Lo “stigma” della card gialla, molto riconoscibile quando si utilizza per pagare, può sembra l’ultimo dei problemi ma è un peso per chi ha accettato con difficoltà di aver bisogno di un sussidio pubblico. I problemi segnalati più spesso dai percettori del reddito di cittadinanza che in questi giorni hanno inviato le loro testimonianze a redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, però, sono altri. In cima c’è l’impossibilità di ottenere l’aiuto perché si superano di poco le soglie patrimoniali previste dalla legge: gli attuali paletti, come evidenziato dalla Caritas nel suo recente monitoraggio sul rdc, sono molto restrittivi. Quelli sul patrimonio mobiliare (in parole povere i risparmi) escludono un terzo delle famiglie povere. Ma in alcuni casi anche quelli sul possesso della seconda casa sbarrano la strada alla richiesta del beneficio per questione di pochi euro. Indicazioni che potrebbero essere utili in vista di una possibile revisione dei requisiti per accedere al sussidio.

Un altro nodo è rappresentato dalla limitazione delle spese ammissibili: con la card non è possibile fare acquisti a rate, cosa che rende quasi impossibile comprare oggetti di prima necessità ma con un costo elevato. Come una stufa a pellet, racconta Valerio. Un altro fronte da migliorare è quello che riguarda la comunicazione tra i beneficiari e l‘Inps: quando l’istituto riduce la cifra versata – di solito per un aumento del reddito Isee, complici in alcuni casi gli errori dei Caf – non informa il beneficiario e non gli dà spiegazioni, cosa che innesca una disperata e spesso inutile ricerca di chiarimenti. Molte, poi, le segnalazioni sulla sostanziale assenza di politiche attive che aiutano i beneficiari in grado di lavorare a trovare un posto: diversi beneficiari riferiscono di non essere mai stati contattati dai centri per l’impiego. Un problema che com’è ovvio non riguarda solo i percettori del sussidio e che va risolto potenziando seriamente gli uffici deputati a reinserire i disoccupati nel mondo del lavoro. Per giovedì 2 settembre era previsto un incontro ad hoc tra il ministro Andrea Orlando e le parti sociali: è stato rinviato all’8 settembre.

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Ho 62 anni percepisco 500 euro mensili. Vivo in piccolo paese della provincia di Pescara con meno di 1500 abitanti: ci sono solamente due esercizi commerciali che hanno il pos ma per effettuare acquisti da loro pretendono una spesa minima di 15 euro altrimenti, dicono, con le commissioni bancarie ci rimettono. Quindi siamo costretti a fare la spesa nei centri commerciali che distano una ventina di chilometri. Altro grosso problema è che con questo tipo di carta nessun rivenditore ti permette di fare acquisti a rate. Vorrei comprare una stufa a pellet ma è praticamente impossibile a meno di non mangiare per tutto il mese. D’inverno sono costretto a dormire con quattro piumoni perché non posso permettermi di accendere i caloriferi. Inoltre per quale motivo a chi ha la casa di proprietà come nel mio caso vengono defalcati 280 euro? Su che base lo hanno stabilito? Il valore della mia casa viene equiparato a un’abitazione di Milano o Roma.
Valerio F.

Non percepisco reddito di cittadinanza poiché la mia compagna ha una piccola quota della casa dove è nata. Per la normativa questo basta per lasciare una famiglia senza reddito, come se avessimo una rendita: in realtà risediamo in altra abitazione e abbiamo un mutuo prima casa, attualmente sospeso con la legge Gasparrini fino a novembre di 2021, dopo tale data saremo senza stipendio e senza tutele. Sono disoccupato dal 2018 e malgrado mi sia offerto per lavori che vanno dal lavapiatti al parcheggiatore, dal custode al manutentore non ho avuto mai risposte positive, ho un’età “sgradevole” – 49 anni – e un passato da cuoco, ricettore turistico, giardiniere, montatore di arredi, metalmeccanico, insomma un cv troppo pieno e troppo vuoto allo stesso tempo per chi lo consulta. Ho partecipato a due corsi per reinserimento al lavoro, come macellaio e disegnatore meccanico, ma sebbene assicurino esperienze di lavoro non portano mai a nulla e si sprecano milioni di euro.
Renato

Sono uno studente universitario e disoccupato. Siamo in 5 famiglia e viviamo con la sola pensione di mio padre di 1300 euro. Paghiamo per la casa in cui viviamo, in parte grazie al fitto di una piccola abitazione di cui siamo proprietari per recente lascito. Purtroppo viene considerata seconda casa e con valore che supera di 900 euro la soglia dei 30.000 per il patrimonio immobiliare, quindi non possiamo percepire il reddito.
Nino C.

Ho 46 anni e prendo il reddito da maggio 2019: 900 euro mensili. Pagato il mutuo rimanevano 500 euro per sfamare una moglie e due bambini di 13 e 8 anni. La spesa al supermercato con la calcolatrice, i libri e il materiale scolastico per i bambini, l’energia elettrica, il gas, la manutenzione di un’auto acquistata nel 2012…il tutto rispettando il tetto di 180 euro mensili come somma massima prelevabile. Poi, finito il primo periodo di 18 mesi senza neanche un’offerta di lavoro, non ho più potuto presentare richiesta perché ho superato di 145 euro la soglia di 10mila fissata per il patrimonio mobiliare: con tantissima fatica avevo messo da parte quella somma attraverso un’assicurazione sulla vita.
Giancarlo

Sono una cuoca che ama immensamente il suo lavoro. Nell’estate 2020 nonostante il Covid sono riuscita a lavorare. Poi il buio totale. A gennaio mi sono fatta coraggio e sono andata in un Caf per chiedere il reddito. Il mio compagno è un artigiano (falegname). Ho atteso il famoso Isee… reddito da lavoro autonomo 6000 euro, reddito Isee 25mila prodotto dalla prima casa nella quale viviamo. Risultato? Nessun diritto di ricevere il reddito. Nel 2021 le cose sono ulteriormente peggiorate. Il lavoro è diventato schiavitù allo stato puro con stipendi che non ti danno la possibilità di vivere. Ma siccome abbiamo il privilegio di una casa di proprietà niente reddito ugualmente.
Angela P.

