Sono passate più di tre settimane dalla nota con cui l’Inps informava di non poter più riconoscere l’indennità di malattia ai lavoratori in quarantena Covid causa esaurimento dei fondi. E otto giorni dall’appello dei sindacati al governo perché rifinanziasse quella tutela. Ma il governo Draghi per ora non ha dato risposte. Settembre si avvicina, le attività sono ripartite e i lavoratori restano scoperti: chi ha avuto o avrà contatti con un positivo al coronavirus e dovrà trascorrere in casa 10 giorni (sette se ha completato il ciclo vaccinale) perderà fino a 500 euro netti, secondo calcoli del Sole 24 Ore.

Non è vero infatti, come aveva sostenuto Unimpresa, che le aziende siano tenute a coprire di tasca loro il mancato riconoscimento delle prestazioni Inps: possono farlo, ma in generale, se il dipendente non può lavorare perché è tenuto a rimanere in casa e non può fare smartworking, è lui a rimetterci. Il quotidiano di Confindustria quantifica in 461 euro netti la perdita per chi deve restare isolato 10 giorni e 321 per chi, vaccinato, ha la quarantena ridotta a 7 giorni. E la stangata ha effetto retroattivo, dall’inizio del 2021. Il tutto vale solo per i dipendenti privati, con l’eccezione – solo fino al 30 giugno – di quelli “fragili” per cui lo scorso dicembre è stato disposto uno stanziamento aggiuntivo. “Salvi” i dipendenti pubblici: sulla base del decreto Cura Italia la loro quarantena è equiparata a ricovero e dunque ha retribuzione piena, senza limiti di spesa.

Cgil, Cisl e Uil dopo Ferragosto hanno scritto ai ministri del Lavoro Andrea Orlando e dell’Economia Daniele Franco chiedendo “un intervento normativo urgente che consenta all’Istituto di assicurare alle lavoratrici e ai lavoratori le tutele”. Ma per ora il governo non si è mosso.

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