“Un senso di affetto e di reverenza che fin da fanciullo nutro per Omero mi fa riluttante a parlare. Perché, a mio parere, il primo maestro (…) è stato lui. Ma d’altra parte non si deve onorare un uomo più della verità e, come dico, si deve parlare”. Questo passo del X libro della Repubblica di Platone mi è venuto in mente leggendo ieri l’articolo livoroso che ci dedica in prima pagina Il Foglio. Basta sostituire Omero con Sciascia e si ottiene la migliore risposta a chi ci accusa di gettare fango sullo scrittore di Racalmuto.
L’articolo è scritto da Valter Vecellio, che dell’amicizia con Sciascia ha fatto quasi una professione. Già presidente dell’Associazione Amici di Sciascia di cui è membro, autore di una biografia Leonardo Sciascia, la politica, il coraggio della solitudine, Edizioni Ponte Sisto, nonché di uno speciale tv (un po’ lento e verboso) andato in onda nel 2019 sul Tg2 e disponibile su Radio Radicale, Vecellio è insomma un giornalista ma prima ancora è un radicale e un amico di Sciascia.
Su Wikipedia si legge: “Dagli anni 2000 è un giornalista del Tg2, di cui è vice-caporedattore; è inoltre direttore del giornale telematico Notizie Radicali, uno degli organi ufficiali del movimento dei Radicali Italiani, direttore del Leonardo Sciascia Web, organo d’informazione dell’associazione Amici di Leonardo Sciascia (…) Il movimento radicale ha appoggiato, nel 2008, con scioperi della fame, anche l’idea che a Vecellio venisse affidato un programma fisso su Rai 2, dedicato unicamente ai diritti umani nel mondo”. La Rai non accontentò Pannella e compagni e così oggi Vecellio conduce su Radio Radicale il suo Diario di Iniziativa Radicale dove pontifica sul giornalismo scorretto e corretto, secondo lui.
Inoltre collabora con Il Riformista dell’editore Alfredo Romeo diretto da Piero Sansonetti. Con un simile curriculum non stupisce che nell’articolo Vecellio ci accusi di aver gettato fango su Sciascia insinuando una raccomandazione in suo favore. Addirittura il nostro piccolo scoop sarebbe la prova dell’esistenza di un “metodo Fatto”. Basta rileggere i due articoli, il mio e il suo, per apprezzare la differenza tra il metodo Fatto e il metodo Foglio.
Il Fatto fa giornalismo pubblicando un documento inedito e svolge un ragionamento giornalistico per contestualizzarlo senza infangare e insinuare. Il Foglio punta invece a polarizzare l’opinione dei lettori senza informarli. Si muove secondo il consueto schema del ‘noi contro loro’, tipico dei tifosi da curva, dei politicanti faziosi, degli “amici di….”, appunto.
L’articolo mette all’indice Il Fatto senza curarsi di dare al lettore gli elementi basilari del fatto inedito.
Il Foglio non riporta la lettera del Provveditorato all’assessore supplente della Regione Sicilia in cui si nomina Sciascia e il suo concorso. L’autore, ripete nel suo articolo il mantra che ha già recitato nel documentario e nel libro, cioè tutti gli insulti rivolti allo scrittore, da altri che nulla c’entrano con Il Fatto.
Questa sì è una tipica tecnica di chi insinua: si accosta un fatto vero (gli insulti di altri a Sciascia) a un altro fatto vero (il mio articolo sulla lettera che parla del concorso di Sciascia) per indurre nel lettore una connessione inesistente.
Il Foglio degli amici si appropria di Sciascia e lo usa per attaccare quelli che ritiene ‘I nemici‘ secondo uno schema preconcetto che sta nella mente di chi scrive.
Il Fatto, in questo schema ‘amici-nemici’ viene intruppato con quelli che hanno detestato e insultato Sciascia in vita e morte. L’inganno è il solito: appiattire l’intellettuale Sciascia sul radicale Sciascia riducendolo a un opinionista che attacca i professionisti dell’antimafia, peraltro sbagliando bersaglio. Mentre è possibile amare Sciascia senza condividere alcune sue posizioni sbagliate, in testa l’articolo scritto contro Paolo Borsellino sul Corriere della Sera.
Si può amare Sciascia, dunque, restando giornalisti e cercando di capire dove ha sbagliato nei suoi scritti e magari scovando pure un fatto inedito e dissonante con la sua biografia, senza essere considerati ‘professionisti dell’anti-Sciascia’.
