Ci sarà una posizione unitaria, concordata con gli alleati, nei confronti dell’Afghanistan. Sono questi i termini della linea italiana sulla crisi internazionale aperta dopo la presa del potere dei talebani, espressi da Luigi Di Maio al meeting virtuale dei ministri degli Esteri del G7, concluso con una dichiarazione congiunta che chiede ai talebani di garantire la sicurezza di chi voglia lasciare il Paese. “È fondamentale mantenere uno stretto coordinamento tra alleati per impostare una strategia condivisa nei confronti della nuova situazione a Kabul. L’Italia, in qualità di Stato presidente del G20, ha in programma di convocare una riunione ad hoc per promuovere una discussione approfondita sull’Afghanistan”, che “ci consentirà di coordinare la nostra posizione con altri importanti partner, come Russia, Cina e Turchia“, ha detto il ministro degli Esteri.
Poche ore prima il presidente M5s, l’ex premier Giuseppe Conte, aveva chiesto di “coltivare un serrato dialogo con il nuovo regime che appare, almeno a parole, su un atteggiamento abbastanza distensivo”, specificando però che “per farlo, la comunità internazionale non deve commettere errori fatti in altri dossier: Cina e Russia devono sedersi al tavolo e poi c’è il Pakistan che ha un ruolo importante. Non va assunto un atteggiamento arrogante, l’Occidente deve coinvolgere tutti per mantenere uno stretto dialogo con i talebani”. Una posizione che ha raccolto gli attacchi dei renziani, arrivati a parlare addirittura di “un’apertura” di Conte ai talebani, nonostante l’ex premier abbia esplicitamente detto come l’atteggiamento distensivo del nuovo regime sia al momento solo “a parole”.
Oggi anche il capo della Farnesina ribadisce ai colleghi di Usa, Germania, Francia, Regno Unito, Giappone e Canada che i guerriglieri islamici vanno giudicati “dalle loro azioni, non dalle loro parole. Abbiamo a disposizione qualche leva, sia pur limitata, su di loro, come l’isolamento dalla comunità internazionale e la prosecuzione dell’assistenza allo sviluppo fornita finora. Dobbiamo mantenere una posizione ferma sul rispetto dei diritti umani e delle libertà, e trasmettere messaggi chiari tutti insieme”, ha spiegato. Sottolineando che “gli afghani, in particolare le donne e le ragazze, hanno combattuto e pagato un prezzo costoso per far progredire le loro condizioni e noi li abbiamo sostenuti in questo sforzo. Non possiamo ora permetterci battute d’arresto sui progressi compiuti in materia di diritti umani e libertà civili. In questi due decenni – prosegue – abbiamo avuto successo nella lotta al terrorismo in Afghanistan e dobbiamo evitare che diventi di nuovo un terreno fertile per il terrorismo. Questo è un chiaro esempio di un interesse condiviso che possiamo perseguire solo in stretta collaborazione con i principali attori regionali, che dobbiamo coinvolgere immediatamente e in modo coordinato”.
Di Maio ha anche fornito un aggiornamento sulla missione italiana di soccorso ai profughi afghani: “Con gli ultimi voli atterrati a Roma sono già arrivati in Italia più di cinquecento afghani tra ex collaboratori e famiglie. Il nostro piano è trasferire circa 2500 afghani che hanno collaborato negli anni con le istituzioni italiane”, annuncia. “Negli ultimi giorni abbiamo evacuato la maggior parte dei nostri connazionali e parte del personale locale dell’ambasciata, insieme ad alcuni membri del personale della delegazione Ue a Kabul e dell’ufficio Nato. È fondamentale ribadire l’appello per un accesso umanitario pieno, sicuro e senza ostacoli delle organizzazioni internazionali al Paese. La comunità internazionale deve continuare a fornire un’assistenza salvavita fondamentale alla popolazione afghana”. E in questo senso ha fatto sapere di aver “già erogato all’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, ndr) il primo contributo di 250mila euro per far fronte all’emergenza umanitaria. Tutti ci aspettiamo un numero crescente di richiedenti asilo e migranti dall’Afghanistan. Questo è un problema che non possiamo non affrontare insieme alla comunità internazionale. Dobbiamo definire una politica e una risposta comune in questo senso. Non esistono soluzioni nazionali per un problema di tale portata”.