Madeleine: una data, un ricordo, un personaggio - La rubrica del venerdì de ilfattoquotidiano.it: tra cronaca e racconto, i fatti più o meno indimenticabili delle domeniche sportive degli italiani
Rovistare nei ricordi non è mai esercizio privo di rischi: vita vissuta tra le mani, sì, e per questo si crede di padroneggiarla tutta, quella vita. Ma non è così: e magari quel taglio di capelli discutibile era stato dimenticato, come quel maglioncino decisamente improbabile e così via. Ricordi rimossi, più o meno volontariamente, ché vent’anni sono un’era geologica ormai. E lo sono ancor di più nel calcio, per chi oggi si pavoneggia rimirando le più grandi stelle dell’universo pallonaro. C’è Messi, che basta da solo, e dall’altro lato Neymar che buttalo via, e poi Mbappè, e poi Hakimi e Sergio Ramos e Di Maria e Wijnaldum… una squadra pazzesca.
Ma magari, crogiolandosi sul proprio status, dal cesto dei ricordi viene fuori che esattamente vent’anni fa al posto di Messi c’era Jay Jay Okocha, per carità, mica male, e al posto di Neymar… Aloisio, al posto di Hakimi tal Parracho… e poi Pochettino, Heinze, Domi, Dehu… al massimo un giovane Anelka. Ed esattamente vent’anni fa, il 20 agosto del 2001, il Psg giocava una finale europea, vincendola stavolta… ma a fatica, e contro un’italiana. Champions? Supercoppa Europea? No, Intertoto, e contro il Brescia di Carletto Mazzone. Già, nel cesto di ricordi ci sono i dribbling bellissimi ma effimeri di Jay Jay, ma non i soldoni del Qatar. E in quel periodo la Ligue 1 era un affare a tre fra Monaco, Nantes e Bordeaux, con il Psg doveva accontentarsi di un piazzamento, neppure troppo onorevole, per entrare in Europa dalla porta di servizio.
Per il Brescia, invece, quella partecipazione era il coronamento di un sogno: un sogno targato Roby Baggio e Carletto Mazzone, con un settimo posto a pari punti coi rivali dell’Atalanta. Sarebbero stati i bergamaschi, in realtà, ad aver diritto a partecipare all’Intertoto, ma rinunciano: e allora il presidente Corioni, mister Mazzone (che l’Intertoto già l’aveva vinto col Bologna tre anni prima) e Roby Baggio decidono che sì, vale la pena provarci. Tanto le Rondinelle possono cominciare a metà luglio, al terzo turno, in virtù del posizionamento Uefa dell’Italia. Con qualche difficoltà il Brescia arriva in finale, dopo aver superato gli ungheresi del Tatabanya e i cechi del Chmel Blasny.
E in finale c’è il Psg del coach Luis Fernandez: una squadra con buoni elementi, come i centrali argentini Heinze e Pochettino, il fantasista Okocha e la giovane promessa Nicolas Anelka… ma modesta in fin dei conti. E l’andata dice che il Brescia può sognare: a Parco dei Principi la difesa di Mazzone, con Petruzzi, Calori e Bonera non lascia passare nulla. Lo zero a zero finale fa pensare che il sogno sia possibile. E sembra a portata di mano quando al ritorno – al Rigamonti – Filippini va vicino al gol, con le Rondinelle che tengono in mano il pallino del gioco praticamente sempre. Ma a venti minuti dalla fine Aloisio, anonimo centravanti brasiliano, porta il Psg avanti. Baggio conquista e segna un rigore, ma gli assalti finali dei bresciani non sortiscono effetti: in coppa Uefa finisce il Psg per il gol segnato in trasferta.
Per i francesi sarà l’ultima finale europea, prima di quella di Champions contro il Bayern dello scorso anno: ricordo di altre epoche, di quelli che magari suscitano un divertito imbarazzo oggi, con i parigini superpotenza del calcio. All’inverso il Brescia, che due anni dopo avrebbe ritentato l’avventura Intertoto con De Biasi, eliminata dal Villareal: oggi, con le Rondinelle in B da diverse stagioni, ripensare a Roby Baggio, a Carletto Mazzone e a quando per poco si vinceva una coppa europea contro il Psg, è un esercizio decisamente dolce.