Diritti

Yemen, la modella rapita dagli huthi rischia una lunga condanna

Entesar al-Hammadi ha violato il codice d’abbigliamento islamico, è una prostituta e spaccia droga.

In un paese devastato da oltre sei anni da un conflitto spaventoso, il gruppo armato huthi che controlla la capitale Sana’a e altri centri dello Yemen non ha trovato di meglio che accanirsi contro una modella ventenne già attrice di serie televisive, il cui unico reato potrebbe essere solo quello di essersi opposta alla cupezza e alle ossessioni dei fondamentalisti.

Rapita a un posto di blocco in una strada di Sana’a il 20 febbraio – nella perquisizione dell’automobile venne rinvenuta un po’ di marijuana – al-Hammadi è stata confinata nella sezione “prostitute” della prigione della capitale. Qui è stata continuamente molestata e sottoposta a insulti razzisti in quanto “mista”, di padre yemenita ma di madre etiope. È stata minacciata più volte di essere sottoposta a un test di verginità ed è stata costretta a firmare una dichiarazione mentre era bendata.

Il processo è iniziato l’8 giugno e tra le prove della “indecenza” dell’imputata sono state incluse fotografie pubblicate online in cui appare senza il velo. Sull’equità e la correttezza del procedimento non c’è da fare il minimo affidamento: un procuratore che aveva disposto la libertà su cauzione è stato sostituito, all’avvocato Khaled Mohammed al-Kamal è stato imposto di non rilasciare interviste agli organi d’informazione nazionali e internazionali e dunque le notizie arrivano con difficoltà.

Del resto, il giudice che presiede il processo, Osama al-Junaid, è un fedelissimo degli huthi ed è noto per aver condannato un ladro al taglio della mano. Al-Hammadi, che si dichiara innocente e sostiene che il suo rapimento sia stato un atto di ritorsione dopo che aveva rifiutato di collaborare con gli huthi, potrebbe essere condannata a una lunga pena detentiva.

Alla perdita di forza militare e di consenso politico, gli huthi stanno reagendo intensificando ancora di più la stretta moralizzatrice nelle aree sotto il loro controllo, dove ormai sono vietati i matrimoni e l’unica musica consentita è quella religiosa o tradizionale.