Per il mancato svolgimento delle prove Invalsi 2020 a causa dell’emergenza Covid-19, l’Istituto ha comunque dovuto sostenere un onere finanziario di oltre 5 milioni di euro, a fronte della spesa di 7,6 miliardi, che si sarebbe sostenuta per il loro regolare svolgimento. E, nonostante l’equilibrio di bilancio, il rendiconto 2019 registra un disavanzo finanziario di competenza per 8 milioni, peggiore rispetto al dato già negativo riscontrato nell’esercizio precedente (5,5 milioni). Inoltre, all’aumento del 41% della spesa di personale nel triennio 2017-2019 non ha fatto seguito, come ci si sarebbe aspettato, una contrazione della spesa per gli “Incarichi libero professionali di studi, ricerca e consulenza” che, invece, registra una riduzione di appena il 5% rispetto al 2017. Sono 122 gli incarichi solo nel 2019 per la costruzione delle prove di apprendimento di italiano, matematica ed inglese, mentre nel giro di tre anni è stato pagato più di un milione di euro a 91 esperti risultati in quiescenza. A queste criticità si aggiungono anche situazioni di ‘conflitto di interessi‘. Tutto segnalato dalla Sezione controllo enti della Corte dei conti che, con la delibera 59/2021, ha approvato la Relazione sulla gestione finanziaria per l’esercizio 2019 dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, sottoposto al potere di indirizzo e vigilanza del ministero dell’Istruzione. Recente la nomina a nuovo presidente di Roberto Ricci, già dirigente di ricerca e responsabile dell’area prove dell’Istituto, al posto di Renata Maria Viganò, nominata componente del consiglio d’amministrazione dell’Istituto.

QUEL ‘CONFLITTO DI INTERESSI STRUTTURALE’ – E anche il funzionamento del cda, nonché il ruolo finora ricoperto da Ricci, è stato oggetto di valutazione della Corte dei Conti. È emersa una criticità rispetto al contemporaneo svolgimento “da parte del componente interno eletto dal personale dell’Istituto, rivestente la qualifica di dirigente di ricerca – scrivono i giudici – anche del ruolo di responsabile di uno dei due settori, in cui si articola l’Istituto e da cui dipendono le relative aree di ricerca, ‘Settore della ricerca valutativa’, nonché di responsabile dell’Area 1 ‘Rilevazioni nazionali’”. La Corte dei Conti, dunque, evidenzia una situazione di ‘conflitto di interessi strutturale’, legata alla posizione ricoperta, alle funzioni attribuite e agli interessi professionali coinvolti. Il contestuale svolgimento di questi incarichi, insieme alla partecipazione alla discussione e alla votazione delle deliberazioni adottate dal cda su materie proprie del settore e dell’area di cui si ha anche la responsabilità e il coordinamento, appaiono “mettere a rischio la separazione tra funzioni di indirizzo politico–amministrativo e funzioni di gestione amministrativa, che trova il suo fondamento nell’articolo 97 della Costituzione”. Ma non è l’unica criticità evidenziata dalla Corte dei Conti.

I COSTI DELLE PROVE NELL’EMERGENZA – A causa dell’emergenza Covid, le prove Invalsi 2020 non si sono svolte e l’istituto ha avviato (dalla fine di ottobre 2020 alla fine di marzo 2021) il progetto ‘Percorsi e strumenti Invalsi’ (Formative testing), per verificare se alcuni traguardi delle Indicazioni nazionali del grado scolastico precedente (2019-2020) sono stati raggiunti, sia in termini di competenze sia, dove possibile, di contenuti attesi. In una nota del 28 aprile 2020, il Ministero dell’Istruzione ha comunicato la sospensione dello svolgimento delle prove “lungi dal voler pregiudicare in alcun modo l’attività e la corretta gestione economico finanziaria dell’Invalsi”. I giudici contabili, però, scrivono che “stante la tempistica con la quale il Ministero dell’istruzione ha comunicato in via definitiva l’impossibilità di procedere al loro svolgimento e le previsioni contrattuali relative alla fornitura dei servizi a ciò strumentali (ad esempio la messa a disposizione della piattaforma telematica)”, questo mancato svolgimento ha comunque determinato per l’Istituto un onere finanziario di oltre 5 milioni. A questi vanno aggiunti gli oneri (1,8 milioni di euro più Iva) per l’esecuzione delle prove suppletive relative al progetto Formative testing.

