Per la prima volta in Italia, un cittadino ha denunciato una pubblica amministrazione per aver violato il proprio diritto all’aiuto al suicidio. È successo nelle Marche, dove Mario (nome di fantasia), 43 anni, malato tetraplegico da dieci anni in seguito a un grave incidente stradale, ad agosto 2020 aveva chiesto all’Azienda sanitaria della Regione (Asur) di verificare la presenza delle condizioni necessarie – enunciate dalla Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo con la sentenza 242/2019 – per poter accedere al suicidio assistito in Italia. Davanti al no dell’azienda, Mario si è rivolto all’Associazione Luca Coscioni, aprendo il contenzioso legale con l’Asur: dopo un primo esito negativo, una sentenza del Tribunale di Ancona del 9 giugno 2021 ha imposto all’azienda sanitaria marchigiana la verifica delle condizioni di Mario. L’Asur, però, ad oltre un mese di distanza non aveva ancora attivato la procedura, nemmeno dopo la diffida da parte di Mario, esposta il 12 luglio 2021, che concedeva 30 giorni di tempo per attivarsi, altrimenti si sarebbe provveduto nelle sedi opportune.

Dopo un altro mese di silenzio, Mario ha deciso di fare causa all’Asur per omissione di atti d’ufficio da parte dell’azienda sanitaria ai sensi dell’articolo 328 del codice penale che punisce “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio” che dopo 30 giorni dalla richiesta dell’interessato “non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del suo ritardo”. Le conseguenze della denuncia di Mario, quindi, potrebbero essere quelle di una condanna in sede penale per non aver provveduto ad un atto dovuto, ovvero la verifica delle condizioni di Mario che è supportata giuridicamente sia dalla sentenza della Corte Costituzionale, sia dal provvedimento del tribunale di Ancona.

“Lo stato italiano sta infliggendo una vera e propria tortura contro un suo cittadino obbligandolo a una condizione di sofferenza insopportabile contro la propria volontà e contro la legge”, denunciano Filomena Gallo, avvocato co-difensore di Mario e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, e Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione, durante la conferenza stampa tenuta in piazza Cavour ad Ancona. “Mario aveva il via libera per l’aiuto al suicidio in Svizzera già un anno fa. Poi l’ho informato del diritto a ottenere quell’aiuto in Italia e ha deciso di resistere – scrive su Twitter Marco Cappato – Oggi ha denunciato chi calpesta il suo diritto. Con Filomena Gallo siamo andati da lui”.

Sulla storia di Mario si era espresso nei giorni scorsi anche il ministro della Salute Roberto Speranza, rispondendo, sulle pagine de La Stampa, a una lettera aperta indirizzata alle istituzioni. Speranza si impegnava, insieme al governo, a “lavorare in silenzio” per “consentire l’applicazione al di là di ogni legittima posizione politico-culturale” della sentenza della Corte Costituzionale. “Il ministro Speranza aveva ricordato come sia responsabilità del governo“, sottolineano i due membri dell’Associazione Luca Coscioni, che chiedono quindi a lui e a tutto l’esecutivo di “agire immediatamente per interrompere la flagranza del reato in corso” e “attuare un provvedimento di commissariamento Regione Marche per attuare la visita medica che Mario attende ormai da un anno”. “In caso contrario”, continuano Gallo e Cappato, “alla responsabilità del presidente delle Marche Francesco Acquaroli si aggiungerà anche quella del ministro Speranza, del Presidente del Consiglio Draghi e di tutto il governo”.

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Suicidio assistito, Cappato: “Mario pretende di ottenere un proprio diritto, il governo e il ministro Speranza intervengano su caso Marche”

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