L’errore più grande, dice, “è stato lasciare la base aerea di Bagram a luglio: per evacuare tutte queste persone serviva un’area in cui poter controllare la sicurezza, e non è il caso dell’aeroporto di Kabul”. Ma il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, secondo Ian Bremmer – celebre politologo statunitense, fondatore del centro studi Eurasia – ha scontato anche “mancanza di pianificazione, informazioni errate, unilateralismo, una confusa strategia di comunicazione. Il fallimento della guerra – dice in un’intervista al Corriere della Sera – non è colpa di Biden, i suoi predecessori hanno una responsabilità maggiore, ma dato che è lui che sta gestendo così male l’evacuazione, questo sarà un grosso problema per lui”.
All’indomani dell’attacco Isis allo scalo aereo che ha fatto (almeno) 90 morti e 150 feriti, Bremmer spiega che ora “aumenta la possibilità che gli Usa si impegnino in rappresaglie, che siano bombardamenti o attacchi con i droni. Sarà molto difficile mantenere le operazioni di evacuazione fino al 31 e cresce il pericolo di un’escalation. I rapporti con i Talebani si deterioreranno molto in fretta”, pronostica. “Sarà difficile mantenere il passo, e man mano che gli americani riducono le truppe diventa più difficile e pericoloso operare. Significa che un enorme numero di afghani che avrebbero avuto il diritto di partire verrà lasciato indietro“. Ma la deadline del 31 agosto per il ritiro, dice, “non verrà posticipata: al contrario, sarà probabilmente anticipata in modo da poter colpire con una rappresaglia”.
Sulla Stampa, invece, l’analista Lawrence Korb – ex assistente segretario alla Difesa e consigliere del Center for American Progress chiede di “annullare la scadenza del 31 agosto, prendere la situazione nelle nostre mani e andare a salvare tutti gli americani rimasti con operazioni speciali, condotte probabilmente di notte con l’elicottero”, perchè “non è più possibile usare le strade. È rischioso, ma non possiamo abbandonarli. Perciò Biden sta parlando con i Talebani, affinché consentano queste estrazioni. L’Isis – spiega – ha attaccato per far saltare i fragili equilibri. La domanda ora è questa: i Talebani sono in grado di fermarli? Se non possono, diventa difficile che siano accettati dalla comunità internazionale, ricavandone i benefici”.