica”, nella sua presenza devastatrice perché niente ferma una produzione di energia e gas climalteranti che stanno distruggendo l’ecosistema, a onta di tutti gli accordi globali che stancamente si accavallano gli uni agli altri, senza che accada niente di veramente significativo.
Ogni paese, soprattutto il nostro mondo industrializzato, continua tranquillamente a produrre e a consumare una quantità abnorme di energia, tutti correndo ciechi verso il baratro che non è lontano. Sembrava che la pandemia avesse, con la sua dirompente e drammatica tragicità, evidenziato che non è più compatibile una sconsiderata società di massa così concepita come oggi, se si vuole almeno tentare di mantenere un equilibrio tra vita e natura. Sembra che tutto si sia presto dimenticato e il Titanic navighi tranquillamente verso il suo ineluttabile destino.