“Qualunque sia la combinazione”, il nuovo governo dei Talebani “senza alcun dubbio sarà un governo islamico“. A ribadire le intenzioni dei nuovi padroni dell’Afghanistan è il portavoce Zabihullah Mujahid, che in un’intervista a China Global Television Network – il canale in lingua inglese della tv di Stato cinese – fa il punto sulle discussioni in corso a Kandahar per la formazione del nuovo esecutivo. Secondo la Cnn, che cita proprie fonti, il modello istituzionale ricalcherà quello vigente in Iran, con un leader supremo a capo di un Consiglio supremo. Il leader, autorità religiosa e massima carica dello Stato, potrà dettare la linea politica, annullare le leggi e rimuovere il capo del governo. Il ruolo spetterà probabilmente all’Amir al-muminin dei Talebani Hibatullah Akhundzada, a capo del movimento dal 2016, che finora non ha mai fatto un’apparizione pubblica. E tra i particolari svelati alla Bbc dal vice capo dell’ufficio politico dei Talebani in Qatar, c’è l’improbabile, anche se non totalmente esclusa, ipotesi che le donne facciano parte del nuovo governo, anche se certamente non avranno “ruoli apicali”: “Potranno continuare a lavorare” e ad occupare “posti minori” nel governo, ma “potrebbero non esserci dei ruoli di primo piano”, ha spiegato. Sul fronte militare, invece, l’ultima resistenza ai Talebani, rappresentata dai combattenti del Panshir fedeli ad Ahmad Massoud, sembra ormai pronta a capitolare. La Bbc riferisce che, in un messaggio audio su Twitter, l’alto funzionario talebano Amir Khan Muttaqi ha detto che i colloqui sono falliti e invitato i residenti a persuadere i combattenti ad arrendersi.
Nel frattempo il Telegraph ha diffuso la notizia che l’MI6, l’intelligence britannica, ha tenuto una serie di colloqui con i vertici Talebani per ottenere assicurazioni che in futuro l’Afghanistan non sarà usato per lanciare attacchi terroristici contro l’Occidente. Gli incontri si sono svolti nelle ultime due settimane sia a Kabul che a Doha, in Qatar. Inoltre il capo dei servizi, Richard Moore, alla fine della scorsa settimana è volato in Pakistan per discutere di questioni di sicurezza con il capo dell’esercito di Islamabad. Con i rappresentanti talebani, da oggi, parlerà anche Simon Gass, presidente del Joint Intelligence Committee – l’organismo interministeriale per la sicurezza – e neo rappresentante speciale di Downing Street per la transizione in Afghanistan: l’ha annunciato il governo di Boris Johnson, spiegando che l’obiettivo è garantire “un passaggio sicuro dall’Afghanistan ai cittadini britannici e a quegli afghani che hanno lavorato con noi negli ultimi vent’anni”.
A confermare lo stretto rapporto tra la leadership talebana e il Qatar, dove mantengono la propria sede diplomatica, arriva anche la notizia del primo volo estero atterrato all’aeroporto di Kabul appena abbandonato dai soldati americani. Si tratta di un aereo qatariota con a bordo un team di tecnici per discutere “della ripresa delle operazioni nello scalo” della capitale afghana. A conferma del fatto che, oltre alla Turchia, anche il piccolo Paese del Golfo è coinvolto nel supporto ai talebani nella gestione dello scalo della capitale: “Sebbene non sia stato raggiunto un accordo definitivo sulla fornitura di assistenza tecnica, una squadra del Qatar ha avviato una discussione dopo una richiesta da parte” dei Talebani, ha detto una fonte ad Afp.
Sul fronte umanitario, invece, proseguono i confronti tra i governi europei per elaborare una strategia comune. Mercoledì il Consiglio Affari interni dell’Ue (che coinvolge i ministri dell’Interno degli Stati membri) non è riuscito ad approvare una proposta condivisa sui corridoi umanitari, frenato in particolare dall’opposizione tedesca. “Siamo rimasti molto delusi dalle conclusioni. Abbiamo visto Paesi fuori dall’Unione europea farsi avanti per offrire accoglienza ai richiedenti asilo afghani, ma non abbiamo visto un solo Paese membro fare altrettanto. Tutti hanno giustamente pensato ai propri collaboratori e alle loro famiglie, ma nessuno ha avuto il coraggio di offrire rifugio a coloro che sono ancora oggi in pericolo di vita“, stigmatizza il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Venerdì a Marsiglia il premier italiano Mario Draghi incontrerà il presidente francese Emmanuel Macron: l’intesa tra i due, scrive Repubblica, è per la creazione di corridoi umanitari gestiti dall’Unhcr (l’alto Commissariato Onu per i rifugiati) e per il potenziamento di un sistema di difesa europeo.