La Cgil ha depositato la prima class action dei rider contro l’applicazione a livello nazionale del contratto collettivo Ugl, “che sancisce il cottimo come forma di retribuzione limitando i diritti dei lavoratori delle piattaforme del food delivery“, si legge nel comunicato che annuncia l’iniziativa. L’accordo sul contratto era stato raggiunto lo scorso settembre da Assodelivery, l’associazione delle piattaforme di food delivery (come Glovo, Deliveroo e Uber Eats) e il sindacato di destra Ugl. Già un anno fa aveva scatenato la reazione unitaria e compatta dei sindacati confederali e delle sigle autorganizzate, ma anche le perplessità del ministero del Lavoro, a cui però non hanno fatto seguito atti concreti.
“Le categorie della Cgil, Nidil, Filcams e Filt, hanno depositato, presso il Tribunale di Milano, la prima class action per contrastare l’applicazione a livello nazionale del CCNL Ugl Rider”, scrive in un comunicato la Cgil nazionale, sottolineando che “è la prima class action dei lavoratori della gig economy presentata in Europa e la prima in Italia in materia di diritto del lavoro“. “Con tale ricorso collettivo – prosegue il comunicato – la Cgil intende estendere a tutti i rider di Deliveroo quanto recentemente stabilito dal giudice di Bologna che nel luglio di quest’anno, in accoglimento di un ricorso per condotta antisindacale, ha dichiarato illegittimo l’accordo, stipulato da Assodelivery con un solo sindacato considerato non rappresentativo, imposto dalle multinazionali del settore come condizione per potere proseguire a lavorare”.
A inizio luglio infatti il tribunale di Bologna, esprimendosi sul ricorso di Nidil, Filcams e Filt Cgil sulla condotta di Deliveroo, ha dichiarato “illegittimo” il contratto nazionale dei rider firmato dall’Ugl, stabilendo che non va applicato a nessuno dei lavoratori. L’unico sindacato che l’ha firmato, tra l’altro allineato al volere delle multinazionali, “non aveva i requisiti di rappresentatività”, hanno specificato i giudici. Che poi hanno sancito un punto cardine: l’accordo di comodo firmato dalle app con l’Ugl non è valido e, a maggior ragione, non può essere minacciato di licenziamento chi non lo accetterà, come è stato fatto negli ultimi mesi.
“La class action – conclude il comunicato della Cgil – è una iniziativa nuova dai possibili effetti dirompenti per il mercato del lavoro. Un esito positivo consentirebbe, infatti, a tutti i rider di avere retribuzioni adeguate e condizioni di lavoro parametrate alla contrattazione collettiva di settore. Con questa ulteriore iniziativa giudiziaria, la Cgil interviene su uno dei principali fattori distorsivi della contrattazione del settore e di precarizzazione del lavoro tra i rider, che ha impedito fino ad oggi di avviare un dialogo trasparente e costruttivo finalizzato ad estendere e garantire forme di lavoro giuste e dignitose a lavoratori a forte rischio di marginalizzazione”.