L'atteso intervento del presidente degli Usa è un discorso pieno di distinguo: "La mia scelta era tra il ritiro come previsto dagli accordi siglati da Trump e un’escalation del conflitto". Ha scelto la prima: "Non chiederò alle forze armate di combattere una guerra civile senza fine. In 20 anni commessi errori e io non voglio passare questa responsabilità a un quinto presidente". Poi cita il Vietnam: "Non voglio che si ripeta in Afghanistan quello che abbiamo vissuto allora"
Nega ogni responsabilità: le colpe sono delle amministrazioni precedenti e in particolar modo del suo diretto predecessore. Però ne rivendica le scelte: è vero che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Afghanistan perché così prevedevano gli accordi firmati da Donald Trump. Ma per Joe Biden questa è comunque la decisione giusta. L’atteso intervento del presidente degli Usa, nei giorni in cui gli americani abbandonano in fretta e furia Kabul, è un discorso pieno di distinguo, che segue una logica a tratti forzata, ma che in definitiva non ammette alcuna colpa su quello che sta succedendo in Afghanistan. O quasi. L’inquilino della Casa Bianca, infatti, ammette soltato che il Paese è caduto “più rapidamente del previsto“. Alla fine dunque, nello Studio Ovale, hanno deciso di seguire una linea: Biden non ha responsabilità di aver deciso il ritiro da Kabul. Semmai non è stato in grado di programmarlo e gestirlo. E infatti l’intervento del presidente è diviso in due: da una parte una difesa totale delle scelte compiute, che però non toccano mai le modalità di abbandono dell’Afghanistan; dall’altra uno scaricabarile sull’amministrazione precedente. O sulle stesse forze afgane.
Il risultato è che Biden sconfessa le scelte delle ultime quattro amministrazioni americane. E manda in archivio vent’anni di esportazione della democrazia made in Usa. “La nostra missione in Afghanistan non è mai stata pensata per costruire una nazione“, ha detto oggi il presidente al Paese. “Voglio ricordare – ha spiegato – che l’obiettivo, quando 20 anni fa, dopo l’11 settembre, iniziò questa missione, era evitare che l’Afghanistan fosse la base per altri attacchi terroristici in America. L’obiettivo era riuscire a fermare chi ci aveva attaccati”. Ma allora perché gli Usa non si ritirarono nel 2004, quando gran parte di al Qaeda era stata già scacciata? O al più tardi nel 2011, quando Osama bin Laden venne scovato ed ucciso ad Abbottabad, in Pakistan? “La nostra missione è stata caratterizzata da molti errori e passi falsi negli ultimi venti anni, non è stata perfetta. Sono il quarto presidente ad essere presente durante questa guerra e non voglio passare questa responsabilità a un quinto presidente”, dice l’inquilino della Casa Bianca: che quindi tra le amministrazioni colpevoli degli errori in Afghanistan inserisce implicitamente anche quella di Barack Obama, di cui lui stesso faceva parte come vicepresidente.
La maggior parte delle colpe, però, Biden le scarica ovviamente sul suo diretto predecessore. “Quando ho assunto l’incarico – ricorda – ho ereditato un accordo che il presidente Trump aveva negoziato con i Talebani. In base a questo accordo, le forze americane avrebbero dovuto ritirarsi entro il primo maggio, appena tre mesi dopo il mio insediamento: la scelta che dovevo fare come presidente era o di seguire quell’accordo o di essere pronto a tornare a combattere contro i Talebani”. E dunque la scelta di Biden era “tra il ritiro e un’escalation del conflitto”. Tra queste due ipotesi ha optato per la prima sostenendo di aver fatto “l’interesse nazionale” Usa e che gli americani “non faranno quello che non fanno gli afgani“. Cosa non fanno gli afgani? Combattere i talebani, nonostante gli Usa abbiano dato all’esercito locale “tutte le opzioni”. E quindi ecco il messaggio che, nei piani di Biden, dovrebbe fare maggiormente presa sull’elettorato, in vista dell’elezione di Midterm nel 2022: “Sono il presidente degli Stati Uniti, quindi alla fine è mia la responsabilità. Sono profondamente rattristato per i fatti che dobbiamo affrontare ma non provo rammarico per la mia decisione perché è sbagliato ordinare alle truppe americane di combattere e morire quando le stesse truppe dell’Afghanistan non lo fanno. Non chiederò alle forze armate di combattere una guerra civile senza fine. Non è nel nostro interesse, non lo chiedono gli americani e non lo meritano le nostre truppe”. E ancora: “Quante altre generazione di figli e figlie americani dovrei mandare a combattere la guerra civile afghana, quando le truppe afghane non lo fanno? Quante altre vite, vite americane, dovremmo sacrificare? Sarò chiaro nella mia risposta, non ripeterò gli errori del passato, l’errore di restare e combattere indefinitamente che non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti”.
A mettere sotto accusa l’inquilino della Casa Bianca, però, sono soprattutto le immagini che arrivano dall’Afghanistan, con i militari in fuga mentre i talebani occupano il Paese: per molti analisti sono il primo vero, gravissimo passo falso del suo mandato. “Sono convinto che la mia sia stata una decisione giusta, dopo 20 anni abbiamo imparato nel modo più difficile che non c’è mai il momento ideale per il ritiro“, è la debole giustificazione del presidente. E siccome in tanti identificano nella resa di Kabul la sua Saigon, Biden cita direttamente pure il Vietnam: “Io – dice – ero giovane durante la guerra in Vietnam, non voglio che si ripeta in Afghanistan quello che abbiamo vissuto allora”. Poi non rinuncia a lanciare un messaggio al nemico: “Nei prossimi giorni evacueremo migliaia di cittadini americani che sono in Afghanistan. Abbiamo detto ai Talebani che se dovessero essere attaccati membri del nostro contingente la risposta sarà immediata e decisa, rapida e potente”, ha avvisato, promettendo di difendere i cittadini americani con l’uso “devastante della forza, se necessario”. Solo un breve passaggio è stato riservato invece ai civili: gli Usa si impegneranno per “le donne e le ragazze” in Afghanistan. Soltanto una mezza frase per quella che sembra già essere l’ennesima promessa tradita.