Il Centro Antidiscriminazione di LEDHA: "Sia garantito il diritto a una piena partecipazione, senza costi aggiuntivi". Ilfatto.it ha raccolto le storie di alcuni genitori che non hanno potuto usufruire a pieno del servizio. Qualcuno ha dovuto iscrivere il proprio figlio solo per mezza giornata per mancanza di personale dedicato, altri hanno rinunciato per via dei prezzi troppo alti
Dopo oltre un anno e mezzo di pandemia le attività dei Centri ricreativi estivi (Cre) costituiscono in molti casi per le famiglie con figli minori un momento di riposo dall’anno scolastico difficile vissuto in dad. Eppure le iscrizioni alle strutture estive effettuate dai genitori di bambini/ragazzi con disabilità rappresentano una sfida complicata. Le associazioni che tutelano le persone con disabilità rivendicano il diritto alla partecipazione e inclusione di tutti i bambini nei centri estivi. Contattato da Ilfattoquotidiano.it l’avvocato Laura Abet, del Centro Antidiscriminazione di LEDHA: “Ai minori con disabilità, che sono tra i soggetti più provati dal lungo periodo di lockdown e dalla prolungata chiusura delle scuole, nonostante la normativa statale avesse previsto i mezzi per garantire agli studenti con disabilità di proseguire in presenza, deve essere garantito il diritto a una piena partecipazione anche ai centri estivi: non un giorno di meno, non un euro in più“. Le principali criticità riscontrate dalle associazioni sono il rifiuto ad accogliere nelle strutture per ragioni connesse alla disabilità, l’assenza di educatori specializzati per permettere la reale inclusione dei ragazzi con disabilità (anche nei casi in cui sia necessario garantire un rapporto di 1 a 1) e le richieste di compartecipazione alle spese più elevate rispetto agli altri. Questo non vuol dire che sia corretto a livello legale, anzi. La Lega per i diritti delle persone con disabilità evidenzia che “questi comportamenti sono illegittimi e rappresentano una condotta potenzialmente discriminatoria, in violazione della legge 67/2006 e della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità”. I bambini disabili, in particolare con deficit cognitivi/intellettivi o disturbi del comportamento ma non solo, vengono da un periodo prolungato di isolamento nell’isolamento chiusi nelle loro case che ha aggravato le loro condizioni e fatto perdere molti positivi risultati conquistati dopo anni di terapie specialistiche e a costi elevati.
Secondo LEDHA “in nessun caso devono esserci ulteriori aggravi a carico delle famiglie, ma gli eventuali costi aggiuntivi devono essere coperti dai Comuni e non dalle famiglie”. Le criticità e le esclusioni sono diffuse un po’ in tutta Italia. “Qualunque costo aggiuntivo, imputabile alla disabilità, richiesto alla famiglia deve essere considerato discriminatorio e quindi illegittimo, così come l’esclusione dal diritto di partecipare a parità con gli altri bambini e ragazzi – afferma Abet – Nella pratica i genitori si scontrano con la prassi diffusa delle richieste da parte dei Comuni di una retta uguale per tutti, ma quasi sempre viene loro imposto un contributo extra per poter usufruire dell’assistente di supporto specializzato, laddove tale figura sia necessaria al bambino con disabilità per poter garantire una sua adeguata frequenza e partecipazione al centro”. Le associazioni contattate spiegano che, a differenza di quanto avviene per il settore scolastico, non esistono dati sul numero dei minori con disabilità che frequentano i centri estivi (pubblici, convenzionati, religiosi) e neanche di quanti sono esclusi. Ilfattoquotidiano.it ha raccolto diverse testimonianze di genitori ed esperti di inclusione sociale.
