“Quando i diritti iniziano a saltare per qualcuno, rischiano di saltare per tutti. Dunque proteggere i diritti degli altri significa difendere i propri”. È questo uno degli insegnamenti che Gino Strada ha lasciato a sua figlia Cecilia. La donna che per otto anni è stata alla guida di Emergency ha ricevuto la notizia della morte del padre mentre era impegnata con la nave umanitaria Resq nel Mediterraneo. “Mi spiace non averlo potuto chiamare ieri sera per dirgli che avevamo salvato 84 persone – racconta via Skype al Fattoquotidiano.it – ma sono sicura che apprezzerebbe”. Gino Strada era “un uomo coerente fino in fondo sulle sue posizioni e per questo era amato e odiato”. I governi italiani non sempre lo hanno sostenuto, anzi. “Quando curi un bambino vittima di guerra sei un angelo, ma quando chiedi perché c’è questa guerra che ammazza i bambini diventi scomodo”. Una riflessione che potrebbe valere anche per quello che accade con le navi delle Ong nel Mediterraneo. “Un paragone che forse non calza – conclude Strada – perché qui in mare c’è da discutere e si fanno polemiche anche sul fatto che si salvano persone”.

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Gino Strada, uomo irripetibile. Le sue battaglie continueranno attraverso i suoi volontari

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