di Annalisa Cipriani, Italia Nostra Roma
Fanno parte dei ricordi più cari della stagione di vita e impegno a fianco di Antonio Cederna, le passeggiate e i sopralluoghi arricchiti dalle sue osservazioni e dai suoi commenti di archeologo mancato e urbanista militante, accompagnati a sorpresa dall’allegra recitazione di versi di brani letterari in latino, rito che si ripeteva nei tanti sabati mattina passati nel suo piccolo studio ragionando sui dati, i documenti portati a mano o arrivati per posta o fax, i numeri, soprattutto i numeri per quantificare e dare maggiore forza ai suoi furori di passione civile e ai suoi ironici taglienti articoli giornalistici, spesso interrotti nel lavoro da telefonate, segnalazioni e petizioni.
Così fino alle ultime settimane trascorse a Roma, immobilizzato da una caduta rovinosa, sentendoci solo al telefono, dove continuava con voce stanca ma ferma a informarsi e a incitare, a non desistere dal portare avanti gli obiettivi comuni a cui aveva dato tanto della sua forza e autorevolezza. In particolare, l’incredibile vicenda di Tor Marancia, minacciata da due milioni di metri cubi di cemento a ridosso dell’Appia antica. Battaglia che ci aveva fatto subire assalti all’arma bianca senza che fosse risparmiata la sua figura e il suo carisma con meschini attacchi pubblici e campagne denigratorie indirizzate sia a lui, sia ad Adriano La Regina.
Così, quasi presagio di un prossimo saluto dalla vita, che avrebbe lasciato tutti noi orfani e più deboli, aggiungeva negli ultimi tempi sommessamente “se vuoi, tu hai il permesso di venirmi a trovare prima che parta per la Valtellina”. Un incontro e un sodalizio da Appianomani inguaribili, come spesso ripeteva, che è diventato privilegio di memorie per chi scrive, tanto più struggente nel deserto di un’eredità non raccolta per forza di pensiero e autorità morale.
“Non chiediamo il coraggio che non hanno ai tanti Abbondio che popolano i palazzi del Potere e affollano con esperti e signorsì ben pagati le commissioni speciali sui Colli della politica”, come ebbe a scrivere Cesare della Seta, ricordando Cederna in occasione dell’iniziativa organizzata da Italia Nostra a Palazzo Altemps. “L’anticonformismo e l’andare controcorrente non è un carattere distintivo dell’intellettuale italiano. Mi chiedo quanti siano disposti oggi e domani a combattere la sua guerra con l’intelligenza, l’ostinazione e la passione di cui ha offerto un raro esempio nel corso di mezzo secolo”.
A quel maestro disinteressato molto deve l’ambientalismo italiano, senza dimenticare il contributo di tanti altri che hanno portato avanti a Roma e non solo una battaglia culturale condivisa da singoli cittadini, comitati e Associazioni, pagata a caro prezzo con “le compensazioni” in quello spazio e presidio democratico che si chiama Difesa del Bene Comune, resistenza allo sfruttamento e al saccheggio del territorio. La Variante di salvaguardia del verde e la Variante delle Certezze approvate con il Nprg sono stati i grandi banchi di prova della partecipazione e del confronto tra amministrati e amministratori, tentando di alzare argini spesso di argilla dentro regole disattese o bellamente ignorate.
I grandi centri commerciali lungo le consolari dentro e fuori il raccordo anulare, con la cancellazione brutale di brani preziosi di campagna romana e preesistenze archeologiche importanti, riportate periodicamente dalla stampa insieme alla cronaca criminale, ne sono la testimonianza più evidente: Romanina, Bufalotta, Pescaccio, Torrino, Fidene, Casalbianco, Tor Vergata, per non parlare degli insediamenti a ridosso delle aree golenali del Tevere e dell’Aniene, sulla Flaminia e Tiburtina.
L’elenco è lunghissimo con praterie di gru e di cantieri che sanciscono la polverizzazione di un Paesaggio “finito” nelle benne delle escavatrici, triturato senza scampo in una rete di volumi invasivi fuori scala, di pessima qualità progettuale e ancor più ignorata compatibilità ambientale.
La Tenuta Storica di Tormarancia, definitivamente tutelata e inserita nei confini del parco dell’Appia, in questo panorama è l’eccezione destinata a diventare la più grande area pubblica verde a disposizione dei romani e rappresenta, nell’asperrimo confronto durato decenni, la sconfitta, seppure pagata a caro prezzo, del più agguerrito cartello di poteri forti espressi dall’urbanistica romana degli ultimi anni.
In un momento in cui il ceto politico è sempre più autoreferenziale e lontano dalle istanze migliori del paese, saldato a un ceto giornalistico che ha dato corso legale a una realtà fittizia, il servizio di informazione e denuncia civile praticato da Antonio Cederna rimane un insegnamento.