Sull'assassinio del 45enne ex presidente del consiglio comunale di Favara (Agrigento), la pista privilegiata è quella economica anche se nessuna ipotesi è al momento esclusa. Nel locale non c'è nessuna telecamera e soprattutto negano di aver visto qualcosa sia il barista sia i passanti in una strada di solito molto frequentata
Nessuno ha visto nulla. Nemmeno il barista che si trovava all’interno mentre il killer sparava uccidendo Salvatore Lupo. Due colpi di pistola a distanza molto ravvicinata. Così è morto Lupo, 45enne, titolare di un centro per anziani ed ex presidente del consiglio comunale di Favara, in provincia di Agrigento. Era entrato al bar per comprare una vaschetta di gelato intorno alle 18. Dopo avere ordinato è andato in bagno, sulla soglia della toilette lo aspetta il killer che è entrato a volto scoperto, ha sparato ed è uscito indisturbato.
Nessuno ha visto nulla neanche all’esterno né all’interno dello “Snack American Bar” di via IV Novembre, una via molto frequentata, anche ieri, nonostante fosse Ferragosto. Eppure tutti i testimoni sentiti nella lunga notte dai carabinieri di Favara non hanno visto né sentito nulla. Il killer, dunque, era forse ben noto a tutti, e potrebbe essersi trattato di un professionista, vista la determinazione e la platealità dell’omicidio. Questo è il sospetto degli investigatori che stanno seguendo tutte le piste. La più sostanziosa in questo momento riguarda una questione economica all’interno del nucleo familiare, ma nessuna ipotesi è al momento esclusa.
Di sicuro la notte di indagini ha fatto emergere un clima di omertà nel paesino in provincia di Agrigento che andrà alle urne il prossimo ottobre e dove solo pochi giorni fa le vetrine della sede del partito comunista erano state danneggiate da ignoti. Un clima elettorale che indica l’atmosfera che si respira nel piccolo centro della Sicilia più interna, ma che nulla sembra avere a che fare con l’omicidio di ieri. La vittima aveva abbandonato l’attività politica dopo essere stato alla guida del consiglio comunale per due anni dal 2015 al 2017. Un impegno politico nato nel 2011 in una lista civica legata al centrodestra che era stato interrotto dopo l’arresto per tentata estorsione. Lupo aveva chiesto ai suoi dipendenti di restituire la metà dello stipendio, questa è l’ipotesi d’accusa che ha portato al rinvio a giudizio. Mentre era indagato anche per maltrattamenti fisici e psicologici ad alcuni minori inabili psichici, affidati per la vigilanza, l’assistenza e sostegno, a una comunità alloggio di Licata, altro centro dell’agrigentino. Nel novembre 2011 quando era già consigliere comunale la sua auto era stata incendiata. Le indagini dei carabinieri, coordinati dai sostituti Paola Vetro e Maria Barbara Cifalinò, e dal capo della procura di Agrigento, Luigi Patronaggio, proseguono con gli interrogatori dei testimoni e dei familiari. Non c’era, invece, nessuna telecamera di video sorveglianza all’interno del bar.