Prosegue a colpi di dimissioni lo scontro sulla nomina a direttore dell’Archivio centrale dello Stato di Andrea De Pasquale: dopo quelle di Tomaso Montanari dal Consiglio Superiore dei Beni culturali, arrivano quelle di Diana Toccafondi dall’Associazione nazionale archivisti italiani (Anai) e dal Comitato tecnico scientifico dello stesso organismo. Studiosa stimata, titolare di molti incarichi durante la sua lunga carriera, ora proprio non ci sta: primo perché “la nomina di un bibliotecario (questa è infatti la qualifica di De Pasquale) nell’unica posizione di dirigenza generale restituita agli archivi nel 2019 – scrive in una lettera ai membri dell’Anai – segna un gravissimo passo indietro e suona come un ennesimo, inaccettabile e temo irrecuperabile deprezzamento della professione e delle sue specificità”.
Toccafondi fa una critica a tutto campo: innanzitutto, a suo dire, la nomina del ministro Dario Franceschini svilisce la professione di archivista e non rispetta le caratteristiche di chi deve guidarne l’organo supremo, l’Archivio Centrale. Cioè “preparazione storico-istituzionale, la formazione tecnico-scientifica e l’esperienza maturata sul campo per gestire la documentazione delle istituzioni dello Stato e rapportarsi in modo indipendente e autorevole con questi soggetti; e neppure di avere la statura deontologica e civile (e la sensibilità democratica) per trattare quella difficile, sensibilissima e talvolta opaca materia documentaria che spesso è stata infettata dalla cancrena che ha inquinato la storia d’Italia e le sue opache trame”; poi non le manda a dire alla sua stessa Associazione con un duro atto d’accusa per il silenzio fin qui avuto – “di che avete paura?” – per tornare infine alla questione ormai bene nota: “Le modalità con cui venne accolta e gestita dal De Pasquale la donazione dell’archivio e della biblioteca di Pino Rauti non è – come vorrebbero far credere le giustificazioni di parte e le dichiarazioni dello stesso Ministro – uno “scivolone” comunicativo (basta una ricostruzione onesta e documentata dei diversi episodi collegati alla vicenda per rendersene conto), ma la dimostrazione di una preoccupante carenza di sensibilità professionale, istituzionale e civile (che, se vi fosse stata, avrebbe dovuto portare il dirigente a mantenere un profilo super partes e ad inscrivere la donazione in una corretta cornice storico-critica, cosa che non ha mai fatto)”.
Insomma un j’accuse autorevole che rinfocola il dibattito che sembra non essere stato chiuso dalla decisione del ministro di ribadire la sua scelta. Infatti, le Associazioni dei familiari delle vittime ribadiscono con fermezza la loro protesta e oggi si è aggiunta una firma importante della società civile, quella del presidente di Libera Don Luigi Ciotti, alla lettera da loro inviata al presidente Mario Draghi nella quale si chiede di bloccare la nomina di De Pasquale – che lui dovrà ratificare. La partita è ancora aperta.