I campioni d’Italia, smantellati. Le sfidanti, praticamente immobili. Tutte le altre non pervenute. L’Inter vende Lukaku, la Juve cerca in ogni modo di liberarsi di Ronaldo, nessuno fa mercato. Non ci sono acquisti, le trattative si trascinano stancamente per settimane per risparmiare pochi spiccioli. Le big cercano tutte, chi più chi meno, chi meglio chi peggio, di sopravvivere, figuriamoci le piccole. Ricomincia la Serie A, la Serie A dei miserabili. Il campionato più povero di sempre.

Ci sarebbero tante aspettative per la stagione alle porte. Potrebbe essere il campionato della rinascita, dopo il trionfo azzurro agli Europei, la riapertura (parziale) degli stadi e la luce in fondo al tunnel della pandemia. Invece questo sarà soprattutto il campionato del Covid, inteso come la prima stagione in cui il coronavirus farà sentire davvero i suoi effetti. Certo, due anni fa abbiamo avuto un torneo interrotto per lockdown e finito in estate, evento praticamente irripetibile nella storia. Abbiamo vissuto un’intera stagione surreale a porte chiuse, tra contagi nelle squadre, tamponi sospetti, rinvii e ricorsi. Ma fino ad oggi le squadre di Serie A avevano sostanzialmente provato a fare finta di nulla, convivere con l’epidemia, giocare come se nulla fosse. E in parte ci sono anche riuscite. Ora però i nodi sono venuti al pettine, della crisi per il coronavirus e degli errori precedenti.

Definire la Serie A un campionato fallito sarebbe forse eccessivo, o almeno prematuro, ma è indubbio che i club italiani attraversino il momento più drammatico degli ultimi decenni. Quanto successo all’Inter, passata nel giro di poche settimane dai festeggiamenti per il titolo all’addio di Conte, Hakimi e Lukaku, i tre uomini simbolo del 19esimo scudetto, è sotto gli occhi di tutti. Ma non è che le altre stiano troppo meglio: la crisi è totale, generalizzata. A livello europeo ed in particolare in Italia. Le società sono dissanguate dal Covid (ma anche dai debiti accumulati quando non c’era nessun virus in circolazione e con le plusvalenze pazze si nascondeva la polvere sotto al tappeto). Salvo rari casi virtuosi, l’unica, vera differenza è tra chi ha una proprietà che può e vuole coprire con aumenti di capitale le voragini in bilancio e chi no. Per questo, almeno fino ad ora, abbiamo assistito a un mercato letteralmente paralizzato, dove i più fortunati sono quelli che riescono a non vendere, gli acquisti si vedono con il contagocce, di grandi colpi neanche l’ombra.

In un campionato così non ci sono favoriti. Dovendone trovare uno, finisce per essere il solito di sempre. Si dice che i campioni uscenti partono come la squadra da battere, ma è davvero difficile considerare l’Inter come tale, visto che i nerazzurri non sono più la stessa formazione dell’anno scorso: hanno cambiato allenatore, perso i due giocatori migliori. Questo non vuol dire che non potranno essere competitivi, l’intelaiatura è comunque di prim’ordine. Ma forse ancora una volta davanti a tutti ripartirà la Juventus, anche solo per il fatto di non aver toccato l’organico – con l’aggiunta di Locatelli in mezzo al campo – e ritrovato Allegri in panchina, in attesa di capire cosa ne sarà di Ronaldo. A Torino sperano che basti tornare al passato per vincere e potrebbe anche essere vero.

È una situazione di generale livellamento verso il basso e mai come stavolta tanti potrebbero ambire allo scudetto, se non fosse che ad oggi non c’è una squadra in Serie A convinta di essersi migliorata. Perché se l’Inter si è certamente indebolita, nessuno si è davvero rinforzato, nemmeno i pochi con i conti più sani, o meno pericolanti, questione di punti di vista. Prendiamo l’Atalanta, ad esempio, che ha il gioco più bello, una società virtuosa, tutto per provare finalmente a vincere: gli orobici sono oggi la realtà migliore del calcio italiano, ma in estate hanno comunque ceduto Romero, perché questa è la filosofia del club, abituato a vendere i pezzi pregiati e fare investimenti sempre intelligenti. Oppure il Milan, che col ritorno in Europa ha speso, ma perdendo a zero Donnarumma e Calhanoglu ad oggi è ancora inferiore alla formazione che a maggio ha riconquistato la Champions.

E ancora. Il Napoli ha scelto Spalletti, una garanzia, ma praticamente non ha fatto mercato. La Lazio ha convinto Sarri, ma non gli ha consegnato la squadra di cui ha bisogno per il suo gioco. La Roma forse è l’unica eccezione: la nuova proprietà americana dei Friedkin si è presentata con tante ambizioni e pure soldi, ha portato Mourinho e Abraham, il colpo più costoso della storia giallorossa, ma nonostante un budget da quasi 100 milioni non sono questi gli acquisti che cambiano la faccia di una squadra da un giorno all’altro. Nessuno in Serie A, in questa Serie A, può più permetterseli. Alla fine non è detto che ne venga fuori un campionato meno bello, appassionante, combattuto. Sicuramente sarà più povero.

Twitter: @lVendemiale

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