Nel 2018, la mia compagna di 54 anni aveva trovato un lavoro per la stagione estiva in uno chalet di un paese marchigiano con un contratto stagionale che iniziava a metà maggio e con fine a metà settembre. Causa pessima gestione, dopo un mese lo chalet ha dovuto iniziare a ridurre il personale. Essendo la mia compagna la più anziana e temendo un altro taglio visto il pessimo andamento del locale, decise di contattare un altro chalet per il resto della stagione estiva e si dimise dal primo per iniziare il nuovo lavoro, sempre con contratto stagionale. L’anno successivo, quando venne introdotto il RdC e, le venne negato perché “prima dei precedenti 12 mesi si era dimessa senza giusta causa”. La dimissione volontaria comporta la perdita del diritto anche se si lascia un contratto di pochi mesi. Il RdC non considera lo storico di precarietà, la tipologia di contratto dal quale ci si dimette, le busta paga, la realtà dei contratti stagionali estivi e, men che meno, l’età del lavoratore.
Alessio D.

Percepisco 500 euro da maggio 2019. Prima avevo il Rei: 180 euro. E’ un altro mondo: posso fare la spesa, pagare le utenze. Anche se non è sufficiente per gli imprevisti. Mi hanno chiamato dal centro per l’impiego, ma poi c’è stata la pandemia e le cose si sono arenate. Credo che la prima cosa che dovrebbero correggere è la riconoscibilità della tessera gialla: fatene una come le altre o versate i soldi sul conto corrente e consentite anche di usarla online. Un altro aspetto riguarda gli over 60: chi ti prende a quell’età? Serve una possibilità di prepensionamento.
Mario S.

Scrivo per “denunciare” il mio caso di decurtazione del reddito. Da 266 euro circa me lo hanno ridotto a 40. Ho percepito il Fis (Fondo integrazione salariale) decurtato dagli assegni familiari. L’Inps mi risponde che il reddito non è scorporato dal ricalcolo. Il Caf mi dice che gli assegni familiari fanno reddito. Insomma, per un genitore monoreddito con due figlie a carico 266 euro fanno la differenza. Trovo questa situazione vergognosa.
Elisabetta B.

Sono percettore di rdc. Mel 2020 ho trovato lavoro e ho presentato tramite Caf il modello RdC/com Esteso entro 30 giorni dall’assunzione. Il mese scorso mi vedo revocare il rdc per mancata comunicazione. Sono stato all’Inps e ho chiesto un riesame: è emerso che il Caf ha inviato l’impegno a presentare la domanda, però non l’ha comunicato.
Fabio S.

Per tutta la mia vita sono stata una caregiver mia madre era una disabile grave solo letto e sedia a rotelle e quindi siccome aveva bisogno di assistenza h/24 e non ho mai potuto lavorare. Mia mamma era l’unico reddito in famiglia e pagava con la sua pensione di invalidità ed accompagnamento tutte le spese. Nell’agosto del 2018 è scomparsa lasciandomi senza alcun sostegno. Appena è nato il reddito di cittadinanza ho fatto la domanda che è stata accettata e prima di ricevere la carta e il sussidio ho firmato il patto per il lavoro. Ho chiesto specificatamente se in cambio del reddito avrei potuto prestare il mio aiuto a famiglie del mio comune o di comuni limitrofi che avevano disabili in casa avendo esperienza, ma nulla è accaduto.
Francesca N.

Ho 56 anni, vivo in Sicilia, sono avvocato ma ho dovuto chiudere l’attività per mancanza di lavoro e costi professionali non più sostenibili. Senza il reddito di cittadinanza, non potrei vivere. Quindi la misura, intesa come aiuto economico indispensabile per affrontare le spese essenziali, funziona egregiamente. Ho invece riscontrato, almeno nel mio caso, la totale assenza delle cosiddette politiche attive del lavoro e dei soggetti istituzionali che avrebbero dovuto attuarle. Dalla primavera del 2019 ad oggi, nei miei confronti non stata iniziata alcuna attività da parte dei Servizi Sociali comunali, del Centro per l’Impiego o di un qualsiasi navigator, volta a favorire l’orientamento, la formazione, la riqualificazione e il reinserimento nel mondo del lavoro. Quindi, se il reddito di cittadinanza è inutile ai fini della fuoriuscita di tanti beneficiari dalla condizione di dipendenza da sussidio, ciò è da attribuire, per la mia esperienza, alla responsabilità di una classe politica e di una pubblica amministrazione che, ad ogni livello territoriale, non hanno saputo o voluto realizzare tutti gli scopi previsti dalla legge.
Antonio C.

Perché non fate una campagna per rendere il reddito cumulabile con altre entrate da lavoro dipendente (il lavoro indipendente è troppo soggetto a sbalzi) sotto un certo tetto mensile? Credo che in Francia sia così da tempo.
Massimo T.

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