Il rapporto di sorveglianza integrata settimanale conferma l'efficacia dell'immunizzazione nel prevenire le forme gravi di malattia in chi viene contagiato. Nell'ultimo mese tasso di ospedalizzazione dei non vaccinati 7 volte più alto rispetto agli immunizzati con due dosi
Negli ultimi 30 giorni, il tasso di ospedalizzazione per i malati Covid non vaccinati è stato di oltre sette volte più alto rispetto a quello dei vaccinati con ciclo completo: rispettivamente si sono contrati 52 ricoveri contro 7 per 100mila abitanti. Non solo: le persone che hanno ricevuto due dosi di siero hanno il 97% di probabilità in meno di finire in terapia intensiva e di morire rispetto a coloro che non sono stati immunizzati. Dati e stime, contenuti nel rapporto di sorveglianza integrata settimanale dell’Iss pubblicato il 14 agosto, che confermano l’efficacia dell’immunizzazione nel prevenire le forme gravi di malattia in chi viene contagiato.
Questo nonostante il progressivo aumento della quota di italiani coperti dal vaccino stia determinando un “effetto paradosso“, spiega l’istituto, per cui in alcune fasce di età – a partire dagli over 80, oltre l’80% dei quali è immunizzato – il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati e non vaccinati. Un fenomeno, questo, che non deve ingannare: si verifica solo perché i non vaccinati, man mano, restano in pochi, per cui i vaccinati diventano la stragrande maggioranza dei potenziali contagiati e ricoverati. Nonostante ciò, negli ultimi 30 giorni “il 61,3% dei ricoveri in terapia intensiva e il 62,1% dei decessi negli over 80 sono avvenuti tra coloro che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino”. Ancora più chiari i dati sulla cosiddetta efficacia vaccinale, cioè la capacità dei vaccini di ridurre vari eventi: il contagio, l’ospedalizzazione, il ricovero in terapia intensiva e il decesso.
L’efficacia complessiva della vaccinazione incompleta (una sola dose) nel prevenire l’infezione è pari al 62,1% e quella della vaccinazione completa è pari all’82,3%, cioè nel gruppo dei vaccinati con ciclo completo il rischio di contrarre l’infezione si riduce dell’82% rispetto a quello tra i non vaccinati. Più alta, all’82,3% per chi ha fatto una sola dose e al 94,7% per chi le ha ricevute entrambe, l’efficacia nel prevenire l’ospedalizzazione. Quanto ai ricoveri in terapia intensiva, l’efficacia nel prevenirli è pari all’89,4% per il ciclo incompleto e al 97,2% in caso di una sola dose. Infine, l’efficacia nel prevenire il decesso è pari all’82,3% con ciclo incompleto e al 96,8% per la vaccinazione con ciclo completo.
L’efficacia stimata dall’Iss nel prevenire contagio e ospedalizzazione risulta un po’ più bassa nella fascia di età 12-39 anni (rispettivamente 68,32% e 88,44% per chi ha le due dosi), ma l’istituto spiega che questo potrebbe essere legato ad “alcuni aspetti comportamentali, soprattutto in relazione al rischio di diagnosi. È noto, infatti, come nella popolazione complessiva, viste anche le difficoltà del contact tracing, una quota di infezioni asintomatiche o con sintomi lievi non siano diagnosticate, e questo è verosimile si verifichi più frequentemente nella popolazione giovane, generalmente colpita dal virus in forma più lieve rispetto alla popolazione adulta”. Non solo: “Tra i giovani non vaccinati, lo stigma e la paura di eventuali restrizioni alla loro vita sociale conseguenti un’eventuale diagnosi potrebbero ridurre l’utilizzo dei servizi diagnostici e quindi portare a una sottostima del rischio in questo gruppo e, di conseguenza, a una sottostima dell’efficacia vaccinale”. E sul fronte opposto i giovani che si sono vaccinati subito prima delle vacanze per non subire restrizioni potrebbero essersi “sovraesposti a contesti e comportamenti a rischio rispetto ai non vaccinati, causando quindi una riduzione della stima dell’efficacia vaccinale”.
Infine, “la maggiore trasmissione osservata in questa fascia di età nelle ultime settimane, quando la variante delta è predominante in Italia, potrebbe anche spiegare, almeno in parte, questo risultato, data la minore efficacia dei vaccini contro questa variante”.