Le testimonianze arrivate a ilfattoquotidiano.it mentre Italia viva e il centrodestra fanno campagna per abolire la misura anti povertà. Luisa: "Io e mio marito vivevamo con 550 euro tra assegno sociale e di invalidità e dovevamo accettare soldi da nostro figlio per guardare la nipotina: un dolore. Chi guadagna come Renzi non può capire". Max: "Dopo aver pagato le utenze e l'assicurazione auto a volte mi prendo una pizza. Ma nessuna spesa superflua". Francesco: "In un paese di 800 abitanti della Calabria le uniche alternative sarebbero rubare o finire nella criminalità". Raccontate le vostre storie scrivendo a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
“Che a nessuno venga in mente di abolirlo. Renzi? Certo, uno che guadagna come lui non può capire. Per me e mio marito quei 730 euro al mese sono oro. Prima vivevamo con 550 euro mensili tra assegno sociale e di invalidità. E nostro figlio ce ne dava 80 alla settimana per guardare la nipotina: accettarli era un dolore”. Luisa Passoni da Vistarino, provincia di Pavia, riceve il reddito di cittadinanza dall’aprile 2019 e non vuole nemmeno immaginare che la misura di cui nel primo semestre 2021 hanno beneficiato 1,6 milioni di famiglie possa essere abolita come vorrebbero il leader di Italia viva e i partiti di centrodestra. Che, con l’espediente retorico del mai provato “effetto divano“, stanno cavalcando gli attacchi lanciati dagli industriali secondo cui quel piccolo aiuto economico sarebbe alla base della difficoltà di trovare lavoratori. Senza mai ricordare che i posti di lavoro vacanti prevedono spesso stipendi da fame e condizioni al limite dello sfruttamento. “Abbiamo lavorato per una vita. Alla fine avevamo aperto un bar ma siamo stati truffati e ci siamo ritrovati senza niente”, racconta Lucia smentendo la narrazione per cui i percettori sono fannulloni che non amano “sudare”. “Abbiamo venduto l’oro e tutto quello che avevamo. Quando è arrivato il reddito sono stata la persona più felice del mondo”.
Sono un avvocato, ho studiato con tanti sacrifici come tanti miei colleghi ma da quando mi sono abilitata non ho avuto possibilità di vivere con la mia professione. È dal 2016 che vivo grazie ai sussidi statali. Dal 2019 percepisco il reddito di cittadinanza e per me è stata la salvezza. Vivo in affitto e posso pagarlo grazie al reddito. Ho due figli minori di crescere e se non avessi avuto questo aiuto non so proprio come avrei potuto fare. Percepisco 917 euro, 320 li pago di affitto quindi vivo con 600 euro, non sono molti ma sono riuscita a organizzarmi e riesco a viverci. Io non sto sul divano a percepire il reddito, mi do da fare in ogni modo. Ma qui in Calabria gli incarichi legali dei vari enti vengono dati sempre agli stessi avvocati. Ora sto studiando per l’abilitazione all’insegnamento.
Katia P. – Rende
Ho 57 anni, 37 anni di lavoro, licenziata l’anno scorso. Senza questa misura sarei stata alla fame. Percepisco 780 euro con cui pago l’affitto (35o euro), il cibo, le bollette. Mi garantisce una decenza e la casa. La narrazione secondo cui stiamo “sul divano” (io il divano non ce l’ho) è errata: oltre a fare esercizio fisico e leggere io cerco lavoro online. Ho spedito 300 curriculum vitae, senza successo. I centri per l’impiego sono come 35 anni fa. Vogliono fare delle modifiche e ben venga, ma nessuno investe per formare chi come me ha 57 anni e oltre. Fateci vivere con dignità, in attesa della pensione non troppo lontana.
Lucy T. – Siena
Mio padre, 80 anni, percepisce dal 2019 la pensione di cittadinanza: 400 euro. Tra quella e la pensione sociale arriva a un totale di 1000 euro netti al mese. Non lo vedo più preoccupato e triste. Se prima non riusciva a pagare affitto e spese condominiali, nonostante vivesse in una casa popolare, e doveva rinunciare anche a comprarsi un corredo intimo nuovo, ora pur avendo un sacco di arretrato riesce a pagare e a guardare i nipoti con più serenità. Qualche volta può dar loro la paghetta: due anni fa piangeva perché non poteva farlo e si vergognava tanto da non volerli neanche vedere, rattristandosi sempre di più. Quel gesto per lui significa sentirsi ancora importante.
Annamaria A. – Milano
Vivo in Calabria in un paese di 800 abitanti con mia moglie e miei tre figli di 20, 18 e 14 anni. Ho 45 anni e lavoro da sempre, mio padre mi lasciò a due anni per un tumore al cervello. Sono percettore di reddito, 480,59 euro al mese, e usufruisco anche della Naspi che finirà a settembre. Sento, leggo, cose surreali sul reddito di cittadinanza ma da settembre sarà la mia unica entrata: sfamerà i miei figli e renderà meno ansiogeno il nostro futuro. Spero non sparisca: sì a migliorarlo per la famiglie numerose, per i più poveri, e a scovare i furboni, ma toglierlo vorrebbe dire morire. Le alternative sarebbero rubare o finire nella criminalità che qui è a portata di mano.
Francesco B.
Sono una signora nubile di 67 anni che vive con la sorella in affitto a Napoli, siamo entrambe invalide, mia sorella con handicap. Percepiamo 288 da dividere in due perché mia sorella ha la pensione di accompagnamento. Riusciamo a comprare un pezzo di formaggio, una fettina di carne la domenica e un po’ di alici il sabato. Sono piccole cose che ci aiutano a vivere dignitosamente e ci fanno sentire parte di un sistema democratico che aiuta le persone in difficoltà e non le abbandona. Spero non venga abolito il rdc perché quando togli il pane dalla bocca di chi ha fame gli stai togliendo il diritto alla vita e questo per un paese civile è inaccettabile, oltre che pericoloso per la società.
Anna V.
Abolire il reddito di cittadinanza in questo momento sarebbe portare le persone alla disperazione estrema. Vivo a Benevento con mia mamma 64enne invalida e mio fratello e se non fosse per questo sostegno non riusciremmo a mangiare e a pagare le bollette. Io e mio fratello cerchiamo giornalmente lavoro ma sempre con poche possibilità, ci offrono di fare 12 ore al giorno senza contratto e con paghe misere. Ancora aspettiamo una chiamata dal centro per l’impiego. Perché prima di tutto vorremmo quello, un lavoro dignitoso.
Daniela