“Questa esperienza mi ha cambiato la vita“. Lo racconta a Il Corriere della Sera l’ambasciatore italiano Stefano Pontecorvo, atterrato ieri a Fiumicino dopo aver trascorso 16 mesi in Afghanistan come alto rappresentante civile della Nato, ruolo in virtù del quale ha gestito l’evacuazione dell’aeroporto di Kabul preso d’assalto dai civili afghani che tentavano di lasciare il Paese. I ricordi peggiori sono “la gente che non siamo riusciti a far partire“, racconta il diplomatico 64enne che non è nuovo a scenari di conflitto avendo lavorato in passato anche nei Balcani. E poi l’attentato, quello rivendicato dall’Isis-K e che ha causato centinaia di morti. “L’esplosione l’abbiamo sentita tutti”, con “le persone che passavano per essere portate in ospedale. Poi abbiamo visto arrivare quello che abbiamo visto arrivare”.

Pontecorvo spiega come la situazione all’aeroporto di Kabul fosse senza precedenti e abbia causato difficoltà nella gestione dell’evacuazioni di civili e militari: “Da Kabul di solito partivano al massimo sei aerei civili al giorno, più un paio di militari”, dice. “Ne abbiamo fatti decollare 120 al giorno”. “In due settimane”, continua l’ambasciatore, “abbiamo fatto uscire circa 140mila persone, l’80% del numero di passeggeri che partiva dallo scalo di Kabul in tutto un anno”. E la base Nato, costruita per contenere 5mila persone, “ne ha ospitate fino a 18 mila. Controllori di volo e pompieri erano stravolti“.

“Le garanzie” che l’Afghanistan non sia più una piattaforma per atti terroristici nei Paesi occidentali “sono molto poche”, aggiunge Pontecorvo “anche perché bisogna fidarsi che i primi a impedirlo siano i talebani”. Ma la situazione è ancora tutta da seguire, spiega il diplomatico, “perché ci sarà un governo tutto talebano” stretto “tra due esigenze”: quella di “essere il governo di un Paese” e l’altra di “tenere fede alla propria vocazione jihadista, la cui etica impone di aiutare gli altri jihadisti”. “I talebani in quanto tali sono nazionalisti, non compiono attentati in giro per il mondo”, conclude Pontecorvo, “Però un intero Afghanistan controllato dai talebani rischia di diventare una terra di nessuno”.

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