Il dibattito alla Festa del Fatto quotidiano con il direttore del Tg La7 e Antonio Padellaro, moderati da Gianni Barbacetto. Il fondatore del Fatto: “I lettori scappano perché non si fidano più di una informazione che ha fatto due tre passi indietro per lasciare lo spazio alla glorificazione dell’attuale presidente del Consiglio”
Perché aprendo i giornali oggi si fa così fatica a trovare critiche al governo Draghi? È da questa domanda che si è inaugurata, a Roma, la festa del Fatto Quotidiano, con un dibattito tra il direttore del Tg di La7 Enrico Mentana e Antonio Padellaro, moderato da Gianni Barbacetto (L’informazione al tempo dei Migliori).
Per Mentana la risposta va cercata nella stessa larga maggioranza che sostiene Draghi. Il giornalismo italiano, è la tesi, è incline a schierarsi (“per leggere le critiche a un governo bisogna leggere i giornali della fazione opposta”). Ora se tutti i partiti (a esclusione di Fratelli d’Italia) sostengono Draghi, allora necessariamente si produce nei media italiani una comunicazione largamente consensuale.
“Si è passati da un governo divisivo, sostenuto da una serie di forze politiche e altre all’opposizione, a uno molto rappresentativo guidato da una figura per definizione non divisiva come quella di Draghi”, la sintesi di Mentana. Questo, continua Mentana ha creato “condizioni da dopoguerra nella polemica giornalistica”.
Il direttore del tg La7 e del quotidiano online Open usa una definizione inventata da Matteo Renzi: Draghi “una safety car”, che però “prima o poi finirà” e a quel punto il dibattito politico, e quello giornalistico di conseguenza secondo la sua lettura, tornerà ai canoni di schieramento classico.
C’è un problema, però, come ha sottolineato Antonio Padellaro. Seppure i giornali si sono allineati alla “pax draghiana” dell’informazione, però allo stesso tempo “i lettori sono in fuga”, perché i giornali non riescono a offrire gli spunti critici. “I lettori scappano perché non si fidano più di una informazione che ha fatto due tre passi indietro per lasciare lo spazio alla glorificazione dell’attuale presidente del Consiglio”, ha detto Padellaro.
Da qui una provocazione: “Tutti i potenti hanno un ufficio stampa e propaganda. Draghi dovrebbe nominare un capo ufficio moderazione”, perché sostiene il fondatore del Fatto quotidiano, i continui e sperticati encomi che vengono rivolti al premier dai media mainstream “sono controproducenti e lo rendono ridicolo”.
“Non credo che Draghi sia stato contento contento di leggere che quando passava nel corridoio di a Montecitorio i busti di De Nicola e di Einaudi si guardavano con sguardo d’intesa sorridendo”, ha continuato Padellaro. Per questo la domanda di giornalismo critico, quello che fa “da cane da guardia del potere” resta urgente nella società.
Mentana aggiunge una riflessione che chiama in causa l’economia, oltre che la politica, e si lega alla crisi del giornalismo a pagamento. “In Italia il ruolo dell’informazione come elemento di critica sistematica si è perso da tempo. Il problema di fondo è che si è consumato quando l’informazione è stata messa online gratuitamente. Il giornalismo ha bisogno di trovare una comunità di lettori disposta a pagare perché si partecipi a una battaglia. Questo è un periodo in cui resterà in campo solo chi ha qualcosa da dire e sa come dirlo”.