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Chiara Appendino e il post sulla gravidanza che fa riflettere: “Quante donne possono diventare madri consapevoli che avranno risorse e garanzie?”

La prima cittadina ha raccontato la sua esperienza in un lungo post su Facebook, condividendo anche dettagli intimi del suo diventare mamma. Ma ha anche messo in guardia sui problemi che milioni di donne devono affrontare durante la gravidanza

di F. Q.
Chiara Appendino è ormai arrivata al settimo mese di gravidanza. La sindaca di Torino ha ormai messo su una bella pancia e sui social ha voluto condividere questo momento intimo, scrivendo un post in cui racconta in prima persona quest’esperienza. Ma non solo. La prima cittadina M5s, ha voluto anche raccontare la realtà di milioni di donne italiane, meno fortunate di lei, che non sempre possono vivere l’esperienza della maternità serenamente.

Il pancione, scrive la sindaca, “che negli ultimi mesi si è fatto via via più ingombrante, mi tiene buona compagnia”, e Andrea (questo il nome scelto per il bimbo in arrivo) “con qualche calcio ben assestato, si sincera che abbia sempre ben chiara la sua presenza”. Il settimo mese si fa sentire. “Mi stanco più facilmente – confessa la Appendino – spesso non riesco ad avere una buona qualità del sonno e, come è normale che sia, devo prestare particolare attenzione all’alimentazione e alle attività che svolgo durante la giornata”. Non tutte le gravidanze, però, sono uguali. E la prima cittadina ne è consapevole. “Io vivo la gravidanza come una bella esperienza, ma non è detto che sia così per tutte le donne. Ognuna la vive a modo suo – dice ancora – C’è chi la rifarebbe subito dopo il parto e chi invece non ne vuole mai più sapere. Non esiste il giusto e sbagliato, e non possono esistere giudizi”. L’esperienza, spiega, è intima e profonda e per questo “esclusivamente personale”.

L’esponente del Movimento, quindi si apre ancora, e racconta che lei sta continuano a lavorare. “Certo, bisogna fare i conti con le nausee dei primi mesi (chi le ha) e con alcune attività che portano ad affaticamento eccessivo che vanno evitate, ma diciamo che, nel mio caso, il 90% delle attività si possono portare avanti senza particolari problemi”. Per la Appendino, la gravidanza va “normalizzata”. Bisogna quindi “creare quella consapevolezza del fatto che essere incinte non significa essere malate – continua – Frase spesso scritta e detta ma raramente davvero interiorizzata”. Per questo, secondo la sindaca, la Legge che ha dato la possibilità alle donne di lavorare fino al nono mese “è un ottimo segnale”. Ma in Italia c’è ancora molta strada da fare e serve, secondo la sindaca, “cambiare il punto di vista sull’intera vita professionale della donna (ma anche degli uomini”, da vedere non più come una “scalata” ma piuttosto come un “cerchio” con un diametro che si allarga man mano con diverse esperienze “inclusa la maternità”.

Per poter cambiare visione sulla gravidanza, inevitabilmente, “servono strumenti normativi” e “un salto culturale” che ancora non c’è. È lo stato che deve garantire alla donna un accompagnamento durante tutta la maternità “a partire dai servizi di welfare”. Lei, dice, si sente fortunata perché ha potuto scegliere. “Ma quante donne, oggi, possono realmente autodeterminarsi, nella scelta di percorrere una gravidanza? Quante donne possono scegliere di diventare madri consapevoli che avranno risorse, garanzie e qualcuno su cui contare dopo la nascita del figlio?”, scrive.

E il post gravidanza “è un capitolo a parte”. Un neonato, infatti, “diventa un’assoluta priorità”, ma presto ” se sei sola, se non hai un posto di lavoro sicuro (e spesso anche se ce l’hai), se non hai qualcuno che ti supporti, psicologicamente e materialmente, quella che dovrebbe essere l’esperienza più bella ed emozionante della vita diventa la principale fonte delle tue paure”. Tutto, specifica la sindca, diventa difficile, anche chiedere un permesso al lavoro “ammesso che tu li abbia”. “Hai paura di non avere le risorse sufficienti in caso di problemi imprevisti. Hai paura di ammalarti perché non avresti chi ti potrebbe stare accanto. E potrei andare avanti ore”, dice ancora, augurandosi “un mondo dove ogni donna può vivere l’esperienza della maternità serenamente”. Un mondo “dove non debba vivere con preoccupazione le ripercussioni sulla propria carriera lavorativa, il ricatto di domande inopportune ai colloqui di lavoro o, peggio, di dimissioni in bianco. Dove il mondo del lavoro accetta la maternità per quello che è: un momento del tutto naturale dove la donna – a meno di condizioni particolari – è nelle sue piene facoltà per continuare a dare il suo contributo nelle attività professionali”. Quindi la sindaca conclude: “Vorrei un mondo dove ogni donna e ogni uomo hanno il diritto di diventare genitori in piena libertà, al riparo da ogni paura, con tutti gli strumenti normativi che uno Stato moderno può mettere a disposizione”.

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