Covid, la vaccinazione non è un dovere ma un diritto: basta col clima da caccia alle streghe
di Luciano Sesta*
Pur essendo fortemente raccomandata da governi e autorità sanitarie, la vaccinazione anti-Covid rimane in quasi tutti gli Stati del mondo giuridicamente facoltativa, e non può dunque essere considerata né necessariamente immorale (come pensano i no vax), né moralmente necessaria (come pensano i pro-vax).
Ora, in un contesto in cui esiste, formalmente, il diritto giuridico di non vaccinarsi, non si può essere considerati né giuridicamente né moralmente responsabili delle conseguenze che derivano dall’averlo esercitato. Se avvalersi di un diritto comportasse, ipso facto, conseguenze penali o immorali, un simile diritto non esisterebbe nemmeno. Diverso è naturalmente il caso del dovere, giuridico o morale, che io posso avere o non avere al di là del mio diritto di non vaccinarmi. Si tratta del dovere di agire con responsabilità, morale e giuridica, nei confronti degli altri. Questo dovere, sia morale sia giuridico, oggi è previsto e non è quello di vaccinarsi, che è appunto un diritto e non un dovere, ma quello di osservare le norme di prevenzione – mascherina e distanziamento – richieste a tutti, vaccinati e non.
Se, come invece pensano oggi in tanti, il dovere (morale e giuridico) di non danneggiare terzi, e dunque di tutelare la propria e l’altrui salute, potesse essere assolto unicamente tramite la vaccinazione, non esisterebbe per i vaccinati il dovere supplementare (morale e giuridico) di usare la prudenza richiesta anche ai non vaccinati. Questa circostanza accomuna tutti i cittadini nei doveri di solidarietà (mascherine e distanziamento), diversificandoli nei diritti di libertà (vaccinarsi, non vaccinarsi). In questo modo siamo tutti oggettivamente uniti nel contrastare il virus e diversi solo nel modo personale di farlo.
Come si può notare, il carattere giuridicamente facoltativo del vaccino è pienamente compatibile con la comune responsabilità, richiesta a ogni cittadino, di tutelare la propria e l’altrui salute. Eppure, nonostante ciò, chi ha deciso di non vaccinarsi appare oggi, in Italia, non già come un soggetto con cui interagire in uno Stato costituzionale di diritto, ma come l’oggetto di una rieducazione sociale. Non a caso i principali organi di stampa e i media usano spesso espressioni come “caccia ai non ancora vaccinati” per indicare lo sforzo finale di una campagna in dirittura di arrivo. Dove il termine “caccia” fa ben intendere come i cittadini che si avvalgono del pur riconosciuto diritto di non subire un trattamento non imposto dalla legge sono non già “qualcuno con cui parlare”, ma “qualcosa su cui agire”. E dove l’espressione “non ancora vaccinati” lascia trasparire, in quell’avverbio di tempo, il carattere solo provvisorio di una resistenza destinata a essere piegata dal trionfale procedere dell’immunizzazione collettiva.
Intercettarli, snidarli, ricattarli, minacciarli di finire intubati, escluderli, esasperarli, sfibrarli, persino corromperli con offerte di alcolici, gelati, denaro e persino sostanze stupefacenti. C’è un nervoso crescendo in questo “tutto per tutto” disposto a carte false pur di inoculare anche una sola dose in più di fronte a chi, ancora legalmente, risponde: “no, grazie”.
Sintomo del disagio che, nella storia, il potere ha sempre sperimentato di fronte al limite dell’habeas corpus, il risentimento con cui alcuni conducono la campagna vaccinale, divenuta ormai “caccia” del non ancora vaccinato o sua decretata esclusione dallo spazio protetto della vita sociale, dipinge i non vaccinati come dei veri e propri untermenschen. Come se una persona non vaccinata contro il Covid fosse, in quanto tale, un soggetto arcaico e viscerale, collocato ai margini della civilizzazione, ancora immerso in quello stato di natura dove vale la legge dell’individualismo animale e del rozzo egoismo di chi non comprende che, non ricevendo il siero, farà mancare agli altri la necessaria protezione dal rischio di ammalarsi e di morire.
