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Ornella Vanoni: “A Gino Paoli dissi ‘è vero che sei gay?’ e lui ‘io li lascio dire, poi gli sco*o le mogli’. Lo amavo. La morte? A una certa età non si deve andare oltre…”

La diva si è raccontata al Corriere della Sera. La paura? "Oltre una certa età non si può e non si deve andare. Mia zia visse 107 anni: un cervello lucido, purtroppo, in un corpo distrutto. Da diventare pazzi. No, a un certo punto bisogna morire"

Ornella Vanoni intervistata da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera è da leggere. La diva si racconta con un’aneddotica da “restarci secchi”. Eppure viene da correggere il punto in cui si dice che qualcuno la pensa “leggera, al limite della svampitezza”. Ebbene, che la signora Vanoni possiede quella che Calvino chiamerebbe leggerezza pensosa, figlia di ironia e intelligenza, si sa. Dalla fuga dalla guerra che tanto fa pensare a Suite francese di Irène Némirovsky e che racconta nel docufilm di Elisa Fuksas “Senza fine“, al rapporto con gli uomini: “Ho vinto ma ho sbagliato”, dice. Strehler, che lasciò: “Non potevo seguirlo nella droga e negli altri suoi vizi. Andai al festival di Spoleto, a cantare le canzoni della mala con la regia di Zeffirelli. Entrai nel gruppo di Visconti, che mi piacque molto. Lì incontrai Renato Salvatori, quello di Poveri ma belli. Mi ha quasi messo a letto. Fu solo un flirt, ma uscirono le foto di una nostra gita in motoscafo sul lago di Bracciano. Strehler ne soffrì come un cane. Veniva a casa mia e cominciava a ripetere: “Con te non posso vivere, senza di te non posso vivere…”. Una volta, anni dopo, mi telefonò: “Tu devi tornare con me, ti voglio al mio fianco…”. Lo informai che stavo per sposarmi”. Zan zan. E Gino Paoli, un ricordo di una romanticheria sublime pur nel contorno di voci e dicerie: “… Gino non aveva i soldi neanche per il biglietto del tram; così andavamo sempre a piedi, io gli trotterellavo dietro con i tacchi a spillo, sfinita. Fino a quando, appoggiati a un muretto, gli chiesi: “Ma tu sei frocio?”. Rispose: “No, perché?”. E io: “Mi avevano detto così”. E lui: “A me invece hanno detto che tu sei lesbica, canti male e porti male…”. Siamo scoppiati a ridere. E ci siamo dati il primo bacio“. Orenlla lo amava, sposò Ardenzi ma era ancora innamorata di lui, lui che delle voci non si curava: “Io li lascio dire poi gli scopo le mogli”, le disse. Celentano, amici: “Ci siamo divertiti tanto. Nella casa di via Bigli avevo un biliardo enorme, che schiacciando un bottone diventava un letto. La cosa lo faceva molto ridere”. E ancora Mina, Zanicchi, Berti, Tenco, Fellini, Dalla. Il rapporto con il figlio e la consapevolezza che la gravidanza sia stato il periodo più bello della sua vita perché “si è davvero in due”. Succede, racconta, “nei momenti di eros. Quando lo faresti in un portone, divoreresti la persona amata di baci, la mangeresti, vorresti infilartela dentro, essere un tutt’uno…”. Vive sola da 25 anni, con il suo cane Ondina, parla di politici con cognizione di causa e definizioni da Wikiquote. E quando, per chiudere, risponde alla domanda che deve stare in quel punto dell’intervista (“lei ha paura?”), è un colpo di lucidità e sentimentalismo struggente: “Oltre una certa età non si può e non si deve andare. Mia zia visse 107 anni: un cervello lucido, purtroppo, in un corpo distrutto. Da diventare pazzi. No, a un certo punto bisogna morire”.