di Franco Failli

Il riscaldamento globale ci ha lessati ben bene tutti quanti, ma adesso, a mente fredda (oddio, fredda… diciamo freschina!) ci possiamo rendere conto che i terribili aumenti di temperatura hanno avuto e continueranno ad avere conseguenze dirette e immediate sulla vita di tutti noi. Vediamone alcune.

Tanto per cominciare, le alterazioni climatiche ci rendono già ora quasi impossibile godere di un bel cono gelato, degustato con calma passeggiando: chi non è in grado di deglutire in meno di dieci secondi tutto il gelato che corona nobilmente il capiente supporto biscottato, si ritroverà una mano e un avambraccio glassati al gusto malaga, bacio, puffo o chissà cos’altro, a seconda delle golose scelte fatte al momento dell’ordine. Non sono ancora note le statistiche sull’aumento di fratture di caviglie, femori e bacini di tutti quelli scivolati sui resti delle suddette colate rimasti sui marciapiedi, ma si temono numeri inquietanti.

Il sole implacabile che rende necessario l’uso dell’ombrellone anche per gli iguana già abbronzati sta causando lo spopolamento delle scogliere, una volta vivacizzate dai rettangoli variopinti degli asciugamani dei bagnanti più rudi. Però adesso stendersi al sole sul sasso rovente, con la sola intercapedine di un velo di spugna, è diventato l’equivalente di una sosta sul grill. E piantare l’ombrellone dentro blocchi di arenaria o granito tipo “spada nella roccia” è ostico per quasi tutti gli italiani. La conseguenza prevedibile sarà l’abbandono delle scogliere da parte di tutto un popolo di futuri disabili ai virtuosismi del nuoto, che difficilmente si apprendono quando un comodo e soffice fondale sabbioso staziona stabilmente a poco più di un metro di profondità, sotto i piedi poco atletici dei diguazzanti frequentatori di pur ameni stabilimenti balneari.

Ma il mare, si sa, è traditore, e prestazioni natatorie anche sofisticate e prolungate potrebbero essere richieste in caso di repentini mutamenti meteo, anch’essi resi frequenti e rabbiosamente aggressivi dalle bizzarrie climatiche. Aspettiamoci quindi un aumento delle emergenze e delle richieste di soccorso sulle spiagge, per fronteggiare le quali sarà opportuno raggrupparsi (ma non troppo vicini, e tutti con la mascherina!) in comitati per chiedere il rafforzamento della Guardia Costiera e la distribuzione gratuita di salvagenti a cura del governo centrale (che tutto vede e che a tutto provvede).

Ma a fronte di queste sciagure, come sempre esiste anche chi è favorito dalla sorte. Parlo dei produttori e venditori di ciabatte da spiaggia. Fino a poco tempo fa considerate merce di scarso valore e conseguente limitato profitto, esse erano, e ancor sono talvolta, relegate e malamente pigiate in dozzinali scaffalature negli empori delle località balneari. Capita anche di trovarle appese in guisa di miserrimi trofei a rastrelliere poste sotto un sole cocente, che provoca la morte commerciale per scolorimento progressivo delle paia più esposte. Raggiunta tale disgraziata condizione esse sono talvolta appioppate, ormai invendibili, in omaggio ai genitori acquirenti di palette e secchielli che sono ad essi venduti, di converso, al prezzo di una attrezzatura da tagliatore olandese di diamanti.

Tutto ciò presto apparterrà al passato. Infatti le temperature da altoforno che saranno raggiunte dalla sabbia dei nostri lidi renderanno impossibile l’uso delle care vecchie ciabatte di plasticaccia, e apriranno la strada a suole e tomaie in kevlar anticalore e antiradiazione, sul modello delle calzature utilizzate dagli astronauti americani per lo storico sbarco sulla Luna. Il costo di un paio di tali “ciabatte” sarà quindi tale da richiedere, per i meno abbienti, l’accensione di un mutuo, ed il loro acquisto garantirà quindi introiti lauti e stabili a quei commercianti che fino ad ora erano invece abituati a vedere iniziare i propri affari a giugno e concludersi ignominiosamente a settembre.

Ma siamo solo all’inizio. Ne vedremo delle belle! (O delle brutte…)

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