RENDICONTO E GESTIONE IN DISAVANZO – Il rendiconto 2019 è stato approvato dal Consiglio di amministrazione il 7 agosto 2020, sulla base del parere favorevole del Collegio dei revisori dei conti. Nonostante sia stato conseguito l’equilibrio di bilancio, sottolinea la Corte dei Conti “il rendiconto 2019 registra un disavanzo finanziario di competenza per 8,1 milioni “quale differenza tra il totale generale delle uscite impegnate (più di 31 milioni, ndr) e il totale generale delle entrate accertate (circa 23 milioni)”, in peggioramento rispetto al dato negativo già riscontrato nell’esercizio precedente (quasi 5,6 milioni). Anche la gestione 2019 si chiude con un disavanzo economico di oltre 70mila euro “continuando il trend negativo (5,4 milioni nel 2017 e 1,2 milioni nel 2018)”. “L’istituto – scrivono i giudici – ha registrato per l’esercizio 2019 una contrazione del risultato finale di amministrazione, passando da 16,6 milioni nel 2018 a 10,9 milioni nel 2019”. La Corte dei Conti definisce “consistente” il contenzioso da parte del personale ora a tempo indeterminato “per precedente reiterato ricorso allo strumento contrattuale a tempo determinato o di forme di collaborazione coordinata e continuativa da parte dell’Istituto”. Ad oggi l’Invalsi, per questo tipo di contenzioso, ha sostenuto un esborso di oltre 803mila euro, di cui 93mila per interessi legali e rivalutazione monetaria.

SPESA DEL PERSONALE E INCARICHI A ESTERNI – Quanto ai costi, l’Istituto ha registrato un sensibile incremento, pari al 41%, della spesa di personale nel triennio 2017-2019. Si è passati da 3,9 a 5,6 milioni (valore al netto degli oneri riflessi). Ma l’istituto si avvale, oltre che di personale a tempo indeterminato e determinato, anche di collaboratori e consulenti (sia nelle attività istituzionali che in quelle di ricerca). All’aumento della spesa del personale, però, non è conseguita una contrazione della spesa per gli ‘Incarichi libero professionali di studi, ricerca e consulenza’, che ammonta a circa 2 milioni, solo il 5% in meno rispetto al 2017. “Particolarmente rilevante, oltre che costante negli anni – scrivono i giudici – il ricorso a un significativo numero di incarichi esterni per la costruzione delle prove di apprendimento di italiano, matematica ed inglese”. Si parla di 122 nuovi incarichi attribuiti nel 2019, con compensi variabili dai 1.500 ai 15.500 euro per ciascun esperto (a seconda che si tratti di esperto o esperto senior). Ma i giudici contabili sottolineano il ricorso a “incarichi triennali, tuttora in corso, di coordinamento scientifico-tecnico della produzione delle domande” con importi per singolo incarico di 108mila euro. Per l’oggetto della prestazione (costruzione delle prove di apprendimento e relativo coordinamento), inoltre, trattandosi di attività direttamente riconducibili all’attività istituzionale dell’Istituto “e che dovrebbero essere svolte con personale interno” la reiterazione e la quantità di questi incarichi pongono “significativi problemi di compatibilità” con il decreto legislativo 165 del 2001, che ne prevede un ricorso eccezionale e temporaneo.

UN MILIONE DI EURO A 91 ESPERTI IN QUIESCENZA – Ma c’è un’altra “grave criticità” riguardo alle procedure di affidamento finora svolte. “Da un’analisi degli incarichi conferiti per la costruzione delle prove di apprendimento nel triennio 2018-2020 – scrive la Corte – è emersa la corresponsione di più di un milione di euro a 91 esperti risultati in quiescenza”. E alla luce delle verifiche effettuate dal Collegio dei revisori, supportate anche dalle valutazioni dell’Avvocatura dello Stato, emerge “una non conformità dei relativi contratti” con la disciplina disegnata, tra l’altro, dalla legge 135 . “L’oggetto delle relative prestazioni appare riconducibile – si legge nel documento – nella nozione di incarichi di studio e consulenza vietati dalla legge”. Al riguardo l’Istituto ha evidenziando che sono state già internalizzate le competenze relative alle metodologie di costruzione e di analisi delle prove, mentre non sarebbe possibile farlo anche “con le competenze che attengono alla didattica delle discipline d’italiano, matematica e inglese in ambito scolastico o universitario”. Ciò in quanto, ad avviso dell’Istituto, “per poter contribuire alla redazione dei test di apprendimento, la caratteristica essenziale che devono possedere gli esperti necessari è quella di essere ‘interni’ alla scuola o all’università, dunque ulteriore e diversa rispetto a quella degli esperti (ricercatori) interni”. Argomentazione che, però, non ha convinto la Sezione Controllo Enti della Corte dei Conti, secondo cui “fermo restando che si tratta di incarichi vietati in quanto svolti a titolo oneroso, in ogni caso”, la criticità è rappresentata dal “numero assolutamente significativo”, in particolare, di quelli relativi ai ruoli più importanti di coordinamento “ripetutamente conferiti a soggetti già da diversi anni in quiescenza e, dunque, non più ‘interni’ alla scuola o all’università”.

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