Un altro processo importante, con migliaia di parti lese, che rischia di finire in prescrizione. Questa volta (ma solo per il momento) la legge Cartabia non c’entra. È un server la causa dell’autentico ingorgo informatico che a Treviso sta rendendo impossibile notificare gli avvisi di conclusione indagini preliminari – e mettere a disposizione i relativi atti – a otto manager di Veneto Banca di Montebelluna, il cui nome è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Treviso. Non si tratta del filone principale (aperto nel 2015) per aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza bancaria, che vede come unico imputato l’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli: quello è ormai destinato alla prescrizione, visto che non si è arrivati nemmeno alla sentenza di primo grado. A essersi inceppato è l’iter processuale di un secondo fascicolo, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata a una truffa da 100 milioni di euro e circa tremila parti lese.
Gli indagati di questo filone sono otto: oltre a Vincenzo Consoli, altre sette figure apicali della banca, tra cui Mosè Fagiani, Renato Merlo, Stefano Bertolo, Massimo Lembo e Cataldo Piccarretta. È stato lo stesso procuratore reggente Massimo De Bortoli, che conduce le indagini assieme alla sostituta Gabriella Cama, a spiegare che tutto si è fermato perchè il server non riesce a spedire la consistente mole di atti del procedimento in vista delle probabili richieste di rinvio a giudizio, ma anche delle richieste di archiviazione per le quattro posizioni stralciate a maggio. “Il materiale processuale non è di fatto trasmissibile perché ogni volta che cerchiamo di caricarlo il server si blocca“, ha denunciato il magistrato, che già in passato si era lamentato di fronte al Csm per il fatto che le toghe trevigiane non avessero ricevuto aiuti per sostenere un’inchiesta così gravosa. La Procura si appoggia su un server degli uffici giudiziari che si trova a Padova. Ma che non riesce a ricevere i documenti, per il loro peso elettronico eccessivo. De Bortoli spiega: “Ai primi di luglio abbiamo chiesto al servizio di assistenza tecnica che si trova a Bologna di effettuare direttamente il montaggio, ma non è ancora arrivata una risposta”.
Ma il tempo stringe. Secondo le parti civili la data di commissione del reato andrebbe individuata nel 25 giugno 2017, quando venne dichiarata la liquidazione coatta di Veneto Banca. Visto che i tempi della prescrizione della truffa sono di 7 anni e mezzo, la ghigliottina della prescrizione scatterebbe a fine dicembre 2024. Se invece il reato si considerasse consumato nel luglio 2014, quando fu deciso l’aumento di capitale dell’istituto di credito veneto, allora la prescrizione sarebbe ormai alle porte, nel gennaio 2022, senza che sia stato chiesto nemmeno il rinvio a giudizio. Le migliaia di risparmiatori di Veneto Banca affidano le loro residue speranze a un terzo filone, aperto con l’ipotesi di bancarotta, che però è ancora in fase di indagini preliminari. Si è infatti in attesa di una pronuncia della Cassazione che riguarda un ricorso relativo allo stato di insolvenza.