Costringerlo è dunque l’unico modo di addomesticarlo, limitando i danni del suo ottuso rifiuto. A ciò si aggiungano le proposte punitive di rifiutare l’assistenza ai non vaccinati eventualmente bisognosi di ospedalizzazione o di addossar loro i costi delle cure, come se chi ne ha diritto ne godesse non in qualità di contribuente, ma perché si è moralmente comportato in un certo modo, secondo una logica che lascerebbe senza scampo fumatori, bevitori e amanti dei cibi grassi. O si pensi anche, nei casi più estremi, all’augurio, frequentemente rivolto ai non vaccinati sui social, di finire intubati per poter finalmente “capire”. È in questo linguaggio e in questo clima di moralismo sanitario che si consuma la percezione, da parte dei non vaccinati, di essere non tanto gli interlocutori di un dialogo finalizzato a persuaderli, quanto i nemici di una guerra che mira a sconfiggerli.
In questo desolante quadro, è davvero così impensabile provare ad aprire lo spazio di un confronto civile in cui, pur rimanendo ciascuno convinto della superiore bontà della propria opinione, possa almeno evitare di criminalizzare quella altrui? Nella situazione in cui ci troviamo oggi, fatta salva la necessità di continuare a promuovere una vaccinazione libera e informata dei soggetti fragili – e questo allo scopo di contribuire ulteriormente alla già bassa incidenza di ricoveri e decessi – anche la vaccinazione di tutti gli altri cittadini dovrebbe rimanere libera, senza discriminazioni per chi decide, legittimamente, di tutelare la propria e l’altrui salute in modo diverso dalla vaccinazione. Del resto, dopo tutto ciò che abbiamo appreso sulla contagiosità dei vaccinati, siamo davvero così certi che, anche quando agiscono nella comune prudenza richiesta a tutti, i non vaccinati che non sono comunque a rischio siano i soli responsabili di ciò che accade nello spazio pubblico e negli ospedali? Perché invece non vedere, nelle norme di prevenzione imposte a vaccinati e non vaccinati, un segno della comune dignità di tutti i cittadini a prescindere da green pass e vaccinazione?
Gli antropologi, qui, sembrano trovare abbondante materia di conferma delle loro ipotesi: la logica del “capro espiatorio” è insopprimibile. Il bisogno di prendersela con qualcuno, attribuendogli la responsabilità di un problema comune, supera il desiderio di risolverlo insieme a lui. Impedendo a tutti noi di aprire gli occhi, magari per scoprire che, anche se sta usando armi diverse dalle nostre, persino chi sembra un nemico è in realtà un nostro alleato.
*docente di bioetica e filosofia morale dell’Università di Palermo
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.
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Società - 31 Agosto 2021
Covid, la vaccinazione non è un dovere ma un diritto: basta col clima da caccia alle streghe
di Luciano Sesta*
Pur essendo fortemente raccomandata da governi e autorità sanitarie, la vaccinazione anti-Covid rimane in quasi tutti gli Stati del mondo giuridicamente facoltativa, e non può dunque essere considerata né necessariamente immorale (come pensano i no vax), né moralmente necessaria (come pensano i pro-vax).
Ora, in un contesto in cui esiste, formalmente, il diritto giuridico di non vaccinarsi, non si può essere considerati né giuridicamente né moralmente responsabili delle conseguenze che derivano dall’averlo esercitato. Se avvalersi di un diritto comportasse, ipso facto, conseguenze penali o immorali, un simile diritto non esisterebbe nemmeno. Diverso è naturalmente il caso del dovere, giuridico o morale, che io posso avere o non avere al di là del mio diritto di non vaccinarmi. Si tratta del dovere di agire con responsabilità, morale e giuridica, nei confronti degli altri. Questo dovere, sia morale sia giuridico, oggi è previsto e non è quello di vaccinarsi, che è appunto un diritto e non un dovere, ma quello di osservare le norme di prevenzione – mascherina e distanziamento – richieste a tutti, vaccinati e non.
Se, come invece pensano oggi in tanti, il dovere (morale e giuridico) di non danneggiare terzi, e dunque di tutelare la propria e l’altrui salute, potesse essere assolto unicamente tramite la vaccinazione, non esisterebbe per i vaccinati il dovere supplementare (morale e giuridico) di usare la prudenza richiesta anche ai non vaccinati. Questa circostanza accomuna tutti i cittadini nei doveri di solidarietà (mascherine e distanziamento), diversificandoli nei diritti di libertà (vaccinarsi, non vaccinarsi). In questo modo siamo tutti oggettivamente uniti nel contrastare il virus e diversi solo nel modo personale di farlo.
