Il modo migliore per vincere una guerra è non farla: dedicarsi invece a prevenirla.
Quando si tenta questo discorso con un amante dei carri armati ti dice subito: sì va beh, ma il passato è passato: visto che stiamo a questo punto la guerra è inevitabile! Per questo ho iniziato questa serie di post spiegando cosa si poteva realizzare in 20 anni in Afghanistan al posto dei bombardamenti e come, comunque si sarebbe potuta gestire la guerra in altro modo.
Ora vorrei dimostrare che gli Usa, seguendo la loro realpolitik perversa, si creano da soli i problemi. Sollevano la famosa pietra per farsela poi ricadere sui piedi. In tutte le nazioni dove hanno cercato di influenzare gli equilibri politici hanno sempre stretto alleanze con i peggiori criminali e i più odiosi fascisti. Prendiamo la storia dell’Iraq. Gli Usa non hanno mai appoggiato le forze democratiche perché temevano lo sviluppo di un movimento di centro e di sinistra che avesse idee proprie e magari difendesse gli interessi nazionali. Hanno invece foraggiato una belva sanguinaria come Saddam Hussein, che si è adoperato per distruggere ogni prospettiva democratica ammazzando e torturando, finché ha fatto un’alzata di testa e gliel’hanno tagliata. I danni collaterali e i soldati della coalizione dei liberatori ammazzati o tornati a casa col tumore a causa dei proiettili all’uranio impoverito sono stati considerati costi collaterali sostenibili. Idem le centinaia di migliaia di morti tra i civili.
Gli statunitensi ci hanno perso miliardi, ci hanno invece guadagnato quelli che han venduto armi, preso gli appalti per la ricostruzione, depredato le ricchezze del paese. E fa specie che chi giudica utile far la guerra si dimentichi che furono gli Usa a privilegiare i talebani tra i tanti gruppi della resistenza all’invasione sovietica dell’Afghanistan. I talebani andavano bene proprio perché erano contro ogni forma di democrazia, cattivi e determinati. Che le loro donne portassero il velo integrale non importava.
E vogliamo parlare di Bin Laden? Era un amico degli Usa! E gli hanno riempito le tasche di dollari e inviato tante belle armi. Come combatteva bene i russi! Allora, secondo me, se negli Usa si scatenasse una tempesta di buon senso potrebbe anche succedere che si chiedano se non sarebbe meglio fermarsi a pensare cinque minuti prima di appoggiare i peggiori. A volte ti si rivoltano contro e ti fanno una strage immensa come nel caso dei massacri dell’11 settembre, organizzati da Bin Laden, l’amico.
A volte provocano disastri in altro modo.
Fidel Castro non avrebbe preso il potere a Cuba se gli Usa non avessero appoggiato un dittatore sanguinario. Cosa sarebbe successo se avessero sostenuto i democratici moderati e una riforma sociale del paese? E lo Scià di Persia fu coccolato come un fratello mentre sterminava migliaia di oppositori democratici, socialisti e comunisti. Eliminò tutti i moderati e alla fine la rabbia popolare portò al potere gli islamici radicali. E fu sensato appoggiare la destra violenta contro i sandinisti in Nicaragua? Certamente a volte gli è andata benino: Argentina, Cile, Filippine, Brasile, solo per citarne alcuni… Se si dimenticano le centinaia di migliaia di democratici ammazzati e le torture…
Ma a uno statunitense illuminato potrebbe anche venire da pensare che la pervicace cinquantennale lotta contro la democrazia e il progresso sociale e culturale non sia stato un vantaggio per il popolo degli Stati Uniti, che oggi è di certo la nazione più odiata del mondo. Inoltre, i reduci delle tante guerre Usa hanno portato in patria, insieme a parecchi disturbi post traumatici, anche una persistente nebbia culturale che si abbevera nella violenza e nella cultura della soluzione dei problemi complessi a calci e pugni.
Vedo una connessione tra la pratica della guerra, le rivolte nei sobborghi, le stragi dei killer solitari nelle scuole e nelle piazze, per non parlare del terrorismo interno fascista, responsabile di numerosi attentati e massacri. Credo che oggi parlare di pace, di prevenzione della guerra, di gestione morbida delle tensioni internazionali sia fondamentale. Anche perché l’idea che i problemi si affrontano con la forza dei muscoli, colpendo forte, è una malattia che non coinvolge solo le nazioni. Le vite di milioni di persone sono rovinate dall’incapacità di parlarsi, ascoltarsi, essere tolleranti e valorizzare le differenze. La cultura della comunione, del dialogo dell’ascolto è l’unica che può salvare vite e amori. Ne parlerò nel prossimo post. Buon ascolto a tutti!