Insegnanti vaccinati: siamo al 90%. Soggetti a rischio grave e ultrasessantenni: oltre il 90% vaccinati. Soggetti dai 50 anni in su: 88% vaccinati. Si tratta di un successo incredibile che andrebbe assolutamente sottolineato e comunicato agli italiani con orgoglio se i media mainstream facessero una comunicazione corretta.
Se guardiamo alla popolazione generale, sulle prime dosi siamo 4 punti percentuali sotto la Danimarca. E al momento la nostra situazione è migliore di quella danese se guardiamo al tasso di ricovero ospedaliero pubblicato nel database Tessy di ECDC. Nomino la Danimarca perché il 10 settembre sarà il freedom day danese: nessuna mascherina, nessun obbligo di Green Pass, la maggior parte delle restrizioni che il governo ha introdotto per limitare il contagio da Coronavirus verrà tolta: la Covid-19 smetterà di essere considerata “malattia socialmente critica”.
A cosa serve spingere per il vaccino di massa degli insegnanti e pure per i minori, rispetto al quale la comunità scientifica sta ancora discutendo, se a scuola si parla ancora di distanziamento, quarantene e mascherine? I protocolli non sono cambiati e non si sono visti investimenti sulla scuola. Tutto resta come prima e chi pagherà in modo sproporzionato le misure di prevenzione dal virus saranno ancora una volta i giovani.
Si è visto anche ad aprile 2021 che l’apertura delle scuole non è stata un motore della diffusione del virus, i contagi tra studenti accadono molto raramente e comunque difficilmente si trasformano in morbilità. Eppure le informazioni non si capitalizzano mai. Ogni volta sembra una situazione diversa. C’è la delta, dicono, come a dicembre dicevano che la variante inglese avrebbe cambiato tutto.
E così di nuovo, distanziamento e mascherine sempre e ovunque indica il governo, e le esperienze degli altri paesi non vengono tenute in conto. Nessuno ricorda per esempio che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), agenzia dell’Ue finalizzata a rafforzare le difese dell’Europa contro le malattie infettive, indica che le mascherine andrebbero usate dai 12 anni, non prima.
E intanto il CDC (Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie) scrive che la mascherina di comunità, quella chirurgica, non fornisce a chi lo indossa un livello affidabile di protezione dall’inalazione di particelle più piccole nell’aria. Sul tema c’è uno studio pubblicato dal CDC che ha preso in esame più di 90.000 studenti di 169 scuole elementari della Georgia e ha confrontato l’incidenza del Covid-19 nelle scuole con certe misure di prevenzione con altre scuole senza tali misure. Gli autori non hanno trovato efficacia nell’uso delle mascherine da parte degli studenti (e pure del distanziamento, modelli ibridi, ecc.) ma questo risultato non è stato incluso nel riassunto dello studio.
“Che la richiesta che gli studenti usino le mascherine non abbia mostrato un beneficio indipendente è un risultato di grande interesse”, dice Vinay Prasad, professore associato dell’Università della California, Dipartimento di Epidemiologia e Biostatistica di San Francisco. “Avrebbe dovuto essere incluso nel riassunto”. “Il riassunto dà l’impressione che siano state studiate solo le mascherine nel personale“, dice Tracy Hoeg, un epidemiologo e l’autore senior di uno studio del CDC sulla trasmissione del Covid-19 nelle scuole, “quando in realtà c’era questo ulteriore importante risultato: che la richiesta delle mascherine per gli studenti non ha mostrato un’efficacia statisticamente significativa”.
Infatti la meta-analisi pubblicata su The Lancet nel 2020, che mostrava che l’uso della mascherina negli ospedali e nelle strutture sanitarie riduce il rischio di infezione respiratoria, è stata ampiamente criticata perché sorprendentemente estendeva questa raccomandazione alla popolazione generale. Le conclusioni si basano solo su tre studi non affidabili, come si legge nella nostra lettera Scorrano et al. pubblicata da The Lancet. In questa lettera, che era stata spedita un anno fa ma è stata pubblicata solo ora, evidenziammo tra le altre cose che, in uno studio danese randomizzato e controllato, la raccomandazione di indossare maschere chirurgiche fuori casa non ha ridotto significativamente il tasso di infezione da Sars-CoV-2 in chi la indossava.
Nel giugno 2020 infatti l’Oms ha consigliato ai governi di incoraggiare la popolazione a indossare le maschere in due condizioni: quando la trasmissione comunitaria è elevata e quando la distanza fisica è difficile da mantenere. Ma se i giovani si ammalano raramente e contagiano la metà degli adulti, se le scuole sono uno dei luoghi più sicuri, ora che la popolazione è ampiamente vaccinata, visto che le evidenze scientifiche rispetto alla efficacia nel ridurre i contagi sono così scarse, forse potremmo riconsiderare l’uso massivo delle mascherine nei bambini a scuola.
Daniele Novara in un articolo su Vita spiega che la mascherina sottrae la possibilità del passaggio di emozioni che solo il volto riesce a trasmettere. La scuola è un luogo dove si creano relazioni generative e maieutiche e la mascherina impedisce un ascolto integrato dei vari sensi. Il viso è un elemento che caratterizza la nostra stessa umanità ed è essenziale nella comunicazione specialmente con i bambini e tra di loro. Daniele Novara arriva a dire che né la Dad né le mascherine vogliono dire vera scuola.