Economia & Lobby

‘A conti fatti’ è un libro sincero: emerge l’esigenza di una democrazia regolatrice

Sotto l’ombrellone quest’anno ho portato anche un libro (A conti fatti, Feltrinelli, giugno 2020) di Franco Bernabé: se volete “un boiardo di Stato”, comunque un protagonista del capitalismo italiano degli ultimi 40 anni. Di solito non leggo questa letteratura dei manager che si credono padreterni e che si appiccicano da soli tante medaglie sul petto. Ma stavolta – pur saltando qualche paragrafo qua e là – la lettura è risultata alla fine avvincente.

Questo è un libro sincero. Ed è un libro che va “oltre”: l’azienda, i profitti, la vanità. Il succedersi delle vicende aziendali qui rivela davvero: i meccanismi del capitalismo in azione; la commistione fra politica ed economia; i costi enormi che la politica infligge al Paese; i vizi e le virtù di un’intera classe dirigente, di una vasta umanità. Chi vorrebbe “più Stato” nell’economia trova pane per i suoi denti. Chi inneggia al libero mercato viene messo di fronte all’indole speculativa e socialmente dannosa di buona parte del ceto imprenditoriale privato.

“A conti fatti” emerge, sopra ogni ideologia e pregiudizio, l’esigenza suprema di una democrazia funzionante e regolatrice, con le sue istituzioni di controllo: unico modo per incanalare, bene o male, il turbine degli interessi e delle passioni in un alveo costruttivo dal punto di vista del bene comune. Qualche citazione dal libro può forse dare un’idea più dei miei commenti. Scrive Bernabé:

Agnelli era patriottico… e pensava che l’Italia dovesse avere un ruolo propositivo nel processo di costruzione dell’Europa. Invece per molti politici che ho conosciuto l’Europa è uno schermo dietro cui nascondere la propria incapacità di concepire un disegno di modernizzazione del paese… “Lo vuole l’Europa” sintetizza la mancanza di visione di una parte non piccola della nostra classe politica. Questo ha fatto sì che nell’UE non siamo stati capaci di rappresentare e di difendere i nostri interessi nazionali. Abbiamo accettato quello che altri, ben più attenti di noi ai loro interessi, decidevano.

Scartai la possibilità di assumere manager provenienti dall’esterno. In un’intervista spiegai che, in base a semplici considerazioni di tipo probabilistico, confidavo nel fatto che in un gruppo come ENI vi fossero almeno 12.000 eccellenze che avrei potuto valorizzare. Bastava cercarle.

Mi chiese a quanto ammontasse il mio patrimonio personale dopo la privatizzazione di Eni. Il suo aveva raggiunto i 5 miliardi di dollari. Gli dissi che avevo ricevuto un aumento di stipendio.

Nel corso degli interrogatori [il Presidente dell’ENI, Cagliari] aveva ammesso gli episodi di corruzione…: un sistema che forse aveva subìto, ma da cui aveva tratto importanti benefici personali. … L’ambizione … aveva finito per travolgerlo, e l’orgoglio gli aveva impedito di dissociarsi da quel sistema anche quando non c’era più alcuna ragione per sostenerlo… Credo che un malinteso senso del pudore non gli consentisse di ammettere apertamente, come scrisse il giudice, la sua pregressa attività criminosa.

Pacini affermava … : “Noi s’è usciti da Mani Pulite perché s’è pagato, quelli più bravi di noi non ci son nemmeno entrati”, … come se il pool di Milano avesse favorito qualcuno, per finalità non trasparenti. Al Gip … rispose: “per quelli più bravi intendevo proprio Bernabé”. Pacini non distingueva… fra chi era a libro paga e chi … lavorava con onestà… Giuseppe D’Avanzo su Repubblica fu il primo a parlare di vendetta contro il pool… Piercamillo Davigo aveva dichiarato che nella Finanza erano avvenute deviazioni… Se vogliono la guerra, che guerra sia, mi dissi. Non mi sarei lasciato intimorire dalle calunnie.

Bisogna intendersi su cosa significhi ruolo imprenditoriale dello Stato. Quest’ultimo possiede tutti gli strumenti per promuovere progetti che hanno importanti ricadute sull’economia… finanziamento della ricerca, procurement…, la promozione di tecnologie innovative nella Difesa… incentivi fiscali… Se sceglie di entrare nel capitale di una società deve però rispettare le regole di governo del sistema di imprese. … La politica ha invece bisogno … di discrezionalità… In tal modo però sfugge ai vincoli della pubblica amministrazione ed entra in un mondo in cui non esistono regole codificate che separino la discrezionalità dall’arbitrio.

In Europa l’obiettivo di creare un mercato unico ha comportato la necessità di fissare un gran numero di rigidissime regole. Ciò ha creato un contesto competitivo diverso rispetto al resto del mondo… La complessità del sistema determina oneri rilevanti che possono essere sostenuti solo da imprese di grandi dimensioni.

Riforme, riforme, ma non vi sembra che le cose vadano già male abbastanza? (Lord Eldon, 1820)

Non so se tutto quel che scrive Bernabé sia esatto, o condivisibile; certamente si possono avere opinioni diverse su di lui. Tuttavia questo testo è importante per capire la politica e cosa succede “dietro le quinte”. Le annotazioni autobiografiche, etiche, psicologiche, politiche, storiche, economico-finanziarie, i diversi valori in gioco, la palese ricerca di equilibrio nella complessità rendono questo libro ricco e istruttivo oltre le aspettative.