“Mancano gli assistenti personali nei centri estivi? Bisogna investire molto di più sulla formazione degli educatori specializzati. Non abbiamo nessun contributo ad hoc come famiglie con minori disabili” – “Complessivamente il fenomeno della mancata ammissione di minori con disabilità esiste soprattutto per la fascia 10-15 anni e i più colpiti sono i disabili intellettivi”. A dirlo al Fatto.it è Alberto Belloni, referente per il coordinamento Regione Lazio dei Presidenti di Consiglio di istituto, specializzato in bisogni educativi speciali (bes), oltre che presidente della Consulta delle persone con disabilità e delle loro famiglie Municipio 2 di Roma. Belloni spiega che “la mancata inclusione nei centri estivi comunali è un problema generale che continua da anni e riguarda tutta Italia, ad oggi ancora ci sono evidenti criticità di gestione, organizzazione, programmazione a livello comunale e non si danno le risposte giuste ai bisogni speciali di moltissime famiglie che vivono situazioni drammatiche”. Risulta ormai evidente che c’è un’offerta sempre più insufficiente e una domanda in aumento difficile da sostenere senza nuove risorse da destinare. I centri estivi pubblici e quelli convenzionati, quasi sempre, non mettono a disposizione un assistente dedicato ad un bambino con disabilità grave per tutte le ore di frequenza. “Fanno meglio quelli gestiti da cooperative specializzate legate al Terzo settore con specifici operatori professionali ma il rischio è quello di creare luoghi solo per disabili, di fatto non realizzando una reale inclusione a 360°”. Poi c’è la questione dei costi. “Per chi ha necessità di far seguire sempre il proprio figlio in un rapporto di 1 a 1 stiamo parlando di almeno 50 euro al giorno e la famiglia, in assenza di un educatore specializzato fornito dal centro, è costretta a contattare l’educatore che ha seguito il proprio figlio già a scuola ma gli ambiti sono molto diversi e il bambino deve poter diversificare l’ambiente-scuola rispetto alle giornate più ricreative, ludiche, da vivere durante le vacanze estive”. Per Belloni si dovrebbero potenziare i servizi educativi e sociali locali, con anche tutta una serie di semplificazioni burocratiche per aiutare meglio le famiglie. “Per i genitori con minori disabili non vanno bene i bonus baby-sitter – afferma – perché abbiamo necessità particolari, ci occorrono operatori pronti a gestire situazioni di grande fragilità. Denuncio il fatto che nel Pnrr per il recupero della socialità per i minori con disabilità grave si è fatto pochissimo, meno si investe per politiche sociali inclusive sotto i 18 anni, maggiore sarà il costo una volta divenuti adulti, con un incremento delle spese per le casse pubbliche”.
“Non ho potuto iscrivere mio figlio autistico al centro estivo: avrei speso in un mese circa 1.000 euro” – Lei (ci ha chiesto di non indicare il suo nome, ndr) abita a Bari e ha un figlio autistico di 6 anni che a settembre inizierà la prima elementare. Voleva iscriverlo ad un a struttura ricreativa per bambini della propria città ma non le è stato possibile a causa dei costi eccessivi. Le hanno chiesto per seguire suo figlio per solo 3 ore giornaliere (dalle 10 alle 13) circa 250 euro a settimana. “Nessun centro estivo comunale ha un educatore in grado di gestire mio figlio e quelli a cui ci siamo rivolti ci hanno chiesto di portare noi, completamente a nostre spese per circa 1.000 euro al mese, un educatore specializzato. Questo – racconta al Fatto.it la donna – è ingiusto perché dovrebbero essere i centri a mettere a disposizione il personale idoneo per seguire i bambini con disabilità. Ci sentiamo discriminati”. La mamma del bimbo con autismo afferma di “non aver ricevuto nessun sostegno dal Comune perché ci hanno detto che mancano i fondi”. Si parla molto di inclusione ma poi nei fatti avviene tutt’altro. “Quest’estate devo mantenere mio figlio ancora chiuso in casa senza la corretta socializzazione con altri coetanei che gli servirebbe moltissimo. Sta peggiorando rispetto agli stimoli di gioco e nelle piccole abilità quotidiane, con tristezza vedo che ha perso lo stimolo a stare in compagnia. Di sicuro frequentare il campo estivo sarebbe stato l’ideale per mio figlio”.
