Solo negli ultimi 8 mesi in fiamme un territorio pari a Roma, Milano e Napoli insieme. Bonelli: "Prodotto di una politica senza scrupoli che ha cancellato il Corpo Forestale e ha privatizzato de facto la flotta canadair". Tutti i dati del rapporto del partito ambientalista
Dall’inizio dell’anno ad oggi sono più di 150mila gli ettari di bosco in Italia che sono andati a fuoco, “una superficie pari a quelle di Roma, Milano e Napoli messe insieme”. I dati sono forniti dell’European Forest Fire Information System (Effis) della Commissione europea, che fornisce informazioni sugli incendi a partire dal 2008 e sono ripresi in un dossier su incendi e desertificazione presentato da Europa Verde. “La situazione è gravissima – sottolinea il co-portavoce del partito ambientalista, Angelo Bonelli – ed è figlia di una politica senza scrupoli che, anziché puntare sul controllo e la prevenzione ha semplicemente pensato di ignorare il problema, cancellando una risorsa preziosissima come il Corpo Forestale dello Stato e privatizzando de facto la flotta di canadair. E ancora il governo rimane silente: non dice che vuole fare mentre il patrimonio boschivo dell’Italia viene distrutto dalla furia del fuoco e dalla furia criminale”. Ma il fatto grave – ribadisce Bonelli – è che che ben il 44% dei comuni non ha fatto richiesta per il catasto degli incendi “che sarebbe uno strumento per la salvaguardia del territorio e che non viene sufficientemente utilizzato, con i dati fermi e non aggiornati per anni”.
Il dato più significativo è senza dubbio quello che riguarda la Sicilia: “Solo dall’inizio del 2021, oltre 78mila ettari sono bruciati, pari al 3,05% della superficie della regione”. Ma anche in Sardegna “20mila ettari sono bruciati causando l’evacuazione di centinaia di persone”. Secondo le stime dell’Effis serviranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi e la macchia mediterranea “distrutti dalle fiamme che hanno raggiunto pascoli, ulivi, capannoni, fienili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli ma anche ucciso animali ed è calamità con danni incalcolabili all’agricoltura negli oltre 20 mila ettari andati a fuoco, come emerge da un monitoraggio della Coldiretti”.
Dunque, dati alla mano, un quinto del territorio nazionale è a rischio desertificazione. Per l’esattezza in “Italia il 10% del territorio è molto vulnerabile”. Nella distribuzione territoriale – si legge nel report – la regione messa peggio è la Sicilia che ha ben il 42,9% della superficie regionale colpita, seguita da Molise, Basilicata (24,4%) e dalla Sardegna (19,1%). Secondo il Cnr, le aree a rischio sono il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%, dati che indicano che il 20% del territorio italiano è in pericolo di desertificazione.
Inoltre nel dossier si legge che il cambiamento climatico “sta letteralmente divorando il territorio” a causa delle siccità prolungate, delle violente e improvvise precipitazioni e dell’aumento repentino delle temperature che innescano processi come “l’erosione delle coste, la diminuzione della sostanza organica dei terreni (anche a seguito di pratiche agricole intensive) e la salinizzazione delle acque”. Le cause, secondo il dossier, sarebbero legate a diversi fattori, sia naturali che antropici. “La desertificazione rappresenta il risultato finale di questo complesso sistema di interazioni che porta a pregiudicare, in modo pressoché irreversibile, la capacità produttiva degli ecosistemi naturali, agricoli e forestali”.
Tra i principali fattori scatenanti ci sarebbero “l’erosione, lo sfruttamento eccessivo delle falde idriche, gli effetti della compattazione, la conversione delle aree agricole dovuta all’urbanizzazione ed alle dinamiche di popolazione nelle aree costiere, la salinizzazione primaria e secondaria, l’impatto degli incendi forestali e dei disboscamenti, la perdita di suoli su detriti alluvionali recenti a causa dell’estrazione di sabbia e ghiaia” che possono condurre al degrado del suolo.