L’idea rimbalza qua e là da giorni: “Facciamo pagare le cure ai non vaccinati”. Rifiuti la dose e ti ammali di Covid? Quei 1.500 euro al giorno che pagano un letto nelle rianimazioni pubbliche devono restare a carico del singolo, non dello Stato. Più di tutti in questo senso si è esposto l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato: i non vaccinati che finiscono nelle terapie intensive regionali “dovranno pagare i ricoveri“, assicura al Messaggero. “Ci stiamo lavorando – spiega – e ci sono dei modelli a cui facciamo riferimento: in Lombardia un tempo veniva spedito a casa del paziente dimesso una sorta di “memorandum” su quanto la sua degenza fosse costata all’ente. Naturalmente non si chiedeva un centesimo”, precisa lui stesso, aggiungendo però che ora il Lazio ha intenzione di “andare oltre“. E trovando una parziale sponda nel sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri: “È una strada che può essere valutata“, dice a Sky Tg24, “D’Amato ha fatto un lavoro eccezionale e se ha proposto qualcosa del genere avrà le sue giuste motivazioni”. Ma ammette: “Non so quanto questa cosa possa essere realizzata”. Appunto: può la Regione Lazio, di propria iniziativa, smettere di coprire le cure ai non vaccinati? La risposta è no. Perchè una sanzione del genere, del tutto inedita e quasi rivoluzionaria per il nostro ordinamento, può derivare solo da un obbligo vaccinale generalizzato, che a sua volta dovrebbe essere disposto da una legge statale (e finora nessun Paese al mondo ha fatto questa scelta).
La vede così persino Alfonso Celotto, il costituzionalista che ha dato il via al dibattito lanciando, su Huffpost, l’idea di “impedire l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale” ai non vaccinati, escludendoli da ogni tipo di cura gratuita. Una sanzione pesantissima, che però Celotto immaginava – parole sue – proprio come “punizione” per chi non ottemperi “all’eventuale obbligo di vaccinarsi”. Roberta Calvano, ordinaria di costituzionale all’Unitelma Sapienza di Roma, lo conferma a ilfattoquotidiano.it: “Non esistendo l’obbligo di vaccinarsi, non si possono ipotizzare sanzioni per chi sceglie di non farlo, e sarebbe comunque una scelta di competenza dello Stato e non delle singole regioni”, dice. Una norma del genere, però – spiega – “costituirebbe un precedente pericoloso, comprimendo la libertà individuale dei singoli e negando la natura universalistica del Ssn: per questo non è mai stata ipotizzata prima. In base allo stesso principio si potrebbe finire a far pagare i ricoveri anche a chi guida senza casco, beve o fuma smodatamente o tiene qualsiasi altro comportamento a rischio (anche se illegale). Piuttosto che alimentare questo clima da caccia alle streghe, credo che un’informazione seria sui vaccini sarebbe più utile a convincere gli indecisi”.
Diverso il punto di vista del costituzionalista Cesare Pinelli, professore ordinario alla Sapienza. Se il governo decidesse per l’obbligo vaccinale, dice a ilfattoquotidiano.it, “l’esclusione di chi non adempie dalle cure gratuite per il Covid sarebbe una sanzione adeguata e dissuasiva, a differenza per esempio di una semplice multa, che avrebbe effetti molto limitati”. Anche dal punto di vista costituzionale, spiega, non ci sono controindicazioni: “L’articolo 32 definisce la salute un fondamentale diritto dell’individuo, ma anche un altrettanto fondamentale interesse della collettività. E le cure gratuite, recita la stessa norma, devono essere garantite solo agli indigenti. Per questo una sanzione come quella ipotizzata da D’Amato non sarebbe illegittima. Ma attenzione: a stabilirla può essere solo lo Stato, non certo le Regioni, e soltanto dopo aver introdotto l’obbligo vaccinale. Non esiste che su questioni così delicate i cittadini del Lazio siano trattati in modo diverso da quelli dell’Umbria o delle Marche”. La sanità, infatti, è materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni: il che significa che le seconde possono intervenire soltanto nell’ambito dei principi generali individuati a livello nazionale. Tra cui rientra di certo, sostiene Pinelli, “la legge istitutiva del Sistema sanitario nazionale, la 833 del 1978, che detta il principio di universalità dell’assistenza sanitaria: un principio fondamentale che non può in nessun modo essere derogato dalle Regioni”.