Ricapitoliamo. Abbiamo pubblicato venerdì una lettera del 1948 scovata da un brillante storico-giornalista (Giuseppe Spallino) nell’archivio di un deputato regionale di Castelbuono Pietro Sapienza. La lettera svela un paio di fatti inediti:
Grazie a quel risultato Sciascia diviene maestro elementare a Racalmuto nel 1949. Grazie a quell’abilitazione scriverà sulla base della sua esperienza di maestro il suo Cronache Scolastiche per Italo Calvino che lo farà pubblicare su Nuovi Argomenti e verrà notato da Laterza che gli chiederà di ampliarlo fino a farne il suo primo romanzo: Le parrocchie di Regalpetra.
Non c’è traccia nell’archivio dell’assessore Sapienza della lettera del politico. La bozza della missiva del 5 ottobre 1948, citata nella risposta del 12 del Provveditorato, quella con la richiesta di informazioni su ‘Sciascia Leonarda di Pasquale’, non c’è. L’originale sarà sepolto forse in un archivio del ministero e quindi non sapremo mai con esattezza cosa abbia chiesto l’onorevole Sapienza al Provveditorato su Sciascia.
Come non sapremo probabilmente mai nemmeno chi e perché abbia chiesto all’assessore supplente Sapienza di interessarsi con il Provveditorato del concorso di Sciascia. Nell’articolo correttamente abbiamo scritto che non c’è traccia di raccomandazione perché nella lettera di risposta c’è solo la comunicazione del voto. E aggiungevamo che, visto l’errore sul nome, probabilmente Sciascia non conosceva nemmeno il politico. Sarà stato qualcun altro vicino allo scrittore, ipotizzavamo nell’articolo, a chiedere al deputato.
Resta il fatto che il Provveditorato di Agrigento comunica su carta intestata nell’ottobre 1948 l’esito del concorso di un solo candidato, Leonardo Sciascia, all’assessore supplente che una settimana prima gli aveva scritto riferendosi a tale “Sciascia Leonarda di Pasquale”. E resta sorprendente che un assessore eletto con l’Uomo Qualunque, un deputato regionale di destra che poi sarà eletto al consiglio comunale di Castelbuono con il Msi più volte, lontano politicamente e geograficamente da Leonardo Sciascia, abbia scritto al Provveditorato per conoscere l’esito del suo concorso. Che c’entra Sciascia, che viveva a 130 km da Castelbuono e si candiderà al con il Pci nel 1975 e con i radicali nel 1978, con il qualunquista e poi missino Sapienza? L’unico punto di contatto politico casuale tra i due è che entrambi quell’anno votarono monarchia al referendum. Punto.
Su questi fatti possiamo fare dei ragionamenti ipotetici: sappiamo che l’interessamento dell’assessore ci fu. Il senso dell’interessamento però non è chiaro.
Nella lettera non c’è nessun elemento per dire che Sapienza abbia scritto per raccomandare al Provveditorato Sciascia. Resta il fatto che la richiesta di informazioni di per sé è un segno di attenzione della politica per il candidato Sciascia. Non tutti i partecipanti al concorso magistrale B/6 del 1948 in Sicilia hanno avuto un assessore supplente che si informasse con il Provveditorato per loro.
A noi pare che quella lettera sia quindi un fatto piccolo e ancora da chiarire ma inedito e interessante perché riguarda un passaggio fondamentale della biografia di un personaggio rilevante della storia italiana.
Una notizia aperta e non chiusa. Un punto di partenza e non di arrivo.
Nell’articolo citavamo una coincidenza divertente: proprio Sciascia aveva scritto nel 1986 per L’Espresso un articolo dal titolo Mi manda Manzoni concernente due lettere dell’archivio di Alessandro Manzoni inerenti due raccomandazioni siciliane. Proprio per evitare fraintendimenti ricordavamo nel nostro articolo che nel carteggio su (e non di) Sciascia, a differenza di quello di Manzoni, non c’era traccia di una raccomandazione. Nessuna insinuazione. Nessun fango.
Solo fatti. Potevamo far finta di nulla per evitare di coinvolgere il nome di Leonardo Sciascia, un monumento della letteratura e del dibattito politico, in simili miserie. Abbiamo preferito seguire quanto diceva Platone su Omero: “Non si deve onorare un uomo più della verità e, come dico, si deve parlare”. I giornalisti ragionano così: amicus Sciascia sed magis amica veritas.