C’era questo ragazzo calabrese, anzi un omone, nella sua casetta, sul suo tavolo della cucina, la sua acqua minerale sempre a portata di mano, il suo bicchiere, la telecamera fissa, un intro diventato un marchio, “cari amici followers”: si rivolgeva così a ogni inizio di trasmissione ai suoi spettatori (lo seguivano in oltre 500mila nel suo ultimo periodo di attività). Da qualche anno questo omone, capelli rasati e una piccola montatura di occhiali che sollevava ogni tanto sul naso, aveva scoperto Youtube e a un certo punto decide di aprire “Youtubo anche io”.

Inizia a esplorare il mezzo, i suoi primi lavori si intitolano: Canto sprint del mio piccolo bengalino, il mio Gigio da vicino, Addio mia Fiat Seicento con 535mila km tutti da me percorsi, Room tour: il mio primo Room tour, Unboxing: il mio primo unboxing, Auguri di un felice anno nuovo… E così via. Sono i suoi primi tentativi in cui si confronta con la piattaforma, testandosi con i generi classici tra cui l’apertura di un pacco per scoprire insieme agli spettatori il contenuto o il tour in cui mostra agli utenti la sua cameretta. Ma non è attraverso questi video di stampo più tradizionale che ad un certo punto diventa famoso. Festeggia i suoi primi 150 followers con un video ironico (150 la gallina canta), da lì in poi inizia la sua escalation con i primi video in cui condivide i pasti con gli utenti, in gergo “mukbang”.

Sono queste le performance che lo porteranno ad avere in poco tempo mezzo milione di followers e spingeranno i giornali on line a occuparsi di lui, e così che ho conosciuto “Youtubo anche io”. L’altro giorno ho scoperto, come voi che mi state leggendo, che è morto a 42 anni nella sua Calabria in una clinica di Belvedere Marittima e si chiamava Omar Palermo.

Era un ragazzo molto educato, con delle fragilità su cui più o meno consapevolmente aveva costruito il suo racconto. Non sono amante di video strani su internet, ma nell’ascoltarlo c’era qualcosa di ipnotico, la sua pacatezza nel parlare, i suoi modi gentili da persona d’altri tempi, il suo corretto e impeccabile italiano, le sue digressioni storiche e i ricordi scolastici, mi piaceva sentirlo raccontare la Calabria (che è anche un po’ mia, visto che sono del sud della Lucania e mio nonno era calabrese).

Il suo era un racconto intimo ma dimostrava di essere una persona speciale, e i milioni di messaggi di cordoglio che in queste ore hanno invaso il web dimostrano l’affetto che era riuscito a conquistarsi al di là dei meri numeri degli iscritti al canale (che in queste ore sono arrivati a 650mila, c’è un passaparola in rete che vuole regalargli 1 milione di followers).

Voglio lasciargli anche io un ultimo messaggio: “Ciao Omar, hai vinto, perché in un mondo di finzione, di vanagloriosi, di improvvisati esperti di qualcosa, di influencer che comunicano il nulla assoluto, tu eri semplicemente te stesso e così ti sei mostrato, e così le persone hanno imparato a volerti bene, anche chi non ti conosceva e sta scoprendo i tuoi video solo ora. Ciao amico Youtubo”.

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