“La scelta del centro estivo è stata complicatissima, dopo lunghe ricerche abbiamo trovato solo un’assistente personale ma senza competenze specifiche. Sono preoccupata, speriamo che vada bene” – Laura Mammarella è sposata ed è mamma di un bimbo di 4 anni con autismo di nome Bryan. Vivono a Francavilla al Mare, in provincia di Chieti, Abruzzo. Ha provato per giorni e giorni a trovare una struttura inclusiva per far andare Bryan qualche settimana a trascorrere del tempo di gioco e socializzare insieme ad altri bambini. “Abbiamo contattato 6 diversi centri ma tutti ci hanno risposto sempre la stessa cosa: non abbiamo a disposizione un educatore dedicato per suo figlio”. Poi è venuto fuori che la possibilità ci sarebbe stata ma solo se la famiglia avesse pagato 100 euro a settimana di iscrizione alla struttura più 10 euro all’ora per l’educatore. Si parla di cifre rilevanti di oltre mille euro al mese. Laura si è rifiutata, non si è data per vinta e ha deciso di continuare nella ricerca. Ha trovato un centro sportivo a Francavilla che fornisce una ragazza laureata in psicologia infantile senza però nessuna esperienza sull’autismo. “Meglio che niente e lasciarlo a casa – commenta al Fatto.it Laura – ma speriamo che tutto vada bene, sinceramente sono un po’ preoccupata per come andrà”. E’ riuscita a iscrivere Bryan per l’ultima settimana di agosto e i primi 10 giorni di settembre, con un costo di 130 euro a settimana per 4 ore al giorno solo tre volte a settimana, per un totale di circa 400 euro. “Non sono tutte le ore a settimana di cui avevamo bisogno ma almeno possiamo respirare un po’, non dovrebbe funzionare cosi. Già viviamo tutto l’anno grosse difficoltà i per la gestione di mio figlio con autismo, almeno in estate ci aspettiamo di essere aiutati. Ci sentiamo dimenticati”.
“Mio figlio costretto a fare solo mezza giornata perché nel pomeriggio manca una figura educativa dedicata. Solo 2 settimane per 3 ore al giorno, l’anno scorso aveva frequentato per 6 settimane” – Denuncia una situazione peggiore rispetto all’anno scorso. Lei è Cristina Finazzi, mamma di Leonardo di 10 anni, autistico non verbale, assai socievole che ama stare con gli altri ma ha bisogno di una assistenza specializzata per tutto il giorno. “Manca una progettazione di continuità educativa durante tutta l’estate, finita la scuola a giugno fino a settembre siamo abbandonati a noi stessi” dice Finazzi, che fa parte dell’associazione Spazio Blu Autismo Varese onlus. Leonardo ha vissuto il lockdown con depressione e noia estrema, spiega. La speranza di Cristina era di trovare un centro ricreativo in grado di includere suo figlio dalla mattina al pomeriggio, per fargli riprendere contatto con altri coetanei. “Strutture pubbliche inclusive zero. Quest’anno abbiamo trovato solo un campo estivo gestito dall’oratorio che aveva una figura educativa ma non specializzata sui disturbi dello spettro autistico, peraltro sconosciuta a Leonardo con tutte le problematiche del caso”. Così almeno dal 5 al 23 luglio Leonardo è riuscito a frequentare ma solo a certe condizioni: “Ringraziamo l’oratorio per la disponibilità che ci ha dimostrato ma ci siamo sentiti discriminati perché la figura dedicata, che si è impegnata comunque al massimo, c’era solo la mattina dalle ore 9 alle 12 e mio figlio, a differenza di tutti gli altri bambini che potevano quindi restare fino alle 17, doveva ritornare a casa dopo mezzogiorno”. In questo particolare caso il problema non sono i costi, visto che l’assistenza della persona dedicata al figlio non è stata a carico della famiglia. “C’è estrema carenza nei mesi estivi su tutto il territorio di Varese e provincia di figure specializzate per bambini come mio figlio”, evidenzia la mamma di Leonardo. Finazzi termina dicendo che “da giugno a settembre non finisce certo il bisogno educativo di mio figlio autistico ma non abbiamo servizi pubblici a disposizione. Manca del tutto una progettualità pluriennale che dia continuità, e quindi stabilità anche emotiva, per tutti i minori con gravi disabilità. Ogni anno sembra andare peggio”.