Lo hanno assolto con formula piena: il fatto non sussiste. Ma tre mesi non sono bastati ai giudici della corte d’Appello di Milano per motivare la sentenza emessa il 25 maggio nei confronti di Simone Uggetti. I giudici avevano tre mesi per depositare le motivazioni di quell’assoluzione, che dunque erano attese per il 28 agosto. All’inizio del mese, però, hanno chiesto altri 90 giorni. Evidentemente hanno bisogno di più tempo, nonostante il processo a Uggetti contasse in totale solo 4 imputati: oltre all’ex sindaco altre 3 persone.
L’ex sindaco di Lodi era accusato di turbativa d’asta nel processo sul cosiddetto ‘caso piscine’ per il quale era stato anche arrestato nel 2016: riguardava una gara per la gestione degli impianti comunali scoperti della città lombarda. Nel novembre del 2018 era stato condannato in primo grado a 10 mesi di carcere con rito abbreviato. Poi in secondo grado era arrivata l’assoluzione, con la prima formula prevista dal primo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale: il fatto non sussiste. Vista la condanna di primo grado i giudici avrebbero potuto scegliere una formula diversa tra quelle previste dallo stesso comma dell’articolo 530: per esempio quella che disciplina come il fatto non costituisca reato. Ancheper questo motivo perché quelle motivazioni si preannunciano interessanti. I giudici, infatti, sono chiamati a chiarire come è possibile che un reato accertato in primo grado non sussista in secondo. Anche perché nel frattempo la vicenda Uggetti è diventata – anzi, è tornata a essere – un caso politico nazionale. Dopo l’assoluzione, infatti, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha deciso di scusarsi con Uggetti per aver cavalcato a suo tempo il caso mediatico dell’arresto.
Era il marzo 2016 quando una dipendente comunale di Lodi aveva presentato un esposto alla Guardia di Finanza: sosteneva di aver subito pressioni indebite per confezionare un bando su misura. La beneficiaria, raccontava, era la partecipata Sporting Lodi, a cui il sindaco voleva affidare la gestione di due piscine scoperte, dagli incassi stimati tra i 300 e i 400mila euro l’anno. Le indagini avevano portato a intercettare alcuni degli indagati: dalle conversazioni emergeva il tentativo di far sparire le tracce informatiche dell’iter dell’appalto, aggiudicato il 2 aprile proprio alla Sporting Lodi al canone di 7.500 euro l’anno. Per quell’inchiesta l’ex sindaco era finito in carcere: ci passerà 10 giorni. Poi gli erano stati concessi i domiciliari, visto che nel frattempo aveva deciso di rispondere alle domande dei pm. Le agenzie dell’epoca parlano di una procura “soddisfatta” dalle risposte dell’ex primo cittadino. Il gip gli aveva concesso gli arresti casalinghi alla luce della collaborazione. “Sono molto rammaricato e ho sofferto molto in questi giorni e gli sbagli che ho fatto sono stati fatti per il bene della mia città”, diceva il 9 maggio del 2016 nel suo interrogatorio reso al pm dal carcere di San Vittore. Aveva ammesso di aver tentato di cancellare le prove: “Il contenuto dei file che volevo cancellare riguardano una delle bozze del bando della gara”. In quel verbale dice a chiare lettere: “Ho fatto degli errori e l’ho ammesso”. Dopo l’assoluzione Uggetti ha sostenuto che “c’è una differenza fondamentale tra l’ammettere di aver compiuto degli sbagli e l’ammettere di aver commesso un reato“. E ancora pochi giorni fa ha definito l’inchiesta ai suoi danni come “un’alterazione democratica”.