Come si può notare, il carattere giuridicamente facoltativo del vaccino è pienamente compatibile con la comune responsabilità, richiesta a ogni cittadino, di tutelare la propria e l’altrui salute. Eppure, nonostante ciò, chi ha deciso di non vaccinarsi appare oggi, in Italia, non già come un soggetto con cui interagire in uno Stato costituzionale di diritto, ma come l’oggetto di una rieducazione sociale. Non a caso i principali organi di stampa e i media usano spesso espressioni come “caccia ai non ancora vaccinati” per indicare lo sforzo finale di una campagna in dirittura di arrivo. Dove il termine “caccia” fa ben intendere come i cittadini che si avvalgono del pur riconosciuto diritto di non subire un trattamento non imposto dalla legge sono non già “qualcuno con cui parlare”, ma “qualcosa su cui agire”. E dove l’espressione “non ancora vaccinati” lascia trasparire, in quell’avverbio di tempo, il carattere solo provvisorio di una resistenza destinata a essere piegata dal trionfale procedere dell’immunizzazione collettiva.
Intercettarli, snidarli, ricattarli, minacciarli di finire intubati, escluderli, esasperarli, sfibrarli, persino corromperli con offerte di alcolici, gelati, denaro e persino sostanze stupefacenti. C’è un nervoso crescendo in questo “tutto per tutto” disposto a carte false pur di inoculare anche una sola dose in più di fronte a chi, ancora legalmente, risponde: “no, grazie”.
Sintomo del disagio che, nella storia, il potere ha sempre sperimentato di fronte al limite dell’habeas corpus, il risentimento con cui alcuni conducono la campagna vaccinale, divenuta ormai “caccia” del non ancora vaccinato o sua decretata esclusione dallo spazio protetto della vita sociale, dipinge i non vaccinati come dei veri e propri untermenschen. Come se una persona non vaccinata contro il Covid fosse, in quanto tale, un soggetto arcaico e viscerale, collocato ai margini della civilizzazione, ancora immerso in quello stato di natura dove vale la legge dell’individualismo animale e del rozzo egoismo di chi non comprende che, non ricevendo il siero, farà mancare agli altri la necessaria protezione dal rischio di ammalarsi e di morire.
Costringerlo è dunque l’unico modo di addomesticarlo, limitando i danni del suo ottuso rifiuto. A ciò si aggiungano le proposte punitive di rifiutare l’assistenza ai non vaccinati eventualmente bisognosi di ospedalizzazione o di addossar loro i costi delle cure, come se chi ne ha diritto ne godesse non in qualità di contribuente, ma perché si è moralmente comportato in un certo modo, secondo una logica che lascerebbe senza scampo fumatori, bevitori e amanti dei cibi grassi. O si pensi anche, nei casi più estremi, all’augurio, frequentemente rivolto ai non vaccinati sui social, di finire intubati per poter finalmente “capire”. È in questo linguaggio e in questo clima di moralismo sanitario che si consuma la percezione, da parte dei non vaccinati, di essere non tanto gli interlocutori di un dialogo finalizzato a persuaderli, quanto i nemici di una guerra che mira a sconfiggerli.
In questo desolante quadro, è davvero così impensabile provare ad aprire lo spazio di un confronto civile in cui, pur rimanendo ciascuno convinto della superiore bontà della propria opinione, possa almeno evitare di criminalizzare quella altrui? Nella situazione in cui ci troviamo oggi, fatta salva la necessità di continuare a promuovere una vaccinazione libera e informata dei soggetti fragili – e questo allo scopo di contribuire ulteriormente alla già bassa incidenza di ricoveri e decessi – anche la vaccinazione di tutti gli altri cittadini dovrebbe rimanere libera, senza discriminazioni per chi decide, legittimamente, di tutelare la propria e l’altrui salute in modo diverso dalla vaccinazione. Del resto, dopo tutto ciò che abbiamo appreso sulla contagiosità dei vaccinati, siamo davvero così certi che, anche quando agiscono nella comune prudenza richiesta a tutti, i non vaccinati che non sono comunque a rischio siano i soli responsabili di ciò che accade nello spazio pubblico e negli ospedali? Perché invece non vedere, nelle norme di prevenzione imposte a vaccinati e non vaccinati, un segno della comune dignità di tutti i cittadini a prescindere da green pass e vaccinazione?
Gli antropologi, qui, sembrano trovare abbondante materia di conferma delle loro ipotesi: la logica del “capro espiatorio” è insopprimibile. Il bisogno di prendersela con qualcuno, attribuendogli la responsabilità di un problema comune, supera il desiderio di risolverlo insieme a lui. Impedendo a tutti noi di aprire gli occhi, magari per scoprire che, anche se sta usando armi diverse dalle nostre, persino chi sembra un nemico è in realtà un nostro alleato.
*docente di bioetica e filosofia morale dell’Università di Palermo
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Cambiamento climatico, talebani al potere, guerra no vax: da dove (ri)cominciare?
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.