In settori crescenti dell’opinione pubblica si sta facendo strada la convinzione che solo un approccio coordinato e solidale agli acuti problemi globali che l’umanità sta fronteggiando potrà garantirci un futuro.
Nei circoli del potere, si tratti dei governi degli Stati o dei gruppi dirigenti delle multinazionali, vige tuttavia ancora un modo di pensare antiquato e sclerotico e si ragiona in termini di potere e denaro a breve termine. Si prenda il caso dell’Afghanistan: gli Stati Uniti sono stati malamente sconfitti, ma il complesso militare-industriale ha vinto ancora una volta. Perfino i sofisticati armamenti lasciati nelle mani dei Talebani potranno costituire la base per nuovi processi di riarmo e nuove guerre e i commessi viaggiatori dell’industria della morte che affollano i governi occidentali potranno percorrere i loro consueti sentieri promozionali con rinnovato slancio, alternando l’offerta di ogni genere di armamento alla celebrazione entusiasta dei nuovi rinascimenti promossi dai mecenati di turno. Quindi si delineano nuove inevitabili guerre.
O si prenda la questione del Covid. Il nazionalismo vaccinale è quanto di più becero. Gli Stati ricchi, d’accordo con Big Pharma, stanno già mettendo in cantiere la terza dose, anche se i pareri della scienza al riguardo sono estremamente discordi. Quello che è certo è che nei Paesi più poveri si è vaccinata una parte molto esigua della popolazione. Ciò consentirà a sempre nuove varianti di emergere, “bucando” i vaccini esistenti e rendendo apparentemente necessarie nuove dosi vaccinali. Gli ingenti profitti di Pfizer & co. sono salvi ed anzi promettono di essere sempre più ingenti. Quindi in fin dei conti va benissimo.
Stesso discorso vale per il clima. Posti di fronte alla scelta se mandare in soffitta l’attuale modello di sottosviluppo o crepare, preservando però i profitti delle aziende, i governi hanno già scelto. Altrimenti non ci sarebbe Cingolani alla sedicente transizione ecologica. Mentre ci avviamo verso il tramonto definitivo dell’Occidente, occorre adoperarsi affinché l’auspicabile fine di quest’ultimo non coincida con quella dell’umanità. E’ quindi indispensabile elaborare e promuovere alternative ai fallimenti dell’Occidente. Cuba costituisce da sempre un laboratorio in questo senso e per questo è stata sempre selvaggiamente attaccata e da ultimo l’attacco è ripreso con estrema veemenza.
Sciacalli e avvoltoi di ogni genere gongolano oggi spudoratamente perché Cuba, che ha dato una risposta esemplare alla pandemia sia a livello interno che internazionale, sta attraversando oggi una fase di indubbia difficoltà dovuta sia a una recrudescenza delle infezioni che ai problemi di approvvigionamento determinati dal bloqueo. Si aggiunga che il Covid ha provocato un forte rallentamento del turismo che da tempo rappresenta la principale fonte di valuta pregiata per il Paese.
Il peggiore sciacallaggio, in questo contesto, è ovviamente quello praticato dall’amministrazione Biden. I programmi di destabilizzazione del socialismo cubano, in cui da almeno sessant’anni vengono investite somme molto ingenti, hanno ripreso nuovo slancio. Anche perché la situazione latinoamericana presenta per Washington caratteri sempre più allarmanti e perché nel resto del mondo, come si è visto in Afghanistan, le cose non vanno affatto bene. Si tratta però dell’approccio obsoleto e fallimentare di cui si parlava prima. Sembra anzi addirittura che l’arroganza del potere imperiale abbia dato alla testa di Biden e Blinken che si spingono a proclamare il fallimento dello Stato cubano e ad offrire l’invio di ingenti quantità di vaccini made in Usa a Cuba. Ma Cuba non ha certo bisogno dei vaccini statunitensi.
L’eccellenza, non nel senso formigonesco del termine ma in quello reale, del sistema sanitario cubano è infatti ben riconosciuta in tutto il mondo. A partire dal 1999 tutti i cubani sono vaccinati contro tredici malattie potenzialmente mortali, tra le quali tetano, difterite e pertosse, e otto dei relativi vaccini sono fabbricati a Cuba. Anche la risposta al Covid è stata massiccia e oggi il 30% circa della popolazione è vaccinato coi vaccini prodotti nell’isola, la cui efficacia è stata riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità. Le citate difficoltà legate al bloqueo hanno impedito di conseguire il cento per cento, ma le vaccinazioni proseguono.
Queste e altre realtà sono ricordate in un appello firmato da quasi diecimila persone, in particolare accademici e operatori della salute di tutto il mondo. A Biden si chiede di abbandonare il suo approccio arrogante, smetterla di approfittare sciacallescamente del Covid per destabilizzare Cuba, riconoscere i successi della scienza e della sanità cubana e intraprendere la strada della cooperazione internazionale per battere la pandemia, eliminando il bloqueo.
Non credo lo farà, dato che per l’amministrazione statunitense la pandemia sembra costituire una grande opportunità per liberarsi di ogni possibile alternativa. Questa è la logica folle che sta portando il pianeta alla catastrofe e ha la sua sede principale alla Casa Bianca.