di Italia Nostra Marche
Sono passati ben cinque anni dagli eventi sismici che colpirono, il 24 agosto 2016 e nei mesi seguenti, l’Italia centrale con immensi danni in quattro regioni al patrimonio abitativo, ai beni culturali, alla potenzialità economica e alla stessa vivibilità di estese aree montane, senza dimenticare le circa 300 vittime e un numero ben più elevato di feriti.
Solo con l’arrivo del quarto Commissario Straordinario, Giovanni Legnini, nel febbraio del 2020, si è potuto apprezzare l’inizio della ricostruzione e lo sveltimento delle procedure e delle pratiche. Il rapporto che in questi giorni il Commissario sta per presentare cita più di 10 mila domande di contributo approvate su 20 mila presentate (a fronte di 80.000 edifici dichiarati inagibili solo nelle Marche) con la concessione di 2,7 miliardi di euro per la riparazione e la ricostruzione degli edifici danneggiati. Si riporta anche il numero di cinquemila edifici riparati con la consegna di circa dodicimila abitazioni e il rientro a casa di altrettante famiglie. Tale accelerazione si è potuta realizzare grazie all’arrivo non solo di finanziamenti ai privati ma anche, come detto, attraverso lo sveltimento delle procedure amministrative.
Con l’ordinanza n. 100 si stabilisce che i professionisti autocertifichino la congruità dell’intervento da un punto di vista urbanistico ed edile e, contestualmente, l’importo del contributo concedibile. Con l’ordinanza 101, definito opportunamente un elenco dei comuni maggiormente colpiti, si istituiscono i Programmi Straordinari di Ricostruzione che devono essere redatti dagli Uffici Speciali per la Ricostruzione su proposta dei comuni interessati. Questi autorizzano gli interventi di ricostruzione di edifici pubblici o privati, anche in deroga ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, a condizione che detti interventi siano diretti alla realizzazione di edifici conformi a quelli preesistenti quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico e configurazione degli esterni, fatte salve le modifiche planivolumetriche e di sedime necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, igienico-sanitaria e di sicurezza.
Tutto bene allora? No, perché molto è rimasto fermo per quanto riguarda il recupero dei centri storici. Con ordinanza commissariale n. 25 del 23/05/2017 si era infatti stabilito che “Fino all’approvazione dei piani attuativi non fosse autorizzata la realizzazione di alcun intervento diretto su edifici, aggregati o infrastrutture ubicati all’interno del perimetro individuato in attuazione della presente ordinanza.” Per questo i diversi nuclei antichi sono ancora oggi completamente chiusi o riaperti solo in piccole parti. Il punto debole della proposta risiedeva nella scarsa conoscenza del territorio in cui sono presenti, nella maggior parte dei casi, comuni dalle piccolissime dimensioni, con uffici tecnici sprovvisti delle competenze necessarie per redigere i piani, in base ad una legge urbanistica (per le Marche) ferma al 1992. Tant’ è che fino ad oggi si contano sulle dita di una mano i comuni che hanno in fase di approvazione i piani attuativi. Pertanto, gli interventi sui centri storici nel loro complesso sono in ritardo anche se adesso, con le citate recenti ordinanze, il Commissario Legnini ha sancito il superamento dei piani attuativi con i Piani Speciali per la Ricostruzione e pertanto man mano si dovrebbe sbloccare anche la ricostruzione dei centri storici.
Il secondo problema è rappresentato dalle verifiche degli abusi edilizi presenti ad oggi perché, certi della correttezza di tutti i professionisti impegnati, vi possono essere valutazioni importanti e legittimamente diverse tra tecnici privati e tecnici pubblici, tenuti a garantire la correttezza ad esempio strutturale, artistica, paesaggistica, catastale dei progetti, l’adozione di buone tecniche di progettazione e di esecuzione da assicurare con adeguati sistemi di autorizzazione e monitoraggio, a maggiore ragione nei progetti su edifici in cui sono presenti difformità e abusi da sanare. Sarà difficile che questi controlli possano essere effettuati, per i beni storici ed architettonici, da una soprintendenza regionale ridotta nel 2021 a poco più di 50 unità sulle 85 previste in organico, e dopo che il ministro Dario Franceschini ha avuto la geniale idea di aprire una seconda soprintendenza ad Ascoli per le Marche sud, senza assumere nuovi tecnici. Per i beni non vincolati i controlli saranno effettuati dagli Uffici Speciali per la Ricostruzione sul 20% dei progetti presentati, il cui personale deve però essere ancora stabilizzato.
Queste valutazioni vengono fatte senza entrare nel merito delle scelte effettuate e da effettuare e sono: come ricostruire gli edifici “dove era e com’era” tenendo presente gli studi di micro zonizzazioni sismiche successive al sisma; come gestire la sanatoria degli abusi edilizi realizzati in precedenza; come garantire la conservazione dello “spirito dei luoghi” (come afferma l’Unesco), messo a dura prova dagli anonimi scatoloni in legno dall’incerto futuro in cui sono state delocalizzate le attività originariamente nei centri storici; come identificare misure di ripresa che non siano progetti di colonizzazione economica estranei alla vocazione del territorio. C’è, infine, da tenere molto alta la attenzione al rischio delle infiltrazioni mafiose e della criminalità organizzata nei lavori della ricostruzione.
Si comprende, quindi, che ci sarà ancora molto da fare per completare la ricostruzione per almeno i prossimi dieci anni e l’invito a tutti gli amministratori è quello di avviare realmente processi decisionali (già definiti per legge) in cui siano presenti percorsi partecipativi ben evidenti, in maniera tale da offrire a tutti la possibilità di essere realmente informati e di poter offrire un proprio contributo: la ricostruzione necessaria del nostro entroterra va ben oltre la semplice ricostruzione degli edifici e proprio per questo ha bisogno di tutte le energie positive di questi territori.