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L’Afghanistan possibile laboratorio per testare l’intesa Talebani-Iran: dagli accordi del 2015 alla “fiducia limitata” sui diritti degli Hazara

Il Paese controllato dai Talebani appare un potenziale laboratorio per inaugurare relazioni diverse tra le due facce dell'Islam. Prima dell'invasione americana il movimento era un feroce nemico di Teheran: gli accordi raggiunti a fatica con il generale Qassem Soleimani per ora sembrano reggere, ma secondo alcuni è solo questione di tempo prima che l'odio torni a galla

Sunniti e sciiti metteranno da parte l’odio atavico che li divide da tredici secoli e che in passato (e anche nel presente) ha generato immani massacri, feroci guerre, vendette, fatwe e maledizioni? L’Afghanistan ora controllato dai Talebani appare un potenziale laboratorio per inaugurare relazioni diverse tra le due facce dell’Islam. Negli ultimi decenni gli allineamenti strategici e le alleanze politiche mediorientali si sono modellate lungo la linea di faglia settaria che separa un gruppo dall’altro. Un processo perfettamente visibile nei principali teatri d’instabilità regionali, come Siria e Iraq, e incarnato nella decennale contrapposizione tra l’Arabia Saudita sunnita e l’Iran sciita. Ma la situazione è cambiata: se tra Teheran e Riyad è in corso una distensione improntata alla cautela, un disgelo che appare più concreto esiste tra gli ayatollah iraniani e i leader talebani, sancito dall’incontro fra l’allora ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e il capo politico talebano Mullah Abdul Ghani Baradar a Teheran, lo scorso 31 gennaio.

Le rassicurazioni dei Taliban – L’ultima volta che i Talebani hanno avuto il controllo di Kabul, prima dell’11 settembre e dell’invasione statunitense del 2001, il gruppo era un feroce nemico della Repubblica islamica dell’Iran. Ma le cose sono cambiate e ora Teheran non ha intenzione di lasciare che gli accordi duramente conquistati negli ultimi anni siano compromessi, in particolare ora che i Talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan e si stanno preparando a ripristinare le relazioni in tutta la regione. Sebbene le vere intenzioni dei nuovi governanti nei confronti degli sciiti afghani restino da vedere, l’Iran ha ricevuto assicurazioni che la minoranza sciita degli Hazara sarà protetta. E sta inviando ai propri alleati – le milizie sciite irachene – il messaggio che le persecuzioni del passato non si ripeteranno, almeno per ora.

L’alleanza durante l’invasione sovietica – Fu Qassem Soleimani, il comandante delle Forze di élite iraniane assassinato dagli Usa all’aeroporto di Baghdad nel 2020, a stringere personalmente accordi con i Talebani fin dal 2015. Il rapporto dell’Iran con il movimento risale a decenni fa e ha sempre vacillato tra ostilità e alleanza. Sebbene i Talebani siano emersi solo nel 1994, i loro predecessori avevano stretto anche legami duraturi con il Paese vicino occidentale dell’Afghanistan. Durante l’occupazione sovietica, gli iraniani avevano sostenuto il Movimento di resistenza islamica in Afghanistan, inviando ufficiali della Guardia rivoluzionaria oltre il confine per addestrare e consigliare i mujaheddin afgani, alcuni dei quali si sarebbero poi uniti ai Talebani. Il generale Soleimani è stato tra questi fino alla fine degli anni ’90. Nel 1998, però, il patto tra Iran e Talebani si è spezzato di netto, dopo che il gruppo fu accusato di aver ucciso dieci diplomatici iraniani e un giornalista in Afghanistan. La violenta repressione da parte dei Talebani della minoranza sciita afghana, gli Hazara, il terzo gruppo etnico del Paese, diffuso nelle regioni centrali e che rappresenta un quinto della popolazione, ha ulteriormente inasprito i rapporti.

Gli accordi del 2015 – Ma quando nel 2015 una delegazione di leader Talebani visitò Teheran per discutere l’apertura di un ufficio politico, quello fu il segnale che si era cominciato a voltare pagina. Gli accordi che ne seguirono, ispirati dal generale Soleimani, includevano molti elementi: impedire l’istituzione di basi militari statunitensi vicino al confine iraniano, fermare il contrabbando di droga nella regione del Golfo attraverso l’Iran, aumentare il livello degli attacchi contro le forze statunitensi schierate in Afghanistan e fermare completamente gli attacchi contro gli afghani sciiti. In cambio, l’Iran promise di fornire supporto finanziario e tecnico illimitato ai Taliban. Inviò ufficiali della Guardia rivoluzionaria per addestrare e consigliare i combattenti e permise loro di stabilire campi e rifugi sicuri per i leader del gruppo all’interno del confine iraniano. Da allora, i Talebani non hanno più preso di mira gli sciiti: tutti gli attacchi contro di loro sono stati attribuiti a milizie qaediste ancora attive.

Fiducia limitata – Oggi le piattaforme mediatiche iraniane perpetuano l’idea che i Talebani siano cambiati, moderati e che non minacceranno gli sciiti come hanno fatto in passato. La campagna sui media mette l’accento sul nemico comune: la vittoria dei Talebani è una sfacciata sconfitta per gli Stati Uniti e una vittoria per l’Islam. Dalla scorsa settimana i Talebani hanno cercato di inviare messaggi di rassicurazione alle comunità sciite nelle principali città in cui hanno sede, in particolare Kabul, Mazar-i-Sharif, Ghazni e Kandahar. I leader sciiti hanno ricevuto garanzie dalla Repubblica islamica dell’Iran che i Talebani non li avrebbero attaccati in cambio del loro impegno alla calma e alla non resistenza. A Mazar-i-Sharif, i combattenti talebani sono entrati nella provincia rispettando un accordo supervisionato dall’Iran. Teheran ha anche ordinato ai combattenti del partito Hazara al-Wahdat, che facevano parte delle forze antiterrorismo ufficiali afghane, di ritirarsi a favore dei talebani, ma mantenendo le armi fino a nuovo avviso. Una fiducia chiaramente limitata.

I Talebani sceglieranno la via pragmatica o radicale? – I leader dei talebani si sono sforzati di proiettare un’immagine secondo cui il gruppo è molto più tollerante e inclusivo di quanto non fosse in precedenza. Tuttavia, stanno già emergendo rapporti secondo cui i suoi combattenti stanno effettuando epurazioni e prendendo di mira donne, giornalisti e persone associate all’Occidente. Difficile prevedere se la corrente più pragmatica e dialogante prevarrà nei prossimi mesi su quella più radicale e vicina all’ideologia di gruppi come al-Qaeda o Isis e se il Mullah Abdul Ghani Baradar – il capo politico talebano – abbia davvero il controllo delle sue forze, se i suoi ordini saranno eseguiti. Sono in molti a ritenere che queste nuove “alleanze” siano solo tattiche, che i Talebani non potranno fingere a lungo di poter adottare comportamenti incompatibili con la loro ideologia, ed è solo questione di tempo prima che mostrino il loro vero volto e l’odio vecchio di 13 secoli torni di nuovo a galla.