È oltre mezzo secolo che ai risparmiatori italiani vengono consigliati i Piani di accumulo di capitale (Pac). Una delle prime a rifilare tali trappole, purtroppo del tutto lecite, fu Fideuram, rete porta a porta che risale al 1968. Ne sbolognò uno anche a mio padre, e decenni fa tali prodotti avevano costi molto maggiori di ora, che potevano raggiungere l’80% sulle rate iniziali. Ma non li spingono solo venditori porta a porta e bancari, li consigliano incessantemente anche i giornalisti economici.

Di per sé non è sbagliato accantonare regolarmente risparmi, comportamento previdente del proverbiale buon padre o madre di famiglia. Col termine Pac si intende però un contratto con cui uno s’impegna a versare periodicamente una certa cifra, per esempio 200 euro al mese per anni se non decenni, in un determinato fondo comune o altro contenitore: fondo pensione, Etf (Exchange traded fund) o polizza. Comunque di una ben precisa società.

Molte sono le loro magagne, a parte le commissioni sulle prime rate, in passato micidiali, poi ridotte. C’è il trasformismo alla Fregoli dei contenitori dove finiscono i versamenti: uno sceglie per 20 anni un fondo azionario e questo prima diventa bilanciato e dopo magari qualcos’altro ancora, così come vengono sostituiti gestori e/o società controllante. Insomma, gli cambiano impunemente le carte in tavola. Inoltre è insulso in sé l’obiettivo di mediare i prezzi di carico, gabellato come un vantaggio dei Pac.

Ma un altro è il vizio congenito per cui essi sono da bocciare senza appello. Per le decisioni un principio basilare è assumerle il più tardi possibile: più si va avanti, più si hanno informazioni. Non si decide ora un’escursione in montagna per il prossimo 22 settembre, ma a ridosso della data in base al tempo.

Analogamente è assurdo scegliere un particolare fondo comune o fondo pensione a valere per anni e anni. Non sappiamo come saremo dopo l’inverno, figuriamoci nel 2028 o nel 2035. Vedi il caso di chi sottoscrisse un Pac in un fondo monetario anni fa, sintonizzato su rendimenti del 3%; i suoi risparmi continuano a confluirvi con rendimenti attesi adesso ora negativi. Inoltre perché legarsi a una specifica società? È un’idiozia per il risparmiatore, una cuccagna per essa e i suoi venditori. I venditori sono poi specializzati nel propinare confronti taroccati, che gabellano la convenienza di tale formula d’investimento, premurosamente riportati sulla stampa.

Benché non vincolino legalmente ai versamenti, i Pac intrappolano psicologicamente i clienti. Il solo senso che hanno è raschiargli via commissioni per un tempo lunghissimo. Convengono così tanto a chi li vende che c’è una società (Fidelity) che addirittura sorteggia smartphone da 630 euro fra chi li sottoscrive.

Conclusione operativa: meglio dare subito disposizioni alla propria banca di sospendere i Pac sottoscritti. Poi si vedrà.

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