Un manifesto in cui Sergio Mattarella, Mario Draghi e Roberto Speranza sono dietro le sbarre. “Lui dà libertà, felicità, solidarietà. Loro no”. Il presidente della Repubblica “non ti fa votare”, il capo del governo “non ti fa passare” e il ministro della Salute “non ti fa curare”. “Lui”, invece, è Ugo Mattei, docente di diritto che è stato il vice di Stefano Rodotà nella commissione sui beni comuni, ora candidato sindaco a Torino alla guida di una lista chiamata Futura per i beni comuni. Nonostante le critiche al manifesto che ammicca a no mask, no vax e no green pass, Mattei non fa passi indietro: “Penso sia un modo giusto di denunciare anche in campagna elettorale ciò che denuncio da sempre – risponde a Ilfattoquotidiano.it – cioè la grave deriva costituzionale in cui si è trasformata la pandemia. I tre personaggi raffigurati sono simbolo di questa deriva che, da giurista, ritengo attentare alla Costituzione”. Secondo lui, il suo gesto non è un “ammiccamento” a una fascia di elettori: “Io sono da sempre contrario, nuovamente da giurista, al green pass (che considero un declino della legalità in ricatto) e all’obbligo vaccinale per il Covid 19 che ritengo allo stato incompatibile con i paletti ripetutamente messi dalla Corte costituzionale”.
Sul green pass, spiegava in maniera più sintetica al programma Torino Futura di Rete7, è una questione “legata alla privacy personale”, ai dati in mano alle multinazionali e alla discriminazione della cittadinanza. Si dice contrario alla “logica cinese” che rende le persone “oggetti e non soggetti”. “Sono convinto – aggiungeva – che l’emergenza pandemica non giustifichi lo stravolgimento dell’ordine giuridico costituzionale per questa tipologia di vaccino, che è ancora sperimentale e non può essere imposta alla popolazione”, in base all’articolo 32 della Carta e a due sentenze della Consulta. “Non può essere imposto in fase sperimentale”, specificava.
Nel 2007 Mattei era stato nominato componente della commissione presieduta da Stefano Rodotà per realizzare una riforma delle norme che regolano la proprietà pubblica. Due anni dopo era tra i giuristi che hanno preparato i quesiti referendari sull’acqua pubblica. Nel 2011 ha rappresentato alla Corte costituzionale le istanze per tutelare i risultati del voto. Dopo quell’esperienza è stato presidente dell’acquedotto napoletano con l’obiettivo di risanare il sistema idrico. Ha poi appoggiato l’esperienza del Teatro Valle Occupato a Roma e il movimento No Tav. Nel 2019, col Comitato popolare di difesa dei beni pubblici e comuni intitolato a Rodotà, ha lanciato una proposta di legge di iniziativa popolare sui beni pubblici, a partire dal testo elaborato dieci anni prima dalla Commissione Rodotà. Stimato dal Movimento 5 Stelle, è stato anche ritenuto un possibile assessore comunale della sinistra nel 2016, quando il candidato era Giorgio Airaudo.
Foto del manifesto da Facebook