Lei scrive Tarantelle Luterane, lui si occupa di massimi sistemi. Una coppia simbiotica, quella formata dalla regista tedesca Caroline von der Tann e il costituzionalista napoletano Alberto Lucarelli. Chi li conosce dice: “Non è chiaro dove finisce l’uno e comincia l’altro” Lui parla dei tre pilastri: etica, estetica e politica, lei lo filma. Siamo a Capri alla presentazione del pamphlet di Alberto, “Populismo e Rappresentanza Democratica” (ESI), professore di Diritto costituzionale alla Federico II e non solo. Il suo curriculum è un treno in corsa: già professore alla Sorbonne. Assessore ai Beni comuni del Comune di Napoli, già componente della Commissione Rodotà per la riforma delle norme del codice civile sui beni pubblici. è componente del direttivo italiano dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti.

Siamo in piena crisi di rappresentanza, non ci sentiamo rappresentati dai politici, non ci sono modelli da seguire e la crisi determina disaffezione, distacco dalle istituzioni, genera il non-voto”, esordisce l’autore. Interessante lettura in clima pre/elezioni comunali. “Occorre ridare slancio e vigore alla rappresentanza democratica, sintonizzarla con la sovranità popolare e con strumenti di partecipazione e di democrazia diretta. Solo così la luce potrà far uscire dall’ombra gli invisibili”, continua Lucarelli.

La politica diventa populismo quando non propone e si uniforma al pensiero popolare. Quando non ha più la forza di indirizzare, di orientare verso una democrazia partecipativa. Si aggancia il pensiero di Giuseppe Valentino, avvocato penalista, già senatore e sottosegretario alla Giustizia: “Il populismo, a mio avviso, è l’incapacità di orientare il pensiero che giunge dalle strutture di comunicazione dove convergono aree eterogenee della società. La politica, in particolare, anziché segnalare errori, approssimazioni, pensa solo a “catturare” il consenso”.

Oggi la politica è l’arte di spararla grosso. La pallologia ha le spalle ben protette: secondo il semiologo Umberto Eco si basa sulla falsificazione della realtà: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli… “E prende la parola il professore Renato Esposito, uno che i luoghi comuni li prende a picconate.

E poi c’è il “populismo” cantato da Francesco De Gregori, il pioniere dei cantautori impegnati, premiato con ambito Premio Faraglioni ( 26esima edizione), che entra di diritto nella tribù dei caprinarcisi. Prima di lui insigniti Gino Paoli, Andrea Bocelli, Riccardo Cocciante, Ornella Vanoni… Che concertoni i loro!.

La cornice della Certosa si illumina d’immenso e lui, De Gregori, sfoggia il suo repertorio 8 pezzi iconici
da Viva L’Italia alla Donna Cannone.
Le sue canzoni fanno volare come una farfalla ma pungono come un’ape.
Punzecchiato lui stesso dalle troppo ficcanti domande della presentatrice diventa scorbutico e chi paga il conto? Chi si era tanto affannato a trovare l’ultimo biglietto, posti limitatissimi, ingresso blindato e tre presidi di servizio d’ordine. Proprio lui che aveva detto di aver vissuto la pandemia, lontano dal pubblico, come una mutilazione.
Nessun bis, nessun pathos, gira le spalle e se ne va.

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