Techetechetè sfida Paperissima Sprint. Per gli amanti delle rarità televisive, l’appuntamento da segnare in agenda è mercoledì 1° settembre alle 20.35, perché per la prima volta i programmi avversari delle due ammiraglie Rai e Mediaset si confronteranno ad «armi pari». Con un colpo ad effetto, Techetechetè dedicherà infatti una puntata speciale agli imprevisti della diretta tv, con una carrellata di errori, papere e gaffe entrate nella storia del piccolo schermo. È Il bello della diretta targata Rai, con dentro un megamix di quelli cult: ci sono le torte in faccia a Pippo Baudo e Maurizio Costanzo, gli scherzi telefonici ad Antonella Clerici e a Federica Sciarelli, gli scontri epici come quello tra Mike Bongiorno e Loretta Goggi a Miss Italia 2007 (chi non ricorda il «Me ne vado non pensavo di arrivare dopo mezzora di spettacolo, ma stiamo scherzando…») e ancora le gaffe di Ornella Vanoni, le papere dei telegiornalisti, le cadute delle showgirl, le liti nei talk show come quelle di Vittorio Sgarbi e di Alessandra Mussolini e gli inconvenienti accaduti a Mara Venier e Raffaella Carrà.
«Ma la puntata non è nata come una sfida alla concorrenza. Piuttosto mi sono chiesto: c’è qualcosa che non ho visto e che vorrei rivedere?», spiega Fausto Massa, uno dei più giovani tra gli autori di Techetechetè. «L’ho pensata più come fruitore di tv che autore. Alcuni spezzoni sono virali sui social, altri mi sono divertito a rivederli, altre scene le ho scoperte per la prima volta perché quando sono andate in onda ero molto piccolo». Tra queste ultime c’è una chicca, il falso allarme bomba che costrinse la Carrà a interrompere Ricomincio da due, nel ’90, e far uscire tutto il pubblico dagli studi della Dear. «Le teche sono una miniera quasi inesauribile di rarità e perle clamorose. Il bello di lavorare a questo programma è scoprire sempre cose nuove, visto che facciamo le ricerche in prima persona nel catalogo delle teche, poi selezioniamo ciò che ci serve e lo montiamo per dare forma alla puntata». Perché il meccanismo che porta alla realizzazione di ogni puntata – anche quelle dell’edizione di quest’anno sono tutte inedite – è un ingranaggio perfetto che segue tempi e fasi precise.
Il lavoro inizia tra fine marzo e aprile, quando il team coordinato da Elisabetta Barduagni comincia a riunirsi per buttare giù idee e temi, poi si passa alla fase due, la ricerca dei materiali (tenendo sempre conto che non tutti gli artisti “liberano” dai diritti le proprie esibizioni, «per questo alcuni personaggi si vedono poco a Techetechetè», rivela Massa), per la quale mediamente ci vuole una settimana. «Poi ce ne vuole una seconda per montare la puntata ma non tutte sono uguali perché alcune sono più semplici, altre più impegnative», osserva Massa. Gli autori in campo sono sette e ognuno monta con il proprio linguaggio e questo dà ad ogni puntata uno stile diverso. «È il valore aggiunto di Techetechetè. Io per esempio punto su un montaggio più serrato, che magari può colpire un pubblico più giovane, altri invece su un ritmo più slow. Ognuno ci mette la sua visione: alcuni autori hanno conosciuto o lavorato con le star cui dedicano la puntata, per altri – come me – la ricerca è un tuffo nel passato in una tv quasi inedita. Il mio personale feticcio? Giancarlo Magalli: lo metto in ogni puntata che realizzo perché è il mio portafortuna, è il primo conduttore con cui ho lavorato a I fatti vostri (di cui Massa è tra gli autori, ndr)».
Il risultato finale è che passano gli anni ma Techetechetè resta una delle granitiche certezze della tv estiva – la media di questa stagione è intorno al 19% di share, più alta di quello dello scorso anno, con puntate che hanno superato il 22% di share e i 4 milioni e mezzo di telespettatori -, di quelle che mettono d’accordo tutti, i malati di zapping, i feticisti nel piccolo schermo, le nonne, i nipoti, chi guarda distrattamente la tv sul divano e i tele-nostalgici tendenza «ah cara mia, non c’è più la tv di una volta». Ma realizzando da autore Techetechetè qual è la differenza più clamorosa che colpisce tra la tv del passato e quella di oggi? «Quella di una volta era una tv molto più audace e libera, una televisione che osava e sperimentava. Era svincolata dalle logiche di mercato attuali, che costringe a investimenti più prudenti. Quella tv artigianale non esiste più perché il dominio dei format ha livellato tutto e limitato la creatività degli autori».