Armin Laschet e Annalena Baerbock all’attacco, mentre Olaf Scholz si impone di apparire calmo. Quattro settimane prima del voto in Germania i tre candidati alla cancelleria si sono sfidati in un primo confronto televisivo. Prima delle elezioni del 26 settembre sono previsti altri due dibattiti a tre, il 12 ed il 23 settembre. Le domande hanno avuto ad oggetto tutti i temi d’attualità: dalla politica interna a quella estera, con particolare rilievo all’Afghanistan, passando per le misure anti-Covid e il cambiamento climatico, senza tralasciare le politiche fiscali e le possibili alleanze del dopo voto. In generale il candidato della Cdu/Csu e la candidata dei Verdi, che sono in svantaggio nei sondaggi nelle preferenze per la cancelleria, sono apparsi più aggressivi, mentre il socialdemocratico, sfruttando il vantaggio derivante dall’essere già il vicecancelliere in carica, è risultato secondo i principali commentatori tedeschi più distaccato, attento piuttosto a non commettere errori.
Laschet ha puntato sui temi cari all’elettorato centro-conservatore sottolineando l’impegno per la sicurezza nazionale, come maggiori videocontrolli nelle piazze pubbliche, delineandosi contro limiti ambientali troppo rigidi auspicati dai Verdi che penalizzino l’industria e sottolineando con vigore la contrarietà a nuove imposte. Il governatore della Baviera Markus Söder gli aveva già tirato la volata a questo riguardo in un’intervista sull’emittente pubblica Ard, sottolineando che solo l’Unione garantisce la separazione dei redditi dei coniugi – che la Spd vorrebbe modificare di fatto cancellandola – e tutela le prerogative delle imprese familiari.
Il candidato della Cdu/Csu ha guadagnato un po’ in carisma distanziandosi ancora (lo aveva già fatto in altre interviste) dai suoi stessi compagni di partito in politica estera, ammettendo che in Afghanistan il governo a guida Cdu è stato un disastro. Ma ha scaricato sulla Spd la responsabilità di non avere garantito i fondi per rinnovare gli equipaggiamenti delle forze armate. Per lanciare poi l’idea di un Consiglio per la sicurezza nazionale in seno al Cancellierato in cui tutti i ministri facciano convergere le informazioni dei loro dicasteri. Laschet ha insistito nel delineare la Cdu come maggiore garante della difesa, ha attaccato direttamente Olaf Scholz ricordandogli di non avere mandato avanti i documenti necessari per decidere di dotare l’esercito di droni con un armamento idoneo. Scholz ha rintuzzato con flemma anche questo appunto, rispondendo di aver dato il via libera alla realizzazione dei droni e che “quando si dovrà decidere la questione dell’armamento sarà decisa nel modo idoneo a garantire la sicurezza delle nostre forze armate”. Inoltre ha sottolineato che, come ministero delle Finanze, ha aumentato il budget delle forze armate a oltre 50 miliardi di euro, preparandole per gli impegni internazionali.
Laschet ha sfidato Scholz a dichiarare che la Spd non farebbe un’alleanza dopo il voto con Linke. E il vicecancelliere non lo ha accontentato: ribadendo che chiederebbe al partito di sinistra un chiaro riconoscimento della Nato e della Ue – premesse inaccettabili per la compagine di Janine Wissler e Susanne-Hennig Wellsow – ha allontanato di fatto l’ipotesi spuntando la frecciata. Laschet, d’altronde, lo aveva incalzato chiedendogli di dire “solo tre parole chiare: mai con la Linke” che in effetti sono però quattro, una gaffe che ne ha affievolito l’aurea di leadership sfoggiata nel dibattito. Un punto importante mancato per il candidato della Cdu, dopo che Markus Söder aveva invece già scalfito l’immagine di Scholz nel pomeriggio, ammonendo dagli schermi della Ard che chi votasse Spd rischierebbe poi di trovarsi nella squadra di governo personaggi ben lontani dai valori della borghesia, come i socialdemocratici “più a sinistra” Saskia Esken e Kevin Kühnert o il verde Anton Hofreiter. Monito comunque ribadito anche dallo stesso Laschet agli ascoltatori.
Più facile per Annalena Baerbock, dai ranghi dell’opposizione, criticare il governo per la gestione altalenante della pandemia e sottolineare che la federazione è in ritardo nel finanziare filtri per l’aria in tutte le scuole. Laschet le ha però replicato che inganna gli elettori perché è una competenza dei Länder. Non sono d’altronde mancate altre punture alla Grosse Koalition da parte della candidata dei Verdi sul tema ambientale: come un abbandono dei combustili fossili non abbastanza veloce, che a suo parere andrebbe anticipato di otto anni al 2030. Diretta contro Laschet, Annalena Baerbock lo ha apostrofato come uomo del passato, accusando il governo di non stare garantendo il raggiungimento della neutralità delle emissioni di CO2: “Potete ripetere sempre le cose raccontate da cinque anni, ma il mondo ha continuato a girare”. Ha poi attaccato anche il mnistero degli Esteri a guida socialdemocratica per non aver predisposto abbastanza in fretta i visti idonei a permettere a tutti coloro che hanno aiutato le Bundeswehr di emigrare con le proprie famiglie dall’Afghanistan (tesi che ufficialmente Berlino ha tuttavia sempre negato, spostandone la responsabilità sul decaduto governo afghano). La Baerbock ha insomma fatto di tutto per presentare il suo partito come forza per un cambiamento.
Non ha mancato di giocare neppure la carta della empatia personale, come donna e madre. Criticando le politiche fiscali, ha detto di volere l’introduzione di un’imposta per chi guadagna di più che possa migliorare la situazione di famiglie con scarsi redditi: “Quando un bambino su cinque vive in povertà nel nostro Paese, non posso solo stare a guardare, e come politica dire, oh beh, adesso è semplicemente così”. I Verdi, come anche i socialdemocratici, prevedono l’introduzione di un’imposta patrimoniale e l’aumento dell’imposte sui redditi per gli scaglioni più alti, bilanciato da un allargamento della quota esente per i redditi più bassi. Gli sgravi per Annalena Baerbock non arrivano nelle tasche giuste: “Cosa può dire una madre quando alla fine del mese non si può permettere di comprare un regalo di compleanno (al figlio)?”, ha detto all’indirizzo di Laschet. Tutti e tre i candidati si sono detti d’accordo in buona sostanza solo nell’escludere un nuovo lockdown e nel garantire l’apertura delle scuole.
Nell’ultimo sondaggio diffuso da Insa il 30 agosto, il partito socialdemocratico è in testa con il 25%, seguito dalla Cdu/Csu al 22%, quindi i Verdi al 16,5%, la Fdp al 13,5% e la AfD – che è appena stata scossa dall’abbandono del capo frazione nel Parlamento della Renania palatinato Uwe Junge – all’11%. La Linke, infine, è sull’orlo dell’esclusione dal nuovo Bundestag con l’8%. La Cdu/Csu dopo 16 anni deve riuscire a ribaltare l’impressione di non sapersi rinnovare. Gli elettori, cui verrà meno la sicurezza di una collaudata Angela Merkel, tendono per contro a dare naturalmente confidenza al candidato che ha già esperienza di governo, ovvero Olaf Scholz. L’esito elettorale resta comunque ancora aperto, il dibattito non ha segnato un chiaro vincitore, ma confermato che se le urne costringeranno i partiti a coalizzarsi le trattative per raggiungere un minimo comune denominatore, pur sempre individuabile, saranno prevedibilmente lunghe e complicate.