Il presidente Conte è stato insensatamente etichettato come “no-vax” perché di fronte a una domanda diretta sull’obbligo vaccinale generalizzato (che al momento non esiste in nessun paese del mondo) ha semplicemente detto che non lo vede come una soluzione al momento (e si è espresso per la forte raccomandazione a favore dei vaccini).
Occorre il coraggio di spiegare ai cittadini anche questioni complesse. Trattarli come bambini stupidi è proprio il modo migliore per radicalizzare una fetta di persone indecise trasformandone alcune in estremisti no-vax, come quelli che hanno aggredito in modo violento gli attivisti M5s sabato scorso a Milano.
Da persona che ha ricevuto in questi anni attacchi molto astiosi, per non parlare di vere e proprie minacce per delle posizioni pro-scienza (proprio per quanto scritto qui sul blog del Fatto) ritengo i vaccini anti Covid strumenti utilissimi e fondamentali nella lotta al virus. Alcuni però non li vedono come farmaco, la cui somministrazione dovrebbe seguire una valutazione del rapporto benefici/rischi, ma piuttosto come un dogma religioso che non può essere messo in discussione, (s)ragionando in un certo senso proprio come i “fottuti no vax” che vorrebbe combattere.
Qualcuno dirà: “Ma i vaccini sono stati approvati dalle agenzie regolatorie (in via emergenziale, ricordiamolo, tranne il vaccino Pfizer da pochi giorni) quindi questa valutazione è già stata fatta”. Attenzione: anche gli antibiotici sono farmaci utilissimi e approvati dalle agenzie regolatorie, ma tra questo e dire “somministriamo gli antibiotici a tutti” ci passa un oceano.
I vaccini anti Covid non sono uguali per tutti perché il Covid non è uguale per tutti: colpisce in modo molto diverso in base alle età. In Italia l’età media delle persone purtroppo decedute è di oltre 80 anni. Il 99% del totale aveva più di 50 anni. Sotto i 40 anni abbiamo circa 300 persone decedute, di cui almeno la metà con gravi patologie pregresse. Gli under 19 sono solo 26. La priorità dovrebbe essere rintracciare e convincere a vaccinarsi i milioni di over 50 che ancora non hanno ricevuto nemmeno una dose, perché per loro la bilancia pende sicuramente dalla parte dei benefici. Le persone che finiscono in terapia intensiva e muoiono di Covid pur avendo ricevuto il vaccino ci sono, ma sono pochissime: tra giugno e luglio su 150 persone ricoverate 123 non avevano avuto alcun vaccino, 11 solo una dose e 16 due dosi di vaccino, che riducono il rischio di morte del 95%.
Rinunciare al vaccino per fragili e anziani sarebbe altrettanto insensato che rifiutare l’antibiotico con un’infezione in atto. E per i giovani? Il Cdc di Atlanta ritiene che il rapporto benefici-rischi, anche se ovviamente meno vantaggioso rispetto agli anziani, rimanga comunque favorevole anche per chi ha più di 12 anni (sotto questa età non ci sono vaccini approvati), perché i rischi di effetti collaterali da vaccini ci sono ma sono comunque molto bassi.
Invece, il comitato britannico per l’immunizzazione e la vaccinazione (JCVI) non raccomanda la vaccinazione della popolazione tra 12 e 17 anni, a meno di una particolare fragilità. Inizialmente era simile a quella del comitato tedesco STIKO, che però la ha appena rivista, raccomandando la vaccinazione tra 12 e 17 anni ma dicendosi “espressamente contrario a renderla un prerequisito per la partecipazione sociale dei bambini e degli adolescenti”. Quindi non sarebbe ipotizzabile per loro vincolare al vaccino l’accesso per esempio alle scuole.
Si dovrebbe in ogni caso riflettere su quanto sia eticamente accettabile vaccinare i bambini dei paesi più ricchi (che rischiano poco in ogni caso) mentre c’è chi nei dei paesi in via di sviluppo è ad altro rischio (i medici ad esempio) e non li ha. Consideriamo che una nuova variante potrebbe emergere ovunque.
Il confronto che è girato anche su alcuni siti complottisti tra i numeri dei contagi di oggi e quelli di un anno fa quando non avevamo il vaccino ha poco senso: non è che il virus “sparisce” con la bella stagione, ma la sua circolazione è comunque ridotta. Per ben due volte abbiamo avuto un calo significativo da maggio, praticamente in tutta Europa. Dovremmo smettere di guardare ai “positivi”, anche considerando che la nuova variante delta è nettamente più contagiosa di quelle precedenti, e concentrarci invece su quanti sono i malati gravi. A novembre, quando il virus diventa più aggressivo, l’effetto protettivo dei vaccini lo vedremo eccome rispetto all’anno prima. Quello sarà il momento per un confronto sensato, non oggi su numeri piccoli e poco significativi.
Anche l’affermazione di Fauci “i vaccinati hanno lo stesso livello di carica virale dei non vaccinati” è stata riportata in modo impreciso. Fauci ha spiegato che con la variante delta è possibile persino il contagio tra vaccinati, ma rimane comunque un evento molto raro. Insomma, la protezione, non solo individuale ma anche per la comunità, c’è eccome.
Quindi, il green pass è uno strumento sensato ed efficace nonostante non abbatta totalmente il rischio. Le cinture di sicurezza sono utili perché riducono tantissimo il rischio in caso di incidente, anche se non lo portano a zero.
La strategia messa in atto dal governo è: visto che non si riesce a vaccinare tutti gli over 50 che dovrebbero invece fiondarsi a farsi il vaccino e che se quando si ammalano in modo serio intaserebbero gli ospedali costringendo a chiusure per tutti, si tenta con la “moral suasion” del green pass di convincere a vaccinarsi più giovani possibili, i quali hanno un vantaggio piccolo ma possibilmente significativo, sperando in questo modo di avere una barriera sufficiente alla circolazione del virus. Sicuramente appare un po’ complessa e dovrà essere rimodulata in corso d’opera, ma vediamo se funziona. I no o sì categorici al green pass sono posizioni similmente insensate.
Eviterei le guerre di religione: dalla pandemia usciamo solo se ciascuno fa un passo indietro dalle proprie posizioni dogmatiche per poi farne tre avanti tutti insieme.