Diritti

Afghanistan, la nostra disperazione non è nulla senza l’azione

A mano a mano che proseguiva l’avanzata dei talebani, le carceri cadevano nelle loro mani. Lashkar Gah, Ghazni, Kabul: le prigioni sono luoghi chiave delle città, sono centri di potere, dove si può rinchiudere e si può liberare.

Nel carcere di Herat, costruito nel 2009 anche per mano italiana, sono rinchiuse tante donne con i loro bambini. “Il delitto più comune per le donne è la ‘prostituzione’”, ci aveva raccontato Adriano Sofri, “da uno a 10 anni: che vuol dire l’adulterio, o l’aver fatto l’amore prima di sposarsi. A Herat spose bambine e giovani violate si danno ancora fuoco, o si impiccano”.

Oggi la città è in mano ai talebani, come il resto del paese. E a noi italiani resta la disperazione di vedere persone aggrappate ai carrelli degli aerei che precipitano nel vuoto e di pensare alle donne terrorizzate che vedono soffocare la speranza, alla quale anche noi avevamo contribuito, di quell’altra vita. Ma questa disperazione non è nulla, adesso, senza l’azione. È cominciato il tergiversare sui profughi, il paragone con la Siria, lo sguardo ai paesi di confine per capire quanto possano farsi muro a nostro beneficio. Ci auguriamo che l’Europa tutta, nella quale abbiamo creduto e crediamo, si apra senza egoismi al salvataggio di coloro che le sono stati accanto nella lotta al terrorismo e al fondamentalismo religioso. Ci auguriamo che l’Europa, che per propria essenza è erosione di sovranismo, non ceda alla sovranità dei confini esterni in un momento tanto drammatico.

In ogni caso e comunque, se un sovranismo ha oggi senso è quello inverso: quello che sceglie di utilizzare la propria sovranità per tenere alta la bandiera dei diritti umani e dell’accoglienza, a prescindere da quel che gli altri sceglieranno di fare.

Accogliamole. Lo declino al femminile per sottolineare il genere che oggi ha più urgenza di aiuto. Ci rivolgiamo al Governo italiano: accogliamole, organizziamo corridoi umanitari immediati per far venire in Italia quelle donne e quegli uomini che in Afghanistan rischiano oggi la vita, quella biologica o quella che chiunque di noi sarebbe disposto a qualificare come tale. Senza questa azione concreta e necessaria, tutte le lacrime che potremo mai versare saranno solo proverbiali lacrime di coccodrillo.