La presidenza Biden rischia di passare alla storia come quella implosa nell’intervallo di tempo più breve. Dopo meno di otto mesi alla Casa Bianca la disfatta in Afghanistan ha travolto le ambizioni dell’uomo che voleva passare alla storia come il Roosevelt del XXI secolo.

La credibilità in politica è fungibile. Un leader che ha subito una batosta su scala planetaria difficilmente riuscirà ad esercitare il suo ruolo guida anche in altri ambiti. Ad ogni uscita, ad ogni discorso, ad ogni conferenza stampa, ad ogni incontro internazionale per gli americani rappresenterà la personificazione dell’umiliazione. Il “loser” per antonomasia, che per l’opinione pubblica a stelle e strisce è la peggiore etichetta immaginabile (peggiore persino di “liar”, bugiardo). Soprattutto per i militari e i veterani che in America sono circa 20 milioni (senza contare le loro famiglie) che vivono lo smacco militare come un’infamia.

Senza contare che se i talebani, o chi per essi, dovessero catturare degli ostaggi occidentali gli Usa rivivrebbero l’angoscia di Teheran nel 1979. Il parallelo con Jimmy Carter diventerebbe plateale come quello tra Saigon e Kabul.

Persino i media come Cnn, il New York Times e il Washington Post, che avevano tirato la volata per Biden contro Trump, ora lo attaccano senza misericordia. Mentre le interviste rilasciate a giornalisti amici (spesso attivisti) come George Stephanopoulos (ex portavoce di Clinton) producono solo ulteriori dileggi.

L’agenda di politica economica, dalle infrastrutture al welfare, dal New Green Deal all’immigrazione, risentirà di questo clima da ultima spiaggia. Le immagini da Kabul stanno esacerbando gli altri fiaschi che finora l’elettorato aveva tollerato: l‘inflazione che colpisce pesantemente le tasche della classe media e la disastrosa gestione del flusso di immigrati alla frontiera col Messico. Nel frattempo le peripezie del figlio Hunter stanno tornando alla ribalta con il suo laptop che rivelerebbe una miniera di faccende imbarazzanti, di rapporti con prostitute e affari non esattamente puliti.

E’ probabile che per provare a far galleggiare la nave del partito Democratico in vista delle elezioni di Midterm del 2022, alcune teste di primo piano nel governo dovranno cadere rovinosamente. Al Dipartimento di Stato e al Pentagono si odono gli scricchiolii di poltrone. Ma i capri espiatori raramente salvano il Capo. Come ha ribadito anche Biden nel suo stralunato discorso alla Nazione dopo la rotta dell’esercito: “The buck stops here“. Precisamente sulla sua scrivania nell’Oval Office.

Per questo le percentuali negli indici di popolarità precipitano, come i corpi dei disperati dagli aerei in decollo da